Maria Rita Montebelli per “il Messaggero”
Tutti conoscono la pericolosità della pressione alta, ma pochi la misurano con costanza. Molti altri poi, pur sapendo di essere ipertesi, si accontentano di abbassarla un po' senza arrivare all'obiettivo indicato dalle linee guida europee, che è 130/80 mmHg.
E, a complicare le cose, c'è il fatto che per riportare a livelli ragionevoli la pressione è in genere necessario assumere due o più molecole diverse. La maggioranza inizia la terapia e si ferma a una sola compressa.
IL TRATTAMENTO
Oggi una possibile soluzione al problema potrebbe venire dalla polipillola, cioè dal racchiudere diverse molecole in un'unica pillola. Se ne parla da vent' anni ma adesso il Quartet, studio di fase 3 presentato all'ultimo congresso della Società europea di cardiologia e pubblicato su Lancet, conferma la validità di questa strategia.
Il lavoro è stato condotto in Australia su 591 pazienti ipertesi, che sono stati scelti per ricevere una polipillola, contenente quattro farmaci antipertensivi (irbesartan, amlodipina, indapamide, bisoprololo) a bassissimo dosaggio, o il trattamento con una singola molecola. A distanza di 12 settimane, i soggetti trattati con la quadpillola mostravano un buon controllo pressorio nell'80% dei casi, contro il 60% del gruppo dei pazienti trattati con un solo farmaco.
«Il nostro studio commenta Clara Chow dell'Università di Sydney è stato il primo a dimostrare che i benefici della polipillola si mantengono a lungo, anche a distanza di un anno, senza mostrare flessioni». Gli autori concludono che una strategia di trattamento precoce con un'associazione di quattro molecole ad un quarto del loro dosaggio pieno è in grado di ottenere e di mantenere nel tempo un miglior controllo rispetto all'approccio abituale, consistente nell'iniziare con un farmaco antipertensivo.
LE LINEE GUIDA
Questa nuova strategia è indirettamente supportata anche dalle ultime linee guida dell'Organizzazione mondiale della sanità, pubblicate questa settimana, che consigliano di iniziare la cura con un'associazione di almeno due molecole, anziché una sola.
«Nei Paesi che hanno a disposizione centri specialisti di alto livello e dove i pazienti hanno accesso a tutti i farmaci esistenti commenta Emily Atkins dell'Università di Sydney un risultato come quello ottenuto da questo studio potrebbe tradursi in una riduzione del 20% del rischio di infarti e ictus».
In Italia, a soffrire di pressione alta è circa il 30% delle donne e il 40% degli uomini, sei su dieci neppure lo sanno (la pressione alta spesso è asintomatica e per questo non ci si ricorda di misurarla), solo poco più della metà è in trattamento.
A raggiungere l'obiettivo del 130/80 è solo un'ipertesa su tre e un iperteso su quattro. Una situazione questa che mette in grave pericolo i pazienti perché l'ipertensione è il più importante fattore di rischio per infarto e ictus, le principali cause di morte nei Paesi occidentali.