MALEDETTA COLLEZIONE TORLONIA, NEANCHE GLI DEI SCAMPANO AL CORONAVIRUS! - L’APPUNTAMENTO CON LA STORIA ERA FISSATO PER IL 4 APRILE A PALAZZO CAFFARELLI: I 96 MARMI DELLA PIÙ IMPORTANTE RACCOLTA DI ANTICHITÀ PRIVATA DEL MONDO TORNAVANO ALLA LUCE. NIENTE DA FARE - GRAVA UNA MALEDIZIONE SU QUESTI MARMI SIN DAI TEMPI DI WINCKELMANN, MORTO ASSASSINATO IN UNA LOCANDA DI TRIESTE...

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DAGOREPORT

collezione torlonia palazzo caffarelli collezione torlonia palazzo caffarelli

Maledetta Collezione Torlonia, neanche gli dei scampano al Coronavirus! Nemmeno l’Hestia Giustiniani, la Venere al naturale, i miti troiani ed etruschi provenienti dai sepolcri di Vulci che il cardinal Alessandro Albani aveva fatto disporre dal suo bibliotecario Winckelmann nella villa sulla Salaria, quelli per i quali  l' archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli - che accompagnò Hitler in Italia - si travestì da scopino per ammirarli, quelli non si potranno, ancora vedere.

 

L’appuntamento con la storia – atteso quasi dal Dopoguerra – era fissato per il 4 aprile a Palazzo Caffarelli: novantasei marmi della collezione Torlonia, la più importante raccolta di antichità privata del mondo tornava alla luce. Niente: colpa del Coronavirus, del distanziamento, la bellezza resta nello scantinato. Certo, la mostra si farà più avanti adattandola a slogan come “L’Italia riparte dalla bellezza” adattissima a una politica fatta di tweet ma, mannaggia… grava qualcosa di maledetto su questi marmi sin dai tempi di Winckelmann, morto assassinato in una locanda di  Trieste mentre tornava tra le braccia del cardinal Albani, ucciso da quell’Acangeli poi catturato e squartato nella pubblica piazza.

 

Collezione Torlonia - 3, Tazza Cesi (c) FondTorlonia ph Lorenzo De Masi Collezione Torlonia - 3, Tazza Cesi (c) FondTorlonia ph Lorenzo De Masi

Questa collezione di marmi, valutata dalla Sovrintendenza 600 milioni di euro, è fuori dai radar della storia da quando il Museo Torlonia fu chiuso dalla sera alla mattina per essere trasformato in 70 appartamenti abusivi . Il Museo alla Lungara era stato fondato dal principe Alessandro nel 1875 e contava di 620 pezzi. L’accusa di abusivismo indusse i proprietari a porre di fatto "sotto auto-sequestro" la collezione. Dagli anni Settanta Antonio Cederna impiegò fiumi di inchiostro perché la raccolta uscisse dagli scantinati della Lungara, poco lontano dalla Farnesina di Raffaello.  Niente da fare, tantomeno Villa Albani, chiusa da sempre con le sue statue i suoi dipinti del Perugino, Guercino e il Parnaso affrescato da Anton Raphael Mengs.

 

Nel Paese del Gattopardo ci poteva salvare solo una cosa: il “delitto” andò in prescrizione (Dio salvi la prescrizione, in questo caso) e il 15 marzo 2016 fu così firmato un protocollo d'intesa tra il Ministero dei beni culturali e la fondazione Torlonia  per un'esposizione permanente di circa 90 opere: ci siamo.

I MARMI DELLA COLLEZIONE TORLONIA I MARMI DELLA COLLEZIONE TORLONIA

 

