Alessandro Gonzato per “Libero quotidiano”
«La malattia è mutata, siamo in fase sub-acuta, l' isolamento ha ridotto drasticamente la carica virale. Il virus è meno aggressivo sulla cellula. I nuovi casi, in genere, non sono così gravi. Chi si ammala, oggi, ha una condizione di febbricola e di astenia che si prolunga per 2-3 settimane. È una sindrome diversa». Il professor Francesco Le Foche, immunologo clinico, responsabile del Day hospital di Immunoinfettivologia del Policlinico Umberto I di Roma è piuttosto ottimista: «Il virus si è indebolito. Facciamo sempre più tamponi e troviamo sempre meno malati: a volte la carica virale è talmente bassa che i test non rilevano nemmeno più il Covid. Ci vuole ancora prudenza, è ovvio, ma la gente sta cominciando ad accettarne la convivenza».
Silvio Brusaferro, presidente dell' Istituto Superiore di Sanità, sostiene che in autunno l' epidemia tornerà a colpirci. Ci sono evidenze scientifiche?
«Al momento non ci possono essere: stiamo parlando di una malattia sconosciuta fino a pochi mesi fa. Ciò che sappiamo è che normalmente, quando di mezzo ci sono virus pandemici, si verificano delle seconde ondate, ma per la Sars e la Mers non è accaduto. Ora comunque sappiamo difenderci molto meglio, saremmo in grado di usare le armi giuste per combattere fin da subito un' eventuale reinfezione».
Lei sostiene che il virus si spegnerà da solo: ci spieghi.
«Si sta già spegnendo. In parte si è già spento. Il lockdown gli ha impedito di riprodursi e quindi si è affievolito. Il caldo gli assesterà un ulteriore colpo, a patto naturalmente che la gente continui ad avere comportamenti virtuosi».
Quello di oggi si può già definire «caldo» o lei parla di quello afoso di luglio e agosto?
«Il clima delle ultime settimane ha aiutato. Poi è logico che più si innalzerà la temperatura e meno probabilità avremo di infettarci, succede per tutte le forme virali. Le goccioline non saranno più in grado di essere veicolate a distanza».
Nessuno ha ancora chiarito se ci possono essere casi di recidiva.
«Questo virus non dà una reazione immunitaria come gli altri. È una sindrome che provoca risposte immunologiche strane. Vanno approfondite».
FRANCESCO LE FOCHE MARA VENIER
Quindi ci si può riammalare o no?
«Non è detto che chi ha sviluppato gli anticorpi sia immune. Chi ha contratto il Covid in forma leggera potrebbe sì aver sviluppato le IgG, ma non in quantità sufficiente. Chi è stato colpito in modo più pesante, invece, pare che non si sia riammalato, ma ancora non sappiamo quanto duri l' immunizzazione».
Alcuni esperti continuano a citare l' influenza Spagnola...
«La cronologia degli eventi è troppo distante per fare raffronti. Credo che sia molto più utile, e scientificamente corretto, concentrarsi sul quadro attuale».
È preoccupato dalla riapertura delle regioni?
«No. Va fatta una comunicazione credibile e corretta. Non dobbiamo pensare che le persone siano incoscienti o ignoranti. Non vanno bersagliate di messaggi terroristici. Va detto ciò che sta succedendo, e cioè che stiamo procedendo abbastanza bene, anche se non mi stancherò mai di dire che ci vuole responsabilità. Se sarà così vivremo un' estate tranquilla. Forse anche l' autunno».
È stato giusto non distinguere le morti «con» Covid e «per» Covid?
«La valutazione, secondo me, dovrà essere fatta in un secondo momento, una volta studiato nel dettaglio quello che è successo».
Favorevole ai tamponi a tappeto?
«In Veneto hanno dato risultati importanti. Credo però che estenderli in modo generalizzato in tutta Italia sarebbe uno spreco».
L' Organizzazione Mondiale della Sanità non ne ha azzeccata una...
«Non direi così. Avrebbe potuto coordinarsi meglio con gli Stati, certo. Ma è anche vero che siamo stati colpiti dall' epidemia in un distretto altamente industrializzato e popolato come quello lombardo: non era semplice mettere in campo delle regole».
Però l' Oms sapeva che il virus circolava in Cina almeno da dicembre.
«Ecco, sui tempi si può discutere, anche se dovremmo avere più dati a disposizione. Nemmeno i "detective" americani riescono a venirne a capo».
Alcuni suoi colleghi sono stati e continuano a essere catastrofisti.
«L' immunologo è avvantaggiato rispetto al virologo: io mi sono accorto subito che le infezioni stavano diventando sempre meno violente. L' epidemiologo studia i movimenti del virus tra la popolazione. Il virologo analizza il virus in sé. Le tre figure devono coordinarsi al meglio, ma credo l' abbiano fatto».
Lei è stato uno dei primi a consigliare la clorochina per combattere il Covid. L' Aifa ne ha stoppato la somministrazione perché, sostiene, può avere effetti collaterali pesanti. Ora però 120 ricercatori e medici di tutto il mondo contestano lo studio pubblicato da «Lancet».
«L' insieme di farmaci messo in campo nei primi giorni dell' emergenza ha evitato un numero ancora più elevato di decessi e contagi. L' antimalarico viene utilizzato in tutto il mondo come prevenzione per le malattie autoimmuni. Prima di somministrare il Plaquenil va fatta una visita oculistica e cardiologica per scongiurare l' insorgere di problemi. Ma se non ci fosse stata la clorochina...».