Adriana Bazzi per il “Corriere della Sera”
Dai vaccini contro il cancro (sperimentati in laboratorio da anni) ai vaccini a mRna contro il Covid-19 (messi su in quattro e quattr'otto e ora utilizzati in milioni di dosi contro la pandemia, con successo). E adesso il ritorno. Al cancro. Alberto Mantovani la chiama «immuno-revolution», la rivoluzione farmacologica che «usa» il sistema immunitario dell'organismo per combattere malattie infettive e tumori. Lui ne sa qualcosa, dal momento che è considerato uno dei più eminenti immunologi in campo internazionale.
ugur sahin e ozlem tureci inventori del vaccino
«Mi spiego meglio - precisa Mantovani, direttore scientifico dell'Istituto Humanitas di Milano e professore emerito all'Humanitas University -. Con l'arrivo del Covid-19, tutti abbiamo messo in campo le nostre competenze, acquisite con la ricerca, per arginare questa pandemia. L'esempio più interessante è quello dei vaccini a mRna (Pfizer-BioNTech e Moderna, ndr)».
Mai usati prima. È così?
«Sì è così. Ma sono allo studio da almeno una ventina di anni come arma contro i tumori. Il pioniere di queste ricerche è Christoph Huber (oncologo a Mainz, Germania, ndr), il "padre nobile" dei due ricercatori tedeschi di origine turca, Ugur Sahin e la moglie Ozlem Tureci, che hanno fondato BioNTech e hanno messo a punto il vaccino a mRna anti Covid. Ci siamo sentiti l'altro giorno, perché in Germania mi hanno appena insignito di un premio. Già a gennaio 2020 avevano visto la sequenza del nuovo coronavirus, hanno pensato di usare quello che avevano studiato contro il cancro e hanno costruito un vaccino anti coronavirus. Se siamo riusciti ad affrontare questa pandemia è perché abbiamo investito nella ricerca sul cancro».
Qual è la lezione che ci arriva dai vaccini a mRna? Il sogno di un vaccino anticancro è ancora realizzabile?
«Occorre distinguere. Quando parliamo di vaccini, intendiamo due cose diverse.
Un conto sono i vaccini "preventivi", che evitano la comparsa della malattia, come quelli anti Covid (o altre malattie infettive, ndr). Un altro sono quelli "curativi": quelli che potrebbero, in futuro, aiutare a combattere il cancro».
Una parentesi: ci sono vaccini «preventivi» anche per il cancro?
«Sì, sono due: uno è quello anti epatite B, che ha ridotto drasticamente l'incidenza di tumori al fegato (legati a epatiti B croniche, ndr). L'altro è quello contro il Papilloma virus, responsabile di tumori della cervice uterina, ma anche di altri tumori, alla gola, per esempio, che interessano anche i maschi».
Ecco: parliamo di donne. Domenica, in occasione della Festa della mamma, ci sarà la consueta vendita delle Azalee per la ricerca, promossa dalla Fondazione Airc.
«Sostenere la ricerca per trovare nuove cure è fondamentale e non solo per i tumori femminili. Ma altrettanto fondamentale è porre attenzione alla prevenzione, per tutti. La mia formula è 0-5-30. Cioè: zero fumo, 5 porzioni di vegetali e frutta nella dieta quotidiana, e 30 minuti di attività fisica al giorno. Quattro sono i cardini della lotta contro il cancro sul piano della prevenzione: oltre allo stile di vita e ai vaccini preventivi, vanno considerati l'ambiente (leggi: lotta all'inquinamento, ndr) e gli screening».
Appunto, gli screening, attività che hanno come obiettivo, grazie ai test, di intercettare tumori in fase precoce, hanno subito una battuta di arresto con il Covid-19. È così?
«Sì. Nella prima fase dell'epidemia abbiamo perso un milione e 400 mila screening, cioè non abbiamo eseguito esami per identificare, in fase precoce e quindi meglio curabili, tumori alla mammella, al colon e alla cervice uterina.
Tutto questo ha portato alla mancata identificazione di 2.000 casi di tumore alla mammella, 1.600 di tumori alla cervice uterina e 3.000 di neoplasie del colon. Ce li ritroveremo più avanti, quando saranno diventati più gravi».
Ritorniamo, però al clou dell'intervista e al «sogno» dei vaccini «curativi» anti cancro. Qual è il futuro?
«Sono almeno tre gli approcci da valutare, sempre grazie alla tecnologia dell'mRna. La prima. Identifico mutazioni del Dna del tumore, in un singolo paziente, e costruisco un vaccino capace di contrastare queste mutazioni. È una terapia super-personalizzata».
La seconda?
«Il problema, qui, è trovare un minimo comune denominatore, cioè mutazioni comuni in vari tipi di tumore e costruire un vaccino capace di intercettarle. È un approccio più ampio. E si sta sperimentando nel melanoma».
Arriviamo al terzo.
«È quello che sta più vicino al mio cuore. Si tratta di combinare varie terapie immunologiche e, per questi progetti di ricerca, che coinvolgono anche lo studio delle metastasi, abbiamo avuto finanziamenti della Fondazione Airc con i contributi del 5 per mille».