Mauro Evangelisti per "il Messaggero"
In un mese anche in Italia l'incidenza della variante Delta è decuplicata. Ammette il generale Francesco Figliuolo, commissario per l'emergenza: «Preoccupa tutti, ma sappiamo che statisticamente le persone che hanno ricevuto tutte e due le dosi sono protette dall'ospedalizzazione». Il professor Guido Rasi, ex dirigente di Ema, avverte: «Sta colpendo molto di più gli under30, i meno vaccinati. Ma la verità sulla diffusione della variante Delta in Italia la scopriremo per ultimi, perché non sequenziamo». Si tratta di un problema che ci trasciniamo da inizio pandemia: l'Italia non riesce a sequenziare, vale a dire ad analizzare con tempestività la mutazione del virus tra i casi positivi, come invece fa il Regno Unito.
STRETTA
Il ministro della Salute, Roberto Speranza, valuta con attenzione l'andamento della situazione, per ora ha condiviso scelte come l'addio alle mascherine all'aperto, ma nel Cts c'è una parte dei componenti preoccupata che avrebbe mantenuto l'obbligo. Ieri si è parlato di un vertice tra Speranza e Locatelli (coordinatore Cts) sulla variante Delta, ma fonti del ministero l'hanno smentito. Vero è però che si vuole rafforzare il sistema dei controlli, dei tamponi, del tracciamento e, soprattutto, del sequenziamento. A livello di Unione europea, da giorni, Angela Merkel, cancelliera tedesca, chiede di limitare nei Paesi Ue l'accesso dei viaggiatori di Nazioni in cui c'è un'alta diffusione della Delta, a partire dal Regno Unito.
Ma cosa significa che la variante Delta in un mese è decuplicata? Immaginate una torta molto grande che rappresenta i casi di contagiati dal coronavirus, e un fetta molto piccola, l'1 per cento dell'intero dolce, che indica coloro che hanno preso la variante Delta. Trascorre neppure un mese e la torta diventa più piccola, in totale i nuovi casi positivi diminuiscono, ma la fetta specifica della variante Delta cresce velocemente, ora rappresenta, soprattutto in alcune aree, almeno il 10 per cento del totale ed entro agosto si amplierà fino ad avvicinarsi al 100 per cento.
RICERCA
C'è molta attesa per la nuova indagine che sta concludendo l'Istituto superiore di sanità, che appunto solo tre settimane fa parlava dell'1 per cento. Ancora l'elaborazione della statistica non è conclusa, ma che siamo sopra il 10 per cento viene dato per scontato (il Financial Times ha parlato del 26 per cento). In questa fase sono tre i Paesi europei in cui la curva del contagio è schizzata verso l'alto a causa dell'indiana, che si trasmette con una velocità superiore al 40-50 per cento rispetto all'inglese che già era molto più contagiosa della versione iniziale di Sars-CoV-2. C'è il Regno Unito, che ha toccato il record di 16mila casi giornalieri, ma c'è anche la Russia, dove i vaccinati sono pochi.
TIFOSI ALLO STADIO DANIMARCA BELGIO
Il terzo paese, il Portogallo, preoccupa molto perché è l'unico per il quale (essendo all'interno dell'Unione europea) di fatto non esistono limitazioni ai viaggi. Lisbona ora sta reintroducendo delle limitazioni (comunque non severe), l'auspicio è che non sia il trailer di quello che potrebbe succedere in Italia. Ma segnali arrivano da mezza Europa, in Finlandia, dove la Delta ha causato dei cluster all'interno di quattro ospedali (dei 98 casi 18 operatori sanitari e 42 pazienti avevano ricevuto almeno una dose di vaccino e dei pazienti deceduti, il 70,6 per cento aveva ricevuto almeno una dose (uno ne aveva ricevute 2); in Danimarca ci sono cinque casi tra gli spettatori (tutti senza mascherina) della partita degli europei contro il Belgio e ora partiranno i test di massa. E l'Italia? In Campania sono 82 gli infetti da variante Delta, due ricoverati in ospedale.
«Il 10 per cento di questi avevano già fatto una dose di vaccino, ma solo un paio di giorni prima dell'infezione», questo il quadro della variante Delta in Campania delineato da Antonio Limone, direttore generale dell'Istituto Zooprofilattico. In Abruzzo tornano ad aumentare i casi (40) e 5 sono di variante Delta. In Emilia-Romagna c'è attenzione sul cluster della variante Delta trovato tra i lavoratori del settore della logistica nella provincia di Piacenza (e in parte nella confinante provincia lombarda di Cremona).