Matteo Pucciarelli per ''la Repubblica''
Il secondo call center l' hanno tirato su nel giro di 24 ore dopo giovedì scorso, quella era stata una giornata di vero delirio. I 22 operatori del numero verde per l' emergenza Covid della Lombardia erano stati subissati da 13mila chiamate. Con attese per i cittadini lunghe anche mezz' ora. Perché? La complicata faccenda del tampone obbligatorio per chi torna dai viaggi all' estero in alcuni paese (Spagna, Croazia, Grecia, Malta) è piombata su migliaia di famiglie con tutto il suo carico di ansie, incertezze e dubbi amletici, scatenando le preoccupazione specie di nonni, zii, genitori.
Eh sì, perché gran parte delle telefonate sono da parte loro: si informano per figli e nipoti che magari sono fuori o appena rientrati. «E ancora adesso c' è confusione tra test sierologici e tamponi, sul dove farli e quando», racconta il dirigente di Areu, l' agenzia regionale che coordina i numeri verdi 116 e 117 ma anche l' 800894545, Fabrizio Polverini. Come diversi suoi colleghi era in ferie dopo mesi di super lavoro ed è dovuto rientrare almeno un giorno per riorganizzare il tutto.
Così eccoci qua al centralino bis, altre 25 persone tra nuovi assunti (con contratti di 15 giorni) e volontari, in uno stanzone con le postazioni messo a disposizione dalla Tim. I telefoni non smettono di suonare un istante, finisci una chiamata e rispondi ad un' altra: casi sempre diversi, domande tra le più disparate, peggio di un quiz.
Come il turista che in Spagna ha avuto un flirt e voleva sapere come regolarsi; o l' anziana signora milanese nel panico che ha visto rientrare dalle ferie all' estero il figlio della vicina del quarto piano, e poi si sono pure incontrati in ascensore, «cosa devo fare ora?».
Chiamano addirittura dei medici: «No stia tranquillo, la direttiva dice che se si è dipendenti di strutture sanitarie pubbliche non si ha questo vincolo di dover fare il tampone », la replica di una operatrice, non prima di aver chiesto lumi alla responsabile. Ma appunto, sono tutti casi a sé, come si fa a rispondere sempre? Francesca Sangalli coordina la nuova squadra assieme a Simone Baratto, a tutti gli operatori ha consegnato una cartellina plastificata con una decina di pagine da tenere a portata.
«C' è proprio uno schema da seguire - dice Sangalli - e ad ogni richiesta di chi chiama corrisponde uno smistamento, al medico di famiglia, all' Ats o al numero per le emergenze. Oppure si dà una indicazione sul come muoversi». Che poi le direttive siano chiare o comprensibili, quello è un altro discorso. Tipo: perché non chiedere direttamente alle compagnie aeree o di navigazione i contatti di chi sta rientrando, organizzando direttamente con loro i controlli?
«Mah, le decisioni di un ministro non si discutono - risponde Polverini - So solo che appena è uscita la notizia abbiamo capito che avrebbero assaltato i telefoni. Succedeva sempre così anche con i Dpcm di Conte: appena finiva il suo discorso schizzava su il numero delle chiamate». Ci sarà forse anche una spiegazione psicologica: «La cosa peggiore nel periodo più difficile del Covid è stata la sensazione di sentirsi soli, di non avere mai ascolto e risposte chiare, noi un po' ci proviamo sempre », aggiunge Polverini.
Su una parete sono stati appiccicati con lo scotch i messaggi di ringraziamento ricevuti via mail da Areu nei mesi scorsi, la responsabile della comunicazione Cristina Corbetta aveva voluto aprire una casella di posta solo per quello, per far tornare un po' indietro il calore delle persone. Le loro "interviste strutturali", così si chiamano in gergo, sono quindi tornate ad essere una specie di primissimo sostegno pubblico al nemico più subdolo: l' ansia.