Edoardo Sassi per il "Corriere della Sera - Edizione Roma"
inferno mostra alle scuderie del quirinale
C'è una frase celebre - nel tempo attribuita a tanti, da Oscar Wilde a Mark Twain, ma che pare sia stata pronunciata per primo dal politico americano Benjamin Wade - che recita: «Scelgo il paradiso per il miglior clima, ma l'inferno per la compagnia». Un aforisma che torna in mente aggirandosi per i due piani delle Scuderie del Quirinale dove ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha inaugurato la mostra Inferno .
La compagnia - eccellente, in questo caso - è quella composta da duecento opere d'arte scelte da un gigante della storia e della critica, Jean Clair, saggista e accademico di Francia che ha curato l'esposizione insieme a sua moglie, Laura Bossi.
giudizio finale di beato angelico
Un'esposizione che attraversa i secoli, dal Medioevo a oggi, che parte sì da Dante - obiettivo ufficiale è quello di rendere omaggio al Sommo Poeta nell'anno delle celebrazioni - ma che va molto oltre l'Alighieri e la sua sfera d'influenza/ispirazione, con un salto metonimico che arriva ad abbracciare i tanti «inferni» della contemporaneità: guerre (con le incisioni dai Disastri di Goya), manicomi, lavoro alienante, stermini...
«Una mostra concettuale», l'ha definita Clair, il quale su un tema tanto vasto ha saputo impaginare un percorso di grande impatto visivo, capace di «parlare» tanto al visitatore medio quanto all'erudito.
Non solo pittura, scultura, manoscritti e splenditi codici miniati (tra i prestatori, oltre ai musei, Bibliothèque Nationale de France, British Library, Biblioteca Apostolica Vaticana, che ha concesso, per le prime due settimane di esposizione, la Voragine infernale di Sandro Botticelli, dipinto su pergamena per illustrare la Divina Commedia ); bensì anche fotografia e rare testimonianze della cinematografia delle origini.
Il tutto per comporre un affresco in cui il singolo capolavoro «parla» tanto quanto la testimonianza «minore» (si fa per dire). Prima sala ad alto impatto, anche scenografico, con il recente calco in gesso (1989) della monumentale Porte de l'Enfer di Rodin (sette metri di altezza) a «vegliare» su alcune delle opere più stupefacenti del percorso: la virtuosistica Caduta degli angeli ribelli di Francesco Bertos, già attribuita ad Agostino Fasolato, in marmo di Carrara (1725-1735 circa), la seicentesca tela, con lo stesso titolo, di Andrea Commodi, dagli Uffizi, il Giudizio Finale di Beato Angelico, e una Muerte (1522 circa) scolpita in legno policromo dallo spagnolo Gil de Ronza.
caduta degli angeli ribelli di francesco bertos
Ultima sala intitolata «e quindi uscimmo a riveder le stelle», celebre verso che chiude la Cantica dantesca, con i lavori di due acclamati nomi della contemporaneità, Anselm Kiefer e Gerhard Richter.
In mezzo, scandito da un'ampia antologia di citazioni letterarie d'ogni tempo, dalle Metamorfosi a Calvino, un viaggio agli inferi dove si incontra di tutto: Jan Brueghel, tardoromanticismo e simbolismi, von Stuck e Balla, antichi burattini o i Fratelli Chapman, Gustave Doré o Otto Dix, Doisneau e annotazioni autografe di Primo Levi. E, dal 19 ottobre, «Infernauti»: serie di incontri con personalità di rilievo, dal cardinal Gianfranco Ravasi a Walter Siti.
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