"IL MIO FARO RESTA TOTO'" - ACHILLE BONITO OLIVA: "A NOI ITALIANI CI TIENE COLLEGATI IL SENSO DEL RELATIVO. C'È SEMPRE IL SOSPETTO DI UN POSSIBILE PERDONO. E DI UN CONDONO - IL NARCISISMO È IL MOTORE ECOLOGICO DELLA VITA DI TUTTI. LA VANITÀ È INVECE IL SUO PRÊT-À-PORTER. L’UMANITA’ OGGI HA FINALMENTE SELFIE CONTROL" - I DIKTAT DEL PCI, LA TRANSAVANGUARDIA, IL NUDO, LE DONNE: "SONO UN MISSIONARIO: PERCHE' VIENE DA MISS"...

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Paolo Conti per il Corriere della Sera

 

Achille Bonito Oliva, ovvero ABO. Lei produce fortunati «ABOrismi». L' ultimo?

«L' umanità ha finalmente selfie control. Una mania che ho riscontrato nella mia vacanza in Grecia. Niente bagno senza selfie. Ho visto un tipo che si tuffava con l' asta del telefonino».

 

Questa serie si intitola «Italiani». Cosa vuol dire «essere italiano»?

«Un' identità multimunicipale, non monolitica come quella tedesca. C' è un genius loci che ci tiene collegati antropologicamente: il senso del relativo. Io sono napoletano, per me è l' ironia che, come diceva Goethe, è la passione che si libera nel distacco. C' è sempre il sospetto di un possibile perdono. E di un condono».

 

Siamo al costume nazionale: il condono.

«Come mancanza di adesione totale allo Stato proprio per quel relativismo creatore dell' evasione fiscale, sostenuto dalla religione cattolica che prevede la confessione e, appunto, il perdono».

 

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La sua vita comincia con una laurea in Giurisprudenza a 21 anni. Cosa c' entra?

«Sono le mie radici familiari. Mio padre apparteneva all' aristocrazia di campagna, con un antenato che lasciò l' Albania al seguito di Skanderbeg e venne poi fatto duca, con terre che possediamo ancora nel Vallo di Diano. Mia madre veniva dalla borghesia agraria e discendeva da Celestino V, il papa del gran rifiuto. Mi laureai a 21 anni, Giurisprudenza non allarmava i miei genitori poi mi iscrissi a Storia e filosofia, cominciai a interessarmi di poesia, a 15 anni avevo letto già di tutto, da Kafka a Faulkner. Ho avuto successo fin da piccolo».

 

Nel senso?

«Sono il primo di nove figli. Ma non ho mai sentito la responsabilità familiare, come accudire o portare il buon esempio, anche nel grande affetto che ci lega tra fratelli e sorelle.

Ho intrapreso un' altra strada».

 

 

L' incontro con l' arte come avvenne?

«La poesia mi avvicinò al gruppo del '63: Balestrini, Sanguineti, Giuliani. Pubblicai due libri, che loro apprezzarono. Poi frequentavo assiduamente, a Napoli, i dibattiti della mitica libreria di Mario Guida. Facevo interventi di venti minuti: criptici, ermetici. Totoisti: per me Totò resta un grande riferimento anche culturale. Un giorno, nel 1966, capitò Giulio Carlo Argan.

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Mi ascoltò, mi parlò con affetto e simpatia, tornò a Roma, chiamò Filiberto Menna, il primo critico d' arte d' avanguardia ad approdare in un grande quotidiano come Il Mattino e gli chiese di incontrarmi, giocando sul mio nome: "Si chiama Achille, se farà il critico d' arte ci supererà tutti in velocità". Menna credette in me, diventai con lui assistente ordinario di Storia dell' arte a Salerno. Nel 1978 mi trasferii a Roma, grazie ad alcuni docenti che mi stimavano, ebbi ad Architettura l' incarico di Istituzioni di storia dell' arte. Venivano studenti da altre facoltà, le ritenevano le lezioni sul contemporaneo più avanzate del momento».

 

Un napoletano adottato da Roma...

«Io sono partenopeo e parte romano: sono stato concepito all' hotel Massimo d' Azeglio di Roma e lì risiedo da 50 anni».

 

Con Argan mantenne buoni rapporti?

«Eccellenti. Ho avuto il grande onore di proseguire la sua "Storia dell' arte moderna" per Sansoni dal 1970 a oggi. Scelse me, non gli "Arganauti", i critici legati a lui che si muovevano in gruppo».

 

Lei iniziò ad agire subito da solo. Perché?

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«Per narcisismo, il motore ecologico della vita di tutti. La vanità è invece il suo Prêt-à-porter. Nel 1970, nel catalogo della mostra "Amore mio" a Montepulciano, nelle dieci pagine a mia disposizione proposi altrettante mie foto di Ugo Mulas con una lunga considerazione di Nietzsche sulla morte. Il critico come deuteragonista per creare un rapporto nuovo, di rispetto, non più da servo di scena con gli artisti che, lo dico da tempo, sono i miei nemici più intimi. L' artista crea, il critico riflette».

 

Si vide a Roma nella mostra «Contemporanea» al parcheggio del Galoppatoio a villa Borghese nel 1973

«Fu merito di Graziella Lonardi Buontempo, con i suoi "Incontri internazionali d' arte", convincere la proprietà, Condotte d' acqua, a concederci lo spazio progettato da Luigi Moretti.

