Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport
Opera completata: mancava giusto il gol della strariserva del Chelsea, il silurato Zakaria, ed è arrivato. Le cavallette erano già passate sopra Torino infestando Vinovo e eliminando via via Pogba, Di Maria, Bremer, Vlahovic, Paredes, McKennie, De Sciglio, Danilo, Kean e persino Iling-Junior. La sfiga, quando si impegna, ci vede benissimo.
A dire il vero Allegri, ai minimi storici sul piano del consenso, ha ammesso che nei primi mesi qualcosa è stato sbagliato ma, certo, non poteva immaginare di dover affrontare il Psg con Gatti, Miretti e Fagioli dal primo minuto e Milik unica punta.
Gli errori della società e dell’allenatore sono stati elencati fino alla sfinimento, al punto che ieri, per reazione, la tifoseria ha scelto di sostenere apertamente una squadra che più virtuale di così non si può ma che ha fatto di tutto per meritare l’incoraggiamento: senza dubbio la migliore prestazione stagionale.
Ho scelto di partire dalla Juve perché, in chiave italiana, l’aspetto più sorprendente di questa edizione della Champions è proprio la sua esclusione: quattro sono partite e una è rimasta fuori, la frequentatrice abituale, addirittura con soli tre punti su diciotto. Il Napoli, strepitoso, si è eletto a testa di serie e le milanesi hanno fatto il massimo: dell’Inter il girone più complicato.
Una correlazione tra la doppia esclusione dell’Italia dai mondiali e le tre italiane agli ottavi di Champions c’è ed è chiara: gli stranieri che ci portano avanti in Europa sono gli stessi che tolgono spazio ai nostri nei club. Siamo un po’ più attrezzati e vincenti da una parte e assai più poveri e perdenti dall’altra. Trovare il punto d’equilibrio è praticamente impossibile: occorrerebbero infatti dosi massicce di idee, pazienza e una visione per aggiustare il tiro e recuperare la competitività della Nazionale senza perdere l’altra.
Il Napoli - Spalletti illuminato - è arrivato davanti a tutti, e in particolare al Liverpool, grazie a Kim, Lobotka, Zielinski, Osimhen, Kvara e Simeone. Raspadori e Di Lorenzo ci hanno messo prodezze e contenuti tecnici, ma il rapporto di forze e incidenza resta sbilanciatissimo. Nell’Inter c’è stato tanto Barella, ma vogliamo parlare del peso di Lautaro, Dzeko, Calhanoglu e Skriniar?
I gol di Giroud, le accelerazioni di Leao e Hernandez e le chiusure di Tomori hanno favorito l’ingresso del Milan nel G-16. Una parte del merito l’ha avuta anche Tonali, l’eccezione.
Solo la Juve può lamentarsi dei suoi strangers: Vlahovic ininfluente, Rabiot, Cuadrado (bene soltanto ieri), Alex Sandro, Danilo e compagnia balbettante non sono risultati migliori di Miretti e Fagioli, prossimo azzurro.
Il ritorno di “Fede” Chiesa profuma di esorcismo.
Chi dice Uefa dice danno
A Maurizio Sarri non è andato giù il comportamento della Lega olandese che ha permesso a Ajax (Champions), Feyenoord (Europa League) e Vitesse (Conference) di evitare l’ultimo turno di campionato per preparare al meglio le sfide conclusive e decisive dei gironi europei. Mau se l’è presa giustamente con l’Uefa parlando di omesso controllo e di notevole danno procurato alle avversarie. Sul piano strettamente regolamentare la Lega olandese è autorizzata a fare come le pare, ma sul piano etico e sportivo l’Uefa non dovrebbe consentire favoritismi del genere.
È l’Uefa, bellezza: zero sorprese.
PS. Un film già visto e rivisto. Dopo il caso San Siro (Inter-Samp) avanti con denunce, polemiche, accuse, comunicati, shit storm, dissociazioni e associazioni (a delinquere), fughe (da qualsiasi responsabilità) e richieste al governo. È sempre il tempo dell’indignazione e, una volta esaurito quello, della rimozione.
E si ricomincia, come sempre da quarant’anni, dall’estremizzazione della dialettica politica che produsse violenze di piazza, lotta armata, terrorismo. E il calcio divenne terreno di battaglia.
È stato calcolato che nella stagione dei social l’indignazione dura da lunedì a lunedì, le punte massime il terzo e il quarto giorno. Poi arriva un rave, un omicidio. Altro di cui occuparsi. E sul quale azzuffarsi.