Paolo Russo per “la Stampa”
«Nella gestione dell' emergenza la grande assente è stata la medicina del territorio, che avrebbe dovuto impedire il collasso degli ospedali». I medici ospedalieri travolti dall' assalto dei pazienti Covid lo vanno ripetendo da tempo. E, con loro, scienziati del Cts, esponenti del governo e persino i governatori, che qualche responsabilità in merito ce l' hanno eccome.
Adesso a frustare le Regioni è la Corte dei Conti, che nel suo report presentato al Parlamento fa un bilancio impietoso sulla mancata attuazione di quelle misure che avrebbero dovuto scavare la prima trincea da contrapporre al virus. Perché i piani per rafforzare l' assistenza sul territorio li hanno presentati poco più della metà delle regioni. Ancora di meno sono quelle che hanno realizzato le Usca, le unità speciali di medici e infermieri, che avrebbero dovuto portare assistenza a casa dei positivi in isolamento domiciliare, 800mila persone che spesso non sanno a che santo rivolgersi.
Visto che ora ci si è messo anche il Tar del Lazio a dire che no, tra i compiti dei medici di famiglia non rientra quello di far visita a casa dei malati. E sulla carta è rimasta anche la figura dell' infermiere di famiglia, che avrebbe dovuto fare da "sentinella sanitaria" dei positivi reclusi in casa e dei malati cronici in generale.
Su una cosa però le Regioni sono state solerti: nell' assumere personale, magari in larga parte precario. Ma con oltre 36mila contratti firmati a sanitari richiamati anche dalla pensione un po' di consenso elettorale è stato assicurato a chi le governa.
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Poi cosa siano finiti a fare 7.650 medici, 16.570 infermieri e altre 12.115 figure professionali sanitarie varie è lecito domandarselo, visto che la linea Maginot del territorio che sarebbero dovuti andare in larga parte a rafforzare è rimasta spesso scoperta. «A fine ottobre - è la prima frustata dei magistrati contabili-solo 13 regioni avevano presentato un piano per la revisione dell' assistenza territoriale», come previsto dal Decreto agosto, che proprio per questo aveva stanziato 734 milioni, ricorda sempre la Corte.
Che la seconda frustata alle regioni la sferza denunciando la defaillance nell' attuazione dei piani regionali per il recupero delle liste di attesa, che si sono accumulate durante la prima ondata. Qualcosa come un milione di ricoveri saltati, 600mila interventi chirurgici rinviati sine die, 12 milioni e mezzo di esami diagnostici e 14 milioni di visite specialistiche annullate. C' era di che rimboccarsi le maniche.
Eppure «solo 12 regioni - rivela il report - hanno provveduto». Mentre, al 31 ottobre, «mancavano i piani di Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Lombardia, Bolzano, Piemonte, Puglia e Sardegna». Così chi ha saltato il turno rischia di dover rinunciare per sempre. Salvo pagare nel privato. La Corte ammette infatti che «dato l' attuale andamento dei contagi è difficile che si possa effettivamente compiere il recupero delle prestazioni mancate nei mesi del primo lockdown».
Eppure anche per le liste di attesa il decreto agosto aveva stanziato altri 500 milioni. Altra nota dolente le Usca. «Che ben avrebbero potuto rappresentare uno strumento di assistenza sul territorio, anche in grado di alleviare la pressione sugli ospedali». Ma nonostante alcune regioni si siano date da fare, «la media nazionale di Usca attivate è inferiore al 50%».
Ultimo j' accuse è quello sull' infermiere di famiglia. I numeri di quest' altra débâcle ce li fornisce la Fnopi, la federazione degli ordini infermieristici. Dei 9.600 infermieri, da assumere con gli 818 milioni stanziati per il biennio 2020-21 dal solito decreto di agosto, ne sono stati arruolati a malapena il 10%, meno di un migliaio. Eppure dovevano servire a coadiuvare le Usca nel tracciamento dei contatti a rischio dei positivi, a fare assistenza a domicilio a malati Covid e non, controllare l' aderenza alle terapie. Che ci siamo fatti trovare impreparati dalla seconda ondata non è un' accusa, ma la semplice constatazione dei fatti.
paziente di coronavirus in ospedale gallera fontana CORONAVIRUS - CAMICI PER GLI OSPEDALI