Chiara Baldi per “la Stampa”
«Mi aspettavo che prima o poi potesse saltare fuori qualcosa di diverso rispetto a quello che avevamo capito e scoperto finora, ma allo stato attuale siamo ancora allo stesso tipo di situazione delle settimane scorse: il grosso del “guaio” nell’emergenza Covid, lo ha fatto il ceppo che arrivava dalla Germania».
Non ha dubbi su questo Massimo Galli, direttore del reparto Malattie infettive del Sacco di Milano, che da mesi sta studiando l’origine del coronavirus in Italia con lo “Scire”, acronimo di “Sars Cov2 initiative research enterprise”, un gruppo di studio formato da 22 centri di ricerca italiani.
Galli martedì sera, intervenendo a “Cartabianca”, aveva rivelato che a Padova «è stata isolata una sequenza del Coronavirus non legata al ceppo tedesco ma che somiglia vagamente a quella dei due coniugi cinesi curati al Centro Spallanzani di Roma».
Professore, che cosa vuol dire?
«È molto semplice. Purtroppo noi non avremo mai la certezza assoluta che il ceppo che ha dato il via all’epidemia Covid in Italia sia quello tedesco. Ma che in Europa siano arrivati due ceppi molto simili, entrambi da Shangai, è davvero molto improbabile.
Per cui non possiamo escludere che nel nostro Paese possano esserci altri ceppi di virus che però, al momento, non hanno causato la stessa situazione drammatica di quello arrivato dalla Germania».
Come siete arrivati a isolare questo secondo ceppo del virus?
«Stavamo lavorando su 59 sequenze che sono tutte risalenti alla prima fase epidemica in Italia. Sequenze prelevate soprattutto nelle prime settimane di diffusione, tant’è che tutte queste, tranne una, sono imparentate tra loro. E ci dicono, queste 58 sequenze, che il grosso dell’infezione italiana viene dalla stessa fonte, che è vero similmente quella tedesca».
LA COPPIA DI CINESI RICOVERATA ALLO SPALLANZANI
E la cinquantanovesima?
«È quella di un signore padovano di una certa età, molto stanziale, abitudinario, senza alcun contatto né con viaggiatori che arrivavano dalla Cina né con cinesi. È un paziente ricoverato alle Malattie infettive del Policlinico di Padova. È emerso che aveva un virus diverso da quello delle altre sequenze. Diverso,ma vagamente somigliante a quello dei due cinesi di Wuhan ricoverati allo Spallanzani di Roma.
Ma da quanto è stato ricostruito nei mesi scorsi, questa coppia non si è minimamente sognata di andare a Padova o Venezia: è sbarcata a Malpensa e da lì si è diretta a Roma. Dove appunto è stata ricoverata. Per cui quando abbiamo isolato questa sequenza siamo rimasti un po’ sorpresi».
E come se la spiega?
«Con quella che chiamerei “l’ipotesi della banalità” e cioè che sia anche possibile che in questi mesi sia stato presente più di un ceppo, ma questo che abbiamo isolato su Padova non è stato per nostra fortuna altrettanto contagioso e diffuso come quello arrivato dalla Germania. In questi casi l’unica cosa che possiamo fare è lavorare molto, studiare molto e non innamorarci delle ipotesi altrimenti rischiamo di prenderecantonate».
In queste settimane molti suoi colleghi hanno spiegato che il virus è finito e che possiamo goderci l’estate. Vero?
«Temo che forse è stato detto troppo a favore di una certa rilassatezza sottolineando con frequenza che il virus si fosse indebolito. Poi però sono venuti fuori una serie di focolai che dimostrano che in realtà non si è indebolito per niente. L’autunno è lontano e non so cosa capiterà, di certo però dobbiamo essere preparati a qualunqu evenienza».
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