Giuseppina Manin per il “Corriere della Sera”
Squadra che vince non si cambia. La regola aurea dello sport non vale per la cultura in Italia.
Se a Cannes direttori e presidenti del festival possono essere capitani di lungo corso, a Venezia la legge prevedeva di non varcare il secondo mandato quadriennale. La modifica, varata un mese fa nel maxi emendamento del governo, cambia lo stato delle cose portando a tre i mandati consecutivi del presidente. E inoltre dà la possibilità al Cda di prorogare nel frattempo l’incarico del direttore di 12 mesi. Così da non interrompere il lavoro di programmazione in vista della prossima edizione.
Insomma, in attesa di una riconferma ufficiale del presidente da parte del ministro Franceschini e del direttore da parte del Cda della Biennale, il vento che spira al Lido, la presenza nei giorni scorsi di Mattarella e molte autorità, lasciano prevedere che Paolo Baratta e Alberto Barbera stiano veleggiando verso una riconferma. «La continuità per andare avanti con consolidamenti strutturali delle sale e rinnovamento dell’intero impianto della Mostra del cinema sarebbe la cosa ottimale», commenta Barbera, probabilmente con un riferimento a se stesso.
D’altronde i risultati del lavoro svolto insieme in questi otto anni gioca a loro favore: una recuperata reputazione internazionale della Mostra, i 9 film realizzati dai giovani talenti di Biennale College e tanti numeri confortanti: alla quinta giornata di proiezioni i biglietti venduti sono 22mila, 9% più dell’anno scorso. Balzo in avanti del 40% per i biglietti della sala web, più 2.3% le presenze Industry, segno che il mercato va.
In diminuzione gli abbonamenti globali, in aumento quelli «a blocchi», mentre gli «omaggi» sono calati in due anni del 15%. Stabili i fondi, poco più di 10 milioni: 8 dallo Stato, 2.5 dagli sponsor. Pochi per un festival che deve tener testa ai grandi eventi internazionali.
Tra le notizie confortanti, Baratta annuncia che lo scandaloso «buco» davanti al Casinò è stato riempito in parte e per l’anno prossimo potrebbe essere trasformato in un’arena all’aperto sul modello varato ai giardini.
Da parte sua, Barbera ammette che, vista la carenza di titoli, temeva una selezione «più debole del solito». Ma poi invece «i film sono arrivati e accolti al di sopra delle aspettative».