 

Esposi Warhol, Rauschenberg. La sinistra dogmatica, legata all' obbligo della mano pubblica, storse il naso: tutto nasceva da una struttura privata. Non ci scoraggiammo e fu un trionfo».

 

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A proposito: quanto contò, nel rapporto arte-sinistra, la scomunica di Togliatti verso l' astrattismo? «Scarabocchi», fu la sua storica definizione su «Rinascita».

«Il Pci, nel dopoguerra egemone in campo culturale, sosteneva il neofigurativo contro l' astrattismo dileggiando, com' era sua abitudine, gli avversari. Fu merito di Argan e di Bruno Zevi non ubbidire a simili diktat e capovolgere strutturalmente l' approccio nelle università, nell' arte e nell' architettura».

 

Lei è il teorico della Transavanguardia. Cosa significa quel Trans?

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«Arte in transizione in un periodo di superamento dell' arte concettuale, di crisi dell' ideologia: nomadismo e meticciato culturale, superamento della divisione astrattismo-figurativo, radici elastiche. L' artista non lavora più solo sull' invenzione ma anche sulla citazione che così recupera sia l' avanguardia che la tradizione. In più c' è il ritorno del soggetto dopo il "noi" plurale assembleare del '68».

 

Scelse cinque artisti per lanciare la Transavanguardia, oggi grandi star: Sandro Chia, Enzo Cucchi, Francesco Clemente, Nicola De Maria, Mimmo Paladino. Lei dava la linea?

«Ma no. Tutti operavano, e operano, nella loro assoluta libertà, rimettendo al centro del loro lavoro il genius loci, l' identità. Ma, parafrasando Flaubert, la Transavanguardia c' est moi. Il movimento ha avuto un successo mondiale con una grande espansione nel collezionismo europeo e americano».

bonito oliva visto dall'alto bonito oliva visto dall'alto

 

Soddisfazioni?

«La nomina a Grand' Ufficiale della Repubblica e dei cinque artisti a Commendatori da parte del presidente Giorgio Napolitano dopo la mostra retrospettiva a palazzo Reale a Milano nel 2012 per il 150° anniversario dell' unità d' Italia. La consacrazione sul Colle più alto. Nel '92 Mitterrand mi fece Chevalier des arts et des lettres e gli dissi, nella cerimonia: "Presidente, sono Cavaliere qui in Francia e pedone in Italia". Per la verità, nel 2005 Carlo Azeglio Ciampi mi attribuì la medaglia d' oro per la Cultura».

 

Lei fu il curatore della Biennale d' arte di Venezia del 1993. La cita sempre

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«I motivi ci sono. Era transnazionale, multidisciplinare: teatro, musica, arte, cinema. Nessun settorialismo. Organizzata in modo da sconfinare in tutta la città. Il visitatore la usava come una tv: cambiava canale. Nel senso che raggiungeva un' altra parte di Venezia, tra i canali. Riuscii a esporre l' avanguardia cinese oltre la Muraglia grazie al pragmatismo confuciano dell' ambasciatore: professore, mi disse, vada da turista altrimenti le assegnano un interprete che la porta solo dagli artisti indicati dal ministero della Cultura.

BONITO OLIVA BONITO OLIVA

 

Non ebbi problemi, portammo a Venezia opere e artisti, ai tempi era diverso, c' era ancora Deng Xiaoping. Poi tolsi alla Serbia il padiglione della ex Jugoslavia. C' era la guerra. Protestarono, ma organizzammo una mostra intitolata "Macchine della pace". Poi il Leone d' oro a Ernst Junger. E anche lì la sinistra ebbe da ridire. Ma Cacciari sfidò tutti: ne scrisse un appassionato elogio».

 

Ma un critico «è utile» alla società?

achille bonito oliva con francesco vezzoli achille bonito oliva con francesco vezzoli

«Penso alla Metropolitana di Napoli, un progetto nato nel contesto del mio "Gli annali dell' arte". Ora chi prende la Metro a Napoli ha a disposizione 160 opere d' arte con le stazioni firmate da archistar. Un matrimonio morganatico tra arte e architettura: perché l' arte non è ornamento nell' architettura ma è una struttura visiva nello spazio architettonico. Abbiamo creato il Museo Obbligatorio. Chi usa la metropolitana è "obbligato" a vedere arte e architettura contemporanee. I napoletani sono orgogliosi, ne hanno gran riguardo, non c' è un solo segno di vandalismo: nemmeno uno Poi dicono di Napoli».

VITTORIO SGARBI E BONITO OLIVA IN POSA PAOLINA BORGHESE VITTORIO SGARBI E BONITO OLIVA IN POSA PAOLINA BORGHESE

 

Lei è l' unico critico presumibilmente del mondo ad essere apparso nudo per tre volte (1981, 1989, 2011) sulla copertina di «Frigidaire». Che voleva dire?

«Il critico messo a nudo dall' arte. Non c' era volontà di scandalizzare, me lo chiese anche Argan. Volevo dimostrare che il critico ha un corpo, anche culturale, che non deperisce. Ho un buon rapporto col mio corpo. E piaccio».

 

Ha avuto successo con le donne, nella vita?

«In questo senso sono un missionario. Perché viene da miss».

 

Tra trecento anni cosa vorrebbe che si scrivesse sulla sua tomba?

«Sono stato una spina nell' occhio dell' arte e della critica. Perché l' occhio è l' organo vitale sia dell' arte che della critica».

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NICOLINI E ACHILLE BONITO OLIVA NICOLINI E ACHILLE BONITO OLIVA

 

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