Antonio Riello per Dagospia
Frida Kahlo (1907-1954) il cognome deriva dal babbo che era di origine tedesca) non è solo una stimata pittrice surrealista Messicana della prima metà del XX Secolo. E’ anche (e soprattutto) una riconosciuta icona mondiale del femminismo. Una leggenda della Modernità ed un’eroina immensamente popolare. Il suo celebre volto ha quasi lo status di una sacra reliquia: uno dei volti più noti e riconoscibili del circo mediatico che tutto risucchia, elabora, propone e ripropone.
Una specie di Santa laica il cui culto indiscutibile è come fosse stato stabilito direttamente dalla Congregazione Vaticana delle Cause dei Santi. Non si è mai per davvero capito se la devozione assoluta di cui gode sia più legata alla qualità sua produzione artistica (i miracoli) o alle tribolazioni narrate nelle sue innumerevoli biografie (il personalissimo lungo martirio: una lunga e dolorosa invalidità ne segnò infatti pesantemente l’esistenza). Last but not least: anche i numerosi racconti di croccanti avventure (di sapore eterosessuale e omosessuale) che la riguardano hanno aiutato a costruirne l’inossidabile mito.
Diego Rivera (1886-1957) muralista e pittore Messicano fu un pugnace militante del Partito Comunista. Il suo lavoro ebbe grande risonanza non solo in Messico (“L’Epopea del Popolo Messicano” del 1929 è ancora un must per chi visita la capitale). Lavorò anche negli Stati Uniti. Celebre la sua opera murale del 1934 al Rockefeller Center di New York che scatenò polemiche e che alla fine fu rimosso (ci ficcò un ritratto di Lenin e il committente, John D. Rockefeller Jr, non gradì: fece ricoprire l’opera, dopo averlo comunque pagato).
Sposò ben due volte la Kahlo, figura dotata di una personalità decisamente più forte di lui. A quest’uomo sanguigno, infedele, egocentrico e non sempre di facile carattere viene comunque riconosciuto di aver dedicato gli ultimi anni della sua vita alla missione di rendere noto, in ogni modo possibile, il talento di Frida. Sia come sia, oggi (con l’eccezione di pochi addetti ai lavori) ci si ricorda di lui principalmente, sottostimandone l'impegnata ricerca, come “il compagno della Kahlo”.
A Londra, in una zona orientale a Sud di Greenwich, nell’area dei Docks, viene proposta una “Immersive Experience” dal titolo “Mexican Geniuses”. Sì, una cosa dedicata proprio a loro due. Vengono subito un po' in mente quelle tremende “Son et Lumiére” in cui si imbattevano i turisti in visita alle Piramidi in Egitto fino a pochi anni fa. Immaginatevi una specie di rumorosa e caotica discoteca - stile Disneyland - piena di effetti (più o meno) speciali. O meglio, se preferite, rimanendo a Londra, assomiglia vagamente a Madame Tussauds: una cosa approssimativamente trash e costosina (19.90 Sterline con la riduzione “over 60”).
Dopo una discreta e meritevole parte introduttiva sulla Storia e Cultura del Messico si entra in un ambiente dove riproduzioni di oggetti, mobili e suppellettili fanno immaginare come potrebbe essere stata la casa della coppia. Inevitabilmente parte la musica a palla (genere Mariachi) seguita da interminabili racconti (questi solo in cuffia) sulla sua vita privata della coppia.
Precedute dall’apparizione (piuttosto drammatica, appunto stile miracolo) dell’ologramma dell’artista improvvisamente compaiono dal buio delle gigantografie dei suoi quadri, abbastanza sgranate e a volte pure fuori fuoco. Va ricordato che il formato medio delle opere della Kahlo è in genere abbastanza ridotto, quindi l’operazione risulta assai discutibile anche sul piano filologico. Immancabilmente c'è anche un po' di Realtà Virtuale (va riconosciuto: questa peraltro è la parte meglio riuscita).
Detto questo, del povero Rivera c’è davvero poco da vedere: viene assimilato ad un comprimario quasi inutile, decorazione domestica o poco più. Ma in verità per le vicende dell’Arte delle Americhe Diego Rivera è stato molto più significativo della Kahlo la cui opera, vista in una prospettiva storica, rimane piuttosto una interessante curiosità. Dispiace dirlo certo, ma è così. Alla faccia dei Kahlofii più sfegatati.
Questo Circo Barnum tecnologico dell’Arte è una iniziativa confezionata da Brain Hunter, una società che ha sede in Messico ma opera in tutto il Mondo, da Dubai alla Spagna e naturalmente anche negli USA. Prima di arrivare a Londra Mexican Geniuses è già stata Toronto, Dallas, Chicago, Boston, Los Angeles. Il suo scopo apparente (e dichiarato) è quello di avvicinare i giovani all'opera dei due artisti attraverso l’elettronica. Per capirci quel tipo di pubblico meno avvezzo a frequentare i musei che le discoteche. Il suo senso dovrebbe essere: una mostra divulgativa per attirare i "giovani d'oggi" (sottinteso: “ignoranti & superficiali”) ai piaceri e alla Storia delle Belle Arti.
Forse sì. Forse anche no. E’ di sicuro un pretestuoso sistema per organizzare un furbo merchandising sulla famosissima Kahlo e trarne un lucroso profitto. Va ricordato, dettaglio non economicamente trascurabile, che (essendo lei morta nel 1954) fra meno di 2 anni legalmente tutti gli attuali copyright che riguardano la sua immagine si esauriranno. In altre parole chiunque potrà commercializzare qualsiasi cosa che la riguardi senza pagare alcun diritto di utilizzo.
Quanto alla divulgazione, sempre benvenuta naturalmente, c’è modo e modo di farla. Le Arti Visive, come la Musica, hanno ovviamente bisogno e urgenza, oggi più che mai, di essere veicolate alla massa dei nuovi pubblici figli della civiltà digitale. I parametri estetici di questo processo sono ovviamente in costante mutamento.
Ma l’intensità e la qualità dell’esperienza artistica per essere percepite hanno comunque bisogno di concentrata attenzione ed è tremendamente difficile che ciò accada senza il contesto giusto. E’, molto probabilmente, una questione di tempi, silenzi e riflessione. Difficilmente le luci stroboscopiche e il merchandising possono da sole funzionare: non è di sicuro comperando qualche gadget-scemenza con la faccia o la firma dell’artista che si può comprendere un percorso creativo-esistenziale. Sembra più un goffo tentativo, se così possiamo chiamarlo, di "propaganda culturale 3.0".
A dispetto di un ottimo ufficio stampa che ne ha abilmente pompato le qualità, non vale insomma la pena di gettare tempo e denaro per questo tipo di “immersione”. Meglio, almeno per il momento, in attesa di tecnologie più adatte (forse un giorno il Metaverso, chissà….), cercare di vedere le loro opere dal vero.
L'alternativa potrebbe essere leggersi con calma qualche bel libro sui nostri due eroi. Ad esempio Taschen Verlag ha pubblicato un catalogo esaustivo sui murales di Rivera con testi di Luis-Martin Lozano e anche un magnifico librone sull’opera della Kahlo con testi di Luis-Martin Lozano, Marina Vàquez Ramos e Andrea Kettermann. Per chi non ama leggere: il docu-film "FRIDA. VIVA LA VIDA" di Giovanni Troilo (2019) può essere, almeno per iniziare, una saggia e valida opzione.
ANTONIO RIELLO - ART EXPLORER Frida Kahlo Diego_Rivera 1932 murales de diego rivera
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