Pierluigi Panza per il “Corriere della Sera”
Il brasiliano Adriano Pedrosa sarà il curatore della 60ª Biennale d'Arte di Venezia che si aprirà nella primavera 2024 (il 2023 tocca alla Biennale di Architettura).
Dal 2014 Pedrosa è il direttore artistico del Museu de Arte de São Paulo Assis Chateaubriand, ovvero il celebre Masp in Avenida Paulista progettato dall'italiana Lina Bo Bardi, icona del Razionalismo internazionale e, ça va sans dire , della megalopoli che diede i natali ad Ayrton Senna.
Anche se al Masp sono esposti grandi maestri italiani come Giovanni Bellini, Andrea Mantegna, Botticelli, Raffaello, Tiziano e Tintoretto, questo non deve ingannare: Pedrosa risponde al prototipo del direttore della Biennale. È un curatore quasi «nomade», che ha seguito l'arte emergente in tutto il mondo, soprattutto nelle Americhe, e la sua pratica curatoriale ruota intorno al tema della ricontestualizzazione secondo le direttive del testo fondamentale del Modernismo brasiliano, il Manifesto Antropófago (ovvero il Manifesto cannibale , 1928) di Oswald de Andrade (1890-1954).
Qui si teorizza come la grande forza della storia del Brasile sia stata quella di «cannibalizzare» le altre culture. Le mostre di Pedrosa colgono questa tesi e aprono orizzonti sull'arte contemporanea partendo da feedback con le culture precedenti e attivando processi di contaminazione e riappropriazione. In questo, Pedrosa è molto postmoderno e si allontana dalla tradizione anche nelle mostre storiografiche, rompendo con la successione cronologica.
Tra le mostre curate da Pedrosa al Masp figurano infatti, oltre a molte personali, esposizioni foucaultiane come Histories of Childhood (2016), Histories of Sexuality (2017), Afro Atlantic Histories (2018), Women's Histories , Feminist Histories (2019), Histories of Dance (2020), Brazilian Histories (2022) tutte già comprensive delle French Theories, ovvero delle «parole chiave» del mainstream contemporaneo come femminismo, no gender, rivalutazione delle culture nere e delle culture altre, sempre esposte in contaminazione con identità e tradizioni.
Pedrosa è laureato in Legge e ha conseguito un master in Arte e scrittura creativa in California. In California avviene anche il suo passaggio al lavoro curatoriale nei primi anni Novanta con una mostra, The Play of The Unmentionable , in cui Kosuth ha giustapposto opere della Collezione del Brooklyn Museum, oggetto di diverse forme di censura, e testi sull'arte. Poi ha curato numerose biennali nel mondo.
Privilegia l'atteggiamento dello scrittore creativo rispetto a quella del critico, un po' alla Roland Barthes. «Se ci rendiamo conto che la verità ottenibile non è una verità assoluta, è chiaro che si possono produrre solo letture e interpretazioni e non verità o giudizi finali», afferma. Suoi scritti sono usciti in varie riviste («Arte y Parte», «Artforum», «Manifesta Journal»...). Tra i suoi preferiti ci sono artisti come Juan Araujo, Damián Ortega e Allora & Calzadilla, questi ultimi già visti in Biennale quando rovesciarono un carro armato per metterci sopra un tapis-roulant davanti al Padiglione degli Stati Uniti.
Per il presidente della Biennale Roberto Cicutto, «la scelta di Pedrosa è il frutto di un processo partito dall'esperienza maturata con il lavoro fatto da Cecilia Alemani. Ritengo fondamentale partire da quanto emerge dalla Mostra precedente (è successo anche con la nomina di Lesley Lok-ko, dopo la Mostra Internazionale di Architettura curata da Hashim Sarkis) per orientarci nella scelta successiva». Da parte sua, Pedrosa ha dichiarato che «la Biennale è la piattaforma più importante per l'arte contemporanea nel mondo, ed è per me una sfida entusiasmante e una responsabilità intraprendere questo progetto».