Stefano Bucci per “La Lettura – Corriere della Sera”
ritratto di giovane uomo di raffaello
Ci sono opere d'arte nate per parlarci della guerra e del suo orrore: La Battaglia di San Romano di Paolo Uccello (1348); 3 maggio 1808 di Goya (1841); Der Krieg di Otto Dix (1932); Guernica di Picasso (1937); Infiltrazione omogenea per pianoforte a coda di Joseph Beuys (1966).
E ci sono opere d'arte che quello stesso orrore l'hanno vissuto «sulla propria pelle»: opere rubate (il Vaso di fiori di Jan van Huysum prelevato dalle truppe della Wehrmacht da Palazzo Pitti a Firenze e tornato a casa solo nel 2020); opere smontate (la stupefacente Camera d'ambra del palazzo di Caterina la Grande a Carskoe Selo, a sud di San Pietroburgo, rimontata nel 2003); opere distrutte (i Buddha di Bamyan cancellati nel 2001 dall'iconoclastia talebana); opere ufficialmente disperse (la Vergine circondata da santi e Angeli di Lorenzo Monaco sparita nell'incendio della Flakturm Friedrichshain del maggio 1945, definito il più grande disastro artistico della storia moderna dopo la distruzione nel 1734 del Real Alcázar di Madrid).
In guerra l'arte (da rubare, smontare, distruggere) diventa emblema di un potere che si è conquistato o che si è perduto. Come i quattro cavalli in origine appartenuti a una quadriga in trionfo collocata all'ippodromo di Costantinopoli traslati nella Basilica di San Marco a Venezia all'inizio del XIII secolo in seguito al saccheggio della città ad opera dei crociati.
«Affermo che in tutta la Sicilia, in una provincia così ricca e così antica, in tante città e in tante famiglie così facoltose, non c'è vaso d'argento, corinzio o di Delo, gemma o perla, manufatto d'oro o d'avorio, non c'è statua bronzea, marmorea, eburnea, non c'è dipinto su tavola o su stoffa, che l'imputato non abbia accuratamente cercato, esaminato e, se gli piaceva, portato via»: con queste parole un giovane Cicerone accusa nelle sue orazioni In Verrem (70 a. C.) l'ex governatore della Sicilia, Gaio Licinio Verre, di avere spogliato la provincia di tutti i suoi tesori artistici.
Il «museo universale» immaginato da Napoleone (che nel 1796 arriva in Italia con il preciso intento di trovare capolavori d'arte, ori, statue, dipinti e tutto quel che fosse necessario per dare al neonato Louvre le opere più prestigiose di ogni epoca e renderlo un vero «museo universale») è quello delle opere vittime della guerra.
Un museo che idealmente riunisce l'Ercole seduto di Lisippo (fuso in monete dai crociati nel 1204); i dipinti per la Camera dorata del municipio di Bruxelles di Rogier van der Weyden distrutti dal bombardamento del 1695 (di loro rimane solo un arazzo-copia); gli affreschi di Andrea Mantegna per la Cappella Ovetari nella Chiesa degli Eremitani cancellati da un altro bombardamento, quello alleato di Padova l'11 marzo 1944. E le gigantesche Nozze di Cana di Paolo Veronese vittime nel 1797 proprio delle spoliazioni napoleoniche e poi ricomposte al Louvre (dove oggi si trovano face to face con la Gioconda ).
gruppo scultoreo cavalli di san marco
In Cambogia la guerriglia dei Khmer rossi, tra il 1979 e la fine degli anni Novanta, si finanziava esportando in Thailandia e da lì altrove manufatti angkoriani recuperati nei territori sotto il loro controllo. Nel caos successivo all'invasione dell'Iraq, tra marzo e aprile 2003, dal Museo nazionale di Bagdad furono rubati almeno 15 mila reperti; di questi, solo settemila sono stati recuperati e restituiti, gli altri ancora non si sa dove siano: nel luglio 2006 è stato annunciato dalla Ice Immigration and Customs Enforcement il ritrovamento della statua sumerica in diorite del re Entemena di Lagash, tra i pezzi più importanti dell'Iraq Museum rubato nel 2003. Anche se la portata reale del saccheggio resta sconosciuta: successivamente, infatti, migliaia di altri reperti erano stati prelevati direttamente dai siti.