Manco per niente. Il proprietario di questo immenso patrimonio, il quattro volte principe Alessandro Torlonia-Borghese, banchiere nonché assistente al soglio pontificio, muore  a 92 anni nel dicembre del 2017. L’anno dopo Carlo Torlonia, primogenito di Don Alessandro, impugna il testamento contro i fratelli (Paola, Francesca e Giulio) convinto che quella sterminata eredità non sia stata ripartita a dovere, chiedendo «l'accertamento della lesione della propria quota legittima». Due miliardi di euro e forse più varrebbero, secondo stime, i beni che il principe ha lasciato: il palazzo in via della Conciliazione, Villa Albani sulla Salaria, le due ville a Castel Gandolfo oltre ai marmi. Si vocifera anche di pezzi venduti o in corso di vendita. Allarme. Nei secoli la famiglia ha acquistato alcuni degli edifici più belli di Roma: Palazzo Bolognetti a piazza Venezia, che è stato poi abbattuto, Palazzo Giraud, vicino piazza San Pietro, le tenute Roma Vecchia sull' Appia e dell' Isola Sacra a Ostia, oltre a palazzi sparsi tra Napoli, Frascati, Anzio, e all' area intorno al lago del Fucino. Tra il novembre e il dicembre del 2018 viene emesso un provvedimento di sequestro giudiziario e conservativo, compresa la collezione dei 623 marmi. La controversia è, soprattutto, sulla vendita della Banca del Fucino di proprietà dei Torlonia ma tutto si blocca sino all’aprile del 2019, quando la magistratura sblocca i beni.

 

A questo punto è fatta. Si pianifica l’esposizione attesa da mezzo secolo, “The Torlonia Marbles. Collecting Masterpieces” a Palazzo Caffarelli dal 4 aprile, a cura di sua Santità Salvatore Settis e Carlo Gasparri, specialista e autorità universitaria (se l’università ha ancora autorevolezza) e altri accademici dei vicini Lincei.  Poi arriva il Coronavirus… Maledizione.

 

I MARMI DELLA COLLEZIONE TORLONIA I MARMI DELLA COLLEZIONE TORLONIA

I lincei dovrebbero avere la vista lunga, da lince, appunto; ma a giudicare – per ora – dalle immagini sembra che nei restauri l’abbiano avuta sin troppa. Il recupero di Palazzo Caffarelli, con progetto della Sovrintendenza ma firmato dalla solita archistar,  David Chipperfield, è l’esito di una infinita sommatoria di trasformazioni e non ci si poteva far molto: il palazzo ceduto dai Caffarelli al re di Prussia, quando poi finì nella mani del Comune di Roma fu in parte demolito: quod non fecerunt barbari fecerunt Romani. Solo dopo gli scavi di Roberto Paribeni del 1919-1920, che non diedero i risultati, si recuperò parzialmente l’edificio e nel ‘25 Mussolini (che abitava a Villa Torlonia) inaugurò il  “Museo nuovo di scultura antica’. Nel ‘65, per problemi di manutenzione fu chiuso al pubblico. Solo nel 2000, iniziarono i lavori di recupero.

 

tazza baccellata sorretta da chimere tazza baccellata sorretta da chimere

Ma a sorprendere sono le immagini del restauro di uno dei pezzi più celebri della collezione, la “Tazza Cesi” (dal nome del cardinale ex proprietario), un pezzo di cui si dispone di immagine antecedente al restauro e descrizione nel monumentale catalogo del tedesco Bol sui marmi Torlonia (P.Bol, A.Allroggen-Bedel, “Forschungen zur Villa Albani”).  Un pezzo anche inciso da Giovan Battista Piranesi nella sua storica raccolta “Vasi, candelabri, cippi” del 1778 che sembra i restauratori abbiano preso a modello. Le labbra del monumentale vaso appaiono molto risistemate e riappaiono persino le anse del vaso! Pulitura in profondità, insomma, integrazioni. Se lo si osserva anche a confronto con il suo pendant sembra che si sia lasciati un po’ prendere la mano. Proprio su un pezzo nella villa ideata da quel fondatore della filologia artistica che fu l’ex figlio del ciabattino di Stendhal, Johann Joachim Winckelmann.

pendant Tazza Cesi p 99 pendant Tazza Cesi p 99

 

 

 

https://m.dagospia.com/un-patrimonio-inestimabile-in-mano-a-dei-principi-che-si-stimano-poco-tra-di-loro-il-caso-torlonia-223777

 

 

villa albani torlonia 4 villa albani torlonia 4 villa albani torlonia 7 villa albani torlonia 7 marmi torlonia marmi torlonia marmi della collezione torlonia marmi della collezione torlonia fanciulla torlonia ritrovata a vulci fanciulla torlonia ritrovata a vulci Collezione Torlonia - 3, Tazza Cesi (c) FondTorlonia ph Lorenzo De Masi Collezione Torlonia - 3, Tazza Cesi (c) FondTorlonia ph Lorenzo De Masi villa albani torlonia 5 villa albani torlonia 5

 

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