(ANSA) - Anche lievi disturbi della tiroide dovrebbero essere considerati un fattore di rischio per il cuore. A puntare l'attenzione su sintomi spesso sottovalutati è uno studio dei ricercatori dell'Università tedesca della Ruhr, basato sui dati di 1,3 milioni di pazienti.
Gli ormoni prodotti dalla tiroide controllano numerose funzioni, dalla regolazione della temperatura del corpo e il metabolismo dei grassi alla regolazione del sonno e dell'apparato cardiovascolare. Da oltre 200 anni è noto che gravi disturbi degli ormoni tiroidei possono causare problemi cardiovascolari, come l'aritmia cardiaca, perché influenzano la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa e la contrattilità del muscolo cardiaco.
Tuttavia, il rischio associato a lievi disturbi della tiroide non era finora chiaro. Attraverso una revisione sistematica di 32 studi precedenti, per un totale di dati relativi a 1,3 milioni di persone, i ricercatori hanno scoperto che l'ipotiroidismo e l'ipertiroidismo subclinici (ovvero a livelli così bassi da non manifestarsi con sintomi, ma solo tramite esami di laboratorio o strumentali) potrebbero essere utilizzati per prevedere il rischio di morte cardiovascolare. La concentrazione nel sangue dell'ormone tiroxina libera (FT4), infatti, era direttamente correlata a un aumentato rischio di morte cardiaca e altri gravi eventi cardiovascolari.
I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista scientifica Frontiers in Cardiovascular Medicine, "potrebbero aprire la strada a una strategia preventiva personalizzata" per prevenire esiti cardiaci in chi presenta forme lievi di problemi alla tiroide, spiegano gli autori guidati da Johannes Dietrich, professore presso il St Josef Hospital della Ruhr University.