Al Markk (Museum am Rothenbaum. Kulturen und Künste der Welt), il museo etnologico di Amburgo, una mostra racconta oggi la storia e le origini dei bronzi del Benin, il loro arrivo nella città anseatica ma anche i motivi per cui questi bronzi torneranno in Africa.
La collezione del Benin di Amburgo è una tra le più grandi in Germania (la più estesa, circa 520 oggetti, è conservata nell'Ethnologisches Museum di Berlino) e raccoglie una parte dei pezzi razziati nel 1897 nel Palazzo Reale di Benin City (in Nigeria), durante una spedizione punitiva delle truppe britanniche e oggi sparpagliati in almeno 160 musei. La mostra certifica l'intesa firmata dal governo tedesco e dalla Commissione nigeriana per i musei e i monumenti, che (al pari di quelle stipulate dal Musée Quai Branly di Parigi o dello Smithsonian di Washington) stabilisce la «fine di una guerra».
Altra opera simbolo dell'arte «rubata» dalle guerre è il Ritratto di giovane uomo di Raffaello Sanzio, databile tra il 1516 e il 1517 circa e in origine conservato presso il Museo Czartoryski a Cracovia di cui si sono perse totalmente le tracce durante la Seconda guerra mondiale quando sarebbe stato trafugato dai tedeschi: un dipinto a olio di 75 per 59 centimetri che figura nel catalogo nazionale polacco delle opere d'arte perdute nel conflitto, numero di inventario V-239. Ma per molte di queste opere d'arte trafugate al tempo della guerra la scomparsa non è mai ben definita, se ne perdono semplicemente le tracce e ricompaiono, se ricompaiono, in un museo o in una collezione dopo infinite peripezie.
allestimento gioconda rifugio chambord
Più fortunata, per quanto sempre assai complicata, è la storia dell'Agnello mistico , il polittico dipinto tra il 1426 e il 1432 da Jan van Eyck, rubato addirittura sette volte durante la sua esistenza nonché ripetutamente smontato e spostato (nel 1781 vennero persino riposti in sagrestia i «troppo conturbanti» nudi di Adamo ed Eva). Nel 1816 i suoi pannelli laterali furono comprati dal collezionista inglese Edward Solly, residente in Germania, e poi alienati al re di Prussia, finendo a fare parte delle collezioni dell'Altes Museum alla sua apertura nel 1830.
Durante la Prima guerra mondiale altri pannelli sarebbero stati spostati dalla cattedrale di Gand per ragioni di sicurezza, ma con il trattato di Versailles del 1919 (articolo 247, seconda clausola) tutti gli scomparti, anche quelli legalmente acquistati da Solly, vennero restituiti per contribuire al risarcimento che la Germania doveva versare agli Stati vincitori e in parziale compensazione per i danni inflitti al Belgio, venendo a così a ricomporre l'insieme del polittico nella cattedrale di San Bavone a Gand.
Nel 1942 il Polittico venne sequestrato da Hitler e destinato al suo mai nato museo di Linz (in Austria) ma poi, anche qui per ragioni di sicurezza, fu nascosto prima nel castello di Neuschwanstein, in Baviera, e successivamente in una miniera di Altaussee, in Austria. A ritrovarlo furono i Monuments Men, gli ufficiali anglo-americani incaricati di proteggere e recuperare il patrimonio artistico europeo delle zone di guerra celebrati nel film di George Cloney (2014). Alla cerimonia di restituzione del Polittico al Belgio nessuna rappresentanza francese. Il motivo? La mancata opposizione della Repubblica di Vichy al sequestro del dipinto da parte dei tedeschi.