Gianluigi Colin per il “Corriere della Sera”
Da qui sono passati in molti: bizantini e bretoni e poi ancora arabi, spagnoli, veneziani. E tutti, nel bene e nel male, hanno lasciato un'impronta del loro passaggio nell'arte e nella vita: un affresco, un segno architettonico, il gusto di un piatto, vecchie leggende, nuove tradizioni. Insomma, qui a Monopoli, nel cuore della Puglia, si percepisce un ricco passato di scambi, di declini e di rinascite che hanno contribuito a rendere la cultura di questo territorio uno straordinario mosaico di umanità, storie e memorie.
E appare dunque naturale che Monopoli, col suo orizzonte aperto a Oriente, sia oggi la sede di questa seconda edizione di Panorama , la speciale «mostra d'arte diffusa» curata da Vincenzo de Bellis, tra l'altro nominato da poco direttore delle fiere e delle piattaforme espositive di Art Basel. Ma che cos' è davvero questa manifestazione realizzata da Italics, cioè dall'organizzazione che riunisce più di 60 gallerie italiane, che dura solo 4 giorni (da domani al 4 settembre) e dove si riuniscono 60 artisti, con oltre 70 opere e diverse performance collettive? È solo una grande festa nel nome dell'arte? O qualcosa di più importante?
È Pepi Marchetti, direttrice della Galleria Gagosian e co-fondatrice della manifestazione (con Lorenzo Fiaschi della Galleria Continua, insieme ad altre sette gallerie) a delineare con semplicità il senso di questa edizione: «Certo, volevamo offrire un'esperienza nuova per la conoscenza di luoghi e paesaggi meno conosciuti del nostro Paese. Ma l'aspetto più significativo è quello di aprire a un più forte legame nel sistema dell'arte. Vogliamo insomma incoraggiare gli scambi e offrire un nuovo modo di dialogo con il pubblico. Non era mai successo prima. E dopo il successo di Procida dello scorso anno devo dire che anche dall'estero stanno guardando con interesse questa esperienza».
Nel complesso impianto delle gallerie italiane finalmente si è passati da una visione singolare a una dimensione plurale. E soprattutto, con un'attenzione ai contenuti, più che al mercato. Italics rappresenta un punto nuovo e decisivo: il ruolo delle gallerie come produttori culturali. «Fare sistema tra di noi e con il territorio - sottolinea Pepi Marchetti - significa incrementare le occasioni di produzione culturale». In effetti è un fenomeno che cambia le prospettive e che, tra utopie e disincanti, potrà giovare a tutto il sistema dell'arte italiano. O almeno, questa è la speranza.
Una visione positiva confermata anche Massimo Di Carlo, della Galleria dello Scudo: «È una nuova dimensione di relazioni nel sistema italiano dell'arte. C'è maggiore scambio di visioni, è come essere parte di una squadra: si dialoga, si guardano le possibili prospettive, ma non come nelle fiere in cui c'è l'attenzione ai risultati di mercato. Qui ci si confronta davvero». E Di Carlo, che conosce bene il mondo difficile e tormentato dei galleristi, sorridendo, chiude con una battuta affettuosa: «Ora, quando ci si incontra, ci salutiamo in modo diverso».
Cultura, prima di tutto, dunque. Non a caso Vincenzo de Bellis ha voluto creare un denso fil rouge che offre una importante chiave di lettura della manifestazione: «Panorama Monopoli quest' anno è dedicata al concetto greco di xenia . Per i greci il termine xenia aveva il valore e il senso dell'ospitalità nel rapporto con lo straniero. Un rapporto regolato da norme accettate da tutti, come la consuetudine di omaggiare l'ospite con un «regalo di addio». Xenia , dunque, come forma di riconoscimento dello straniero non come un altro da te, ma simbolo di un legame basato sull'accettazione e sulla reciprocità». Continua de Bellis: «Se trasliamo questi concetti a oggi, notiamo quanto sia cambiato il rapporto con l'altro. Ripudiamo lo straniero, senza renderci conto che nella società contemporanea siamo tutti stranieri gli uni agli altri.
La nostra epoca ha trasformato la distanza in un motivo di paura e di esclusione, oppure l'ha ridotta a zero in una prossimità che è solo virtuale. Così le notizie ci toccano ma non ci riguardano».
De Bellis ci parla indirettamente della responsabilità dell'arte. Pratica, va detto, poco usata. E per questo Panorama Monopoli si carica di una interessante e speciale sensibilità politica: cosa che l'arte può (e forse deve) offrire, nel senso più alto dell'impegno civile. L'arte viene così incontro alle istanze delle coscienze. È il caso del lavoro di Adelita Husni-Bey, con la sua Encounters on pain , una seduta privata con l'artista che registra le forme del dolore di ciascun partecipante.
O con l'impegno civile di Alfredo Jaar e quello di Michelangelo Pistoletto, col suo Terzo paradiso . E ancora, con autori del Novecento come Alberto Savinio e Antonio Sanfilippo. E non mancano dialoghi che attraversano i confini del tempo: quello tra l'artista cinquecentesco Francesco Laurana (si distinse alla corte aragonese di Napoli come il più grande scultore del Regno) e l'ormai giustamente celebrato Nicola Samorì: d'altronde, si sa, ogni artista è sempre contemporaneo. In ogni caso tutto finirà, come si conviene a fine estate, con un bagno collettivo. A Monopoli sotto forma di performance. Ma immortalato dall'occhio colto e raffinato di Massimo Vitali.