Vera Mantengoli per "Robinson - la Repubblica"
leone san marco vittorio carpaccio
Venezia Giusta, divina e santa. È il brand che la Serenissima, dal tredicesimo secolo in poi, costruisce a tavolino per creare il mito di fondazione della città. Venezia diventa così nell'iconografia divina perché nasce il 25 marzo 421, giorno dell'Annunciazione alla Vergine Maria; giusta, per il complesso sistema di controllo del potere che caratterizzava la Repubblica e, infine, santa per il legame con l'evangelista Marco.
Comincia da qui la mostra Venetia 1600. Nascite e Rinascite, allestita nell'Appartamento del Doge a Palazzo Ducale fino al 25 marzo 2022, a cura di Robert Echols, Frederick Ilchman, Gabriele Matino e Andrea Matino, sotto la direzione scientifica di Gabriella Belli. Dodici sale con 300 opere, quasi tutte provenienti dal patrimonio dei Musei Civici di Venezia e in buona parte restaurate, ed esposte per la prima volta dopo l'intervento, dal comitato internazionale Save Venice che ha festeggiato così i 50 anni di presenza in laguna.
Tra i capolavori riportati allo splendore originario ci sono il Leone di San Marco di Vittore Carpaccio del 1516 che apre la mostra; l'opera di Jacopo Palma il Giovane in cui San Magno incorona Venezia, per la prima volta raffigurata in una pala d'altare, e la xilografia su disegno di Tiziano La sommersione del Faraone nel Mar Rosso.
Tra gli inediti una copia del manoscritto su pergamena del Milione, datato alla fine del XIV secolo, e un messale miniato che raffigura il trafugamento delle reliquie di San Marco. Il percorso propone alcuni dei momenti salienti della storia della città attraverso temi e approfondimenti specifici, a partire dall'iconografia della Giustizia, raffigurata da una Venezia che sorregge la bilancia e che ribadisce l'incarnazione dell'equità, come si vede nella statua in legno che ornava la prua del Bucintoro o nella tarsia lignea ideata da Jacopo Sansovino per il trono nella Basilica di San Marco di Andrea Gritti,
il doge che contribuì a trasformare la piazza in quella di oggi. Impossibile raccontare la storia della Repubblica di Venezia in una mostra, ma se ne può evocare la potenza sui mari attraverso portolani e astrolabi, e nella sala dedicata all'Arsenale, l'immenso cantiere navale dove la Serenissima costruiva le galee, oggi in parte sede della Marina Militare, della Biennale d'Arte e Architettura e del Comune.
La costruzione dell'Arsenale, citato anche da Dante nel Canto 21 dell'Inferno, è attribuita generalmente al doge Ordelato Faliero e iniziò nel 1104, ma sulla porta d'ingresso venne posta la data di fondazione della città, a rimarcarne il mito. Si raccontano anche i terribili incendi che devastarono Venezia, come quello del 1577 a Palazzo Ducale, dipinto da Ludovico Pozzoserrato, che polverizzò le opere di Tiziano, Bellini o Tintoretto.
Un modellino mostra il nuovo progetto di Palazzo Ducale di Andrea Palladio, ma già in quell'occasione si scelse per il «com' era dov' era». La frase passò alla storia per la ricostruzione del campanile di San Marco, crollato nel 1902, e del Teatro La Fenice, che bruciò di nuovo nel 1996.
Attraverso le opere di Aldo Manuzio, considerato il primo vero editore moderno, si ricorda la Venezia che fu indiscussa capitale mondiale della produzione editoriale. Immancabile una sosta per conoscere come la Serenissima si difese dalla peste con documenti che provano come il Green Pass - o qualcosa di simile - era già in uso qualche secolo fa. Il teatro e la musica vengono raccontati dallo scenografo Pier Luigi Pizzi in una sala che propone costumi di scena e opere come il Ritratto di Carlo Goldoni di Alessandro Longhi e il ricordo della cantante Faustina Bordoni Hasse di Rosalba Carriera.
Il Novecento onora l'arrivo di Peggy Guggenheim in città con foto d'epoca e un dipinto di Jackson Pollock, l'artista lanciato dalla collezionista proprio con una mostra a Venezia, e celebra il pittore Emilio Vedova con una sua opera.
Due immagini mostrano l'alluvione del 1966 e la marea eccezionale del 2019, ma l'impatto delle due catastrofi sulla città viene simbolicamente raccontato nell'opera La Zattera di Bill Viola. Infine, un video sul Mose, opera ancora incompiuta, e alcune riflessioni sul futuro, sempre dibattuto, della città che fu Serenissima.
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