1. FESTA CON BRINDISI AL POLICLINICO E NOVE MEDICI RESTANO INFETTATI
Alessia Marani per ''Il Messaggero''
Baci, abbracci e cotillon alla faccia del coronavirus. È il 3 marzo e mentre nella Lombardia, assediata dall' incubo del contagio, la situazione si avvicina al collasso e nel Lazio l' assessorato regionale alla Sanità sta facendo tutti gli sforzi possibili per attingere alle risorse necessarie ad affrontare la nuova emergenza e invitano anche i cittadini a «cambiare abitudini e comportamenti», a Roma, in una stanza del reparto del day hospital dell' Oncologia B dell' Umberto I, il più grande policlinico d' Europa, va in scena la festicciola di fine studi per una specializzanda.
Brindisi, congratulazioni, tutti stretti in un locale di piccole dimensioni, un party in corsia sprovvisto di alcuna autorizzazione. Risultato? In nove tra medici dipendenti e volontari e specializzandi, si infettano trasmettendosi il Covid-19. Tra loro c' è anche il primario.
L' INCHIESTA
È quanto emerge dall' indagine epidemiologica svolta internamente i cui esiti sono ora al vaglio della Regione. Per gli operatori sanitari coinvolti si profilano provvedimenti disciplinari severi. Inizialmente, dunque, poteva sembrare che i medici fossero risultati positivi a furia di lavorare tutti insieme, indefessi. Invece andando a verificare i link epidemiologici di ciascuno è emersa un' altra verità. «Ci siamo trovati di fronte a un comportamento gravissimo, totalmente privo di prudenza che va stigmatizzato - tuona il direttore generale dell' Umberto I, Vincenzo Panella - messo in atto da coloro che per primi dovrebbero essere consapevoli dei pericoli».
Non solo. Per il dg le conseguenze possono essere ancora più dannose per i loro pazienti: «In reparto stiamo verificando uno a uno se ci sono altri positivi tra i degenti, sottoposti a tampone, pochi i casi positivi che ora sono in isolamento domiciliare - aggiunge Panella - Ma alcuni di questi medici svolgono attività privata nelle case di cura e privatamente, quindi, non sappiamo con quante altri pazienti possano essere venuti a contatto».
UNICO LINK
L' ispezione epidemiologica ha evidenziato, dunque, che l' unico link tra i 9 infetti da Covid-19 (che, fra l' altro, stanno tutti in buone condizioni) era costituito proprio da quella festicciola con aperitivo e pasticcini che si era svolta il 3 marzo con tanto di messaggini di invito a partecipare. Proprio quando sul fronte sanitario erano già state diramate le direttive anti-coronavirus che raccomandavano a una massima prudenza. I nove contagiati, del resto, non hanno avuto, stando alle indagini ispettive, nessun altro momento di così stretto contatto, dal momento che i contagiati hanno turni diversi e la corsia è molto lunga e dispersiva.
PAZIENTI FRAGILI
La circostanza ha mandato su tutte le furie la direzione generale che pensa a sanzioni «che vanno oltre le misure previste per il mancato rispetto della profilassi anti-virus». All' Umberto I c' è anche un decimo dipendente contagiato ma per altri motivi legati a link epidemiologici con il Nord Italia e che, comunque, non era più andato al lavoro evitando quindi di mettere a repentaglio colleghi e assistiti. «Nel caso dell' Oncologia B però - conclude il direttore generale - il comportamento è stato inqualificabile a mio parere, alla luce anche del fatto che i pazienti che si rivolgono a quella struttura, gli oncologici, fanno parte della categoria dei più fragili e più vulnerabili al Covid-19. Pazienti che, a differenza di alcuni dei loro medici, non hanno nulla da festeggiare».
2. UMBERTO I, I SANITARI INFETTATI ORA RISCHIANO IL LICENZIAMENTO
Alessia Marani per ''Il Messaggero''
L' INDAGINE
I medici che hanno partecipato alla festicciola-focolaio di coronavirus all' Umberto I rischiano fino al licenziamento. La commissione disciplinare del policlinico ha 5 giorni di tempo per definire il provvedimento a carico degli oncologi contagiati dopo avere partecipato al brindisi in reparto in onore di una specializzanda che aveva terminato gli studi.
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L' esito dell' indagine epidemiologica disposta dopo che 9 tra medici e specializzandi erano risultati positivi al Covid-19, ha infatti evidenziato come l' unico momento di contatto ravvicinato fosse stato quell' incontro non autorizzato, come ha spiegato lo stesso dg Vincenzo Panella che ha stigmatizzato il comportamento dei camici bianchi, tra questi un dirigente di primo livello e non il primario, quale «gravissimo». Tuttavia, prima di arrivare alla misura estrema la commissione potrà optare per ipotesi che vanno dalla censura alla sospensione più o meno lunga dal servizio.
Intanto per la carenza di personale malato o in quarantena, l' ospedale ha chiuso i ricoveri «fino a data da definire» nella Oncologia B, dimettendo i pazienti o accogliendoli in altre aree mediche. Ieri i locali del VII Padiglione sono stati sanificati. Non solo. Casi positivi ci sarebbero anche nella Reumatologia, attigua all' Oncologia. Così la preoccupazione tra il personale ospedaliero sale.
LE PROTEZIONI
Da giorni viene denunciata la carenza di mascherine e di dispositivi di protezione individuale adeguati e quando i primi sono arrivati, i dipendenti erano ammassati per approvvigionarsene in un unico punto di distribuzione. «Abbiamo visto il compagno di una delle colleghe positiva, aggirasi nelle cliniche come se nulla fosse, ed è un anestesista», raccontano nella cittadella della Salute. I sanitari coinvolti e altri loro colleghi ritengono, piuttosto, che quella della festa, una «consuetudine» tra medici e universitari, sia stata solo una «sfortunata coincidenza» e che l' origine del cluster vada trovata altrove.
«Il viurs è ambientale e i medici lasciati senza protezione, soprattutto in quei giorni, sono stati facilmente soggetti al Covid, la festa non c' entra», dice Giuseppe Lavra, segretario Cimo medici. Del resto, in quegli stessi giorni di inizio marzo anche l' attività delle riunioni usuali stavano proseguendo senza particolari limitazioni. Ma lo spettro del Covid-19 si stava facendo sempre più concreto con gli inviti delle autorità nazionali a limitare baci, abbracci e a modificare la socialità.
Tuttavia, all' Umberto I, c' era ancora voglia di festeggiare. Adesso, però, il timore è che proprio da certi comportamenti assunti con disinvoltura, complice la promiscuità degli ambienti accessibili a volontari e studenti, e la carenza di mascherine FFp2 e Ffp3, sia messa a repentaglio la salute dei pazienti ma anche dei familiari degli stessi operatori. Timori che non riguardano solo l' Umberto I ma che interessano tutti gli ospedali romani dove si stanno registrando altri casi positivi tra i sanitari, tra cui un primario al Sant' Andrea e un infermiere al Casilino. A turbare gli operatori vi è anche la direttiva regionale per cui i medici e i sanitari venuti in contatto con pazienti risultati positivi, ma asintomatici, possano comunque restare in servizio.
«Così invece di tutelare la prima linea nella lotta al Covid-19 - afferma Guido Coen Tirelli, segretario regionale Anaao Assomed - ci trasformano in potenziali untori». Il NurSind, il sindacato degli infermieri, mostra le ultime mascherine arrivata: «Hanno la stessa consistenza dei sottili panni antipolvere - spiega Stefano Baroni - inoltre i capisala ne contingentano l' uso e addirittura le tengono sottochiave».