Teresa Monestiroli per la Repubblica - Milano - 9 dicembre 2019
«Quando sono arrivata a Milano nel 1971 ero una poveraccia, senza soldi e senza futuro. Questa città mi ha accolto e dato l' opportunità per decidere della mia vita. Avevo 36 anni e qui ho cominciato a essere una fotografa» racconta Letizia Battaglia, tornata a Milano quasi cinquant' anni dopo per presentare la retrospettiva che porta a Palazzo Reale "Storie di strada", trecento immagini che racchiudono l' intero percorso della sua carriera.
«Mi proposi al Corriere della Sera e al Giorno come freelance - continua - . Presentavo i miei articoletti e tutte le volte mi chiedevano: " E le fotografie?". Così ho iniziato a scattare».
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Non si è più fermata. Oggi ha 84 anni, i capelli rosa shocking a caschetto, una Leica ancora al collo e l' energia di una donna che ha vissuto fuori dagli schemi, capace di fermare sulla pellicola con la stessa intensità il dolore del lutto e la spensieratezza dei bambini che giocano nelle strade di Palermo. Si commuove vedendo la storia del suo successo appesa ai muri: «Mi è venuto un nodo alla gola quando ho visto la mostra perché tutta la mia vita passa in queste stanze - commenta - ringrazio Francesca ( la curatrice, ndr.) che mi ha ricostituita e messa in ordine. Non sono foto grandiose, alcune non sono nemmeno belle, ma tutte hanno un senso».
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Parte da Milano, con la sequenza di ritratti di Pierpaolo Pasolini al Circolo Turati e il servizio dalla Palazzina Liberty occupata con Franca Rame fra i manifestanti, la mostra curata da Francesca Alfano Miglietti, omaggio alla grande fotoreporter dell' Ora diventata famosa per gli scatti che testimoniano le stragi di mafia, i corpi anonimi trafitti dai proiettili mescolati a quelli di giudici ammazzati, politici e presidenti di Regione come Piersanti Mattarella, assassinato da Cosa Nostra nel giorno dell' Epifania del 1980. Una scena ripresa quasi in diretta, fissando per sempre la concitazione del momento in alcuni scatti mossi di grande impatto, con l' attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella che trascina fuori dall' auto il corpo esanime del fratello. « Quel 6 gennaio camminavo con mia figlia Patrizia in via della Libertà a Palermo - racconta Battaglia nel catalogo edito da Marsilio -. C' era gente, mi avvicinai. Avevano ucciso Piersanti Mattarella. Arrivai seconda dopo il killer. Iniziai a fotografare: macchina dai vetri rotti, donne piangenti, corpo martoriato dalle pallottole. Quegli scatti in confusione sono carichi di senso».
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Perché è solo il senso quello che Battaglia da sempre insegue: non lo scatto perfetto, tecnicamente corretto, o il taglio originale, ma un significato che alcune volte passa perfino dalle fotografie sfuocate, tutte ambientate nell' amata Palermo, «città cui sono morbosamente attaccata, con cui sono da sempre arrabbiata ».
Foto disordinate e piene di umanità formano una galleria di persone; una fiumana affolla il percorso della mostra dove il comizio di Enrico Berlinguer si mescola ai ritratti di Guttuso, Sanguineti ed Elvira Sellerio, la gioia dei bambini si alterna alle crude immagini dei ragazzini nei vicoli che puntano le pistole, in una carrellata di pranzi di famiglia, processioni religiose, funerali, sguardi profondi di bambine, baci, balli e donne che fanno la maglia. « Consiglio di fotografare da molto vicino, a distanza di un cazzotto, o di una carezza», scrive Letizia. Che pugni e carezze dispensa a sua volta in egual misura in questa esposizione imperdibile e toccante, frutto di uno sguardo carico di empatia, capace di mostrare il reale senza alcuna indulgenza. Fino al 19 gennaio 2020, ingresso 13 euro.
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