#Report è riuscita a ottenere la lista delle aziende italiane che comprano #latte estero: da anni un funzionario del ministero della Salute ne impedisce l’accesso. pic.twitter.com/K29BgOaHux
— Report (@reportrai3) November 25, 2019
Formaggi dop, come controllare i controllori?
Scoprire se nelle produzioni casearie di origine protetta (Dop) finisce #latte straniero non è per niente semplice.#Report pic.twitter.com/V7pMw8NVJJ
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Andiamo a "Forme", fiera casearia di Bergamo. Dopo qualche domanda sull'origine del #latte arriva lo staff, dicendo di doverci seguire #Report pic.twitter.com/FL9F9FY6U8
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Dopo una lunga battaglia legale che ha visto diversi passaggi, la lista che Report ha avuto in esclusiva, è stata consegnata anche a Coldiretti, ma è del 2017, periodo nel quale venne fatto il primo accesso civico dell’associazione agli atti del Ministero, ed è riferita a soli 3 mesi, da marzo a giugno.
Chi parla a Report del segreto sulla lista è Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, il quale dichiara: “Tu puoi utilizzare latte proveniente dalla Romania, però devi scrivere che è latte rumeno. Questo noi vogliamo. Il massimo della trasparenza”. Alla domanda della giornalista su chi sia il dirigente del Ministero che abbia messo concretamente il segreto sulla lista la risposta è stata: “Silvio Borrello”.
Report ha quindi intervistato Silvio Borrello, direttore generale della Sanità animale del Ministero della Salute, il quale ha, tra le altre cose, dichiarato:”Io non posso dare dei dati che lei come cittadino mi affida. Sono dei dati eh anche.... eh privati... commerciali”. Alla domanda della giornalista sul perché non abbia ottemperato alla sentenza del Consiglio di Stato che gli imponeva di assicurare l’accesso alla lista “senza indugio”, nonostante anche la pressione di alcuni ministri, Borrello ha risposto che “i provvedimenti li firma il direttore generale e se io faccio un danno economico come è stato paventato da alcune industrie che hanno detto che non volevano l’ostensione dei dati... mi hanno in qualche modo avvisato che avrebbero fatto una richiesta di risarcimento danni”.
Nella lunga lista saltano agli occhi molti grandi marchi, catene di distribuzione discount, ma anche caseifici di media e grossa produzione che producono oltre ai formaggi DOP anche i cosiddetti “similari”. Si tratta di migliaia di aziende italiane.
In sintesi il contenuto che Report ha estratto dalla lista:
Galbani acquista tonnellate di cagliate lituane, creme di latte dalla Spagna, mozzarelle dalla Francia. Dice che le cagliate sono solo l′1% delle loro produzioni le utilizzano per formaggini e mozzarelle per la ristorazione, e riportano l’origine in etichetta
Prealpi: tonnellate di formaggi e cagliate dalla Germania, formaggi a pasta dura persino dalla Finlandia, mozzarelle dalla Danimarca. Ci ha scritto che mette l’origine in etichetta.
Granarolo compra latte dalla Francia, dalla Repubblica Slovacca, dalla Slovenia e dall’Ungheria.
Il gruppo Newlat che significa Giglio, Polenghi, Torreinpietra, tonnellate di latte crudo dall’Ungheria.
Parmalat di Collecchio compra tonnellate di latte crudo dalla Slovenia, Belgio, Croazia, Ungheria, Repubblica Slovacca e grattugiati dalla Polonia equivalenti a circa il 30 % di tutta la sua produzione, e lo indica in etichetta.
Poi ci sono i produttori di mozzarelle Francia e Cuomo che dalla Germania comprano le mozzarelle. Francia dice che commercializza prodotti a marchio tedesco in Italia e che le mozzarelle tedesche sono destinate alla ristorazione.
Poi ci sono anche i caseifici del Grana Padano che oltre la produzione DOP fanno i grattugiati misti e acquistano latte e formaggi da Germania, Polonia, Ungheria. Quelli del Parmigiano acquistano da Lituania e Lettonia.
A domanda rispondono che “utilizziamo il prodotto straniero solo per i formaggi generici”. Se è tutto trasparente allora qual è la difficoltà a parlarne? Il sospetto, sostiene Report, è che si sia voluto per decenni coprire questo segreto: tonnellate e tonnellate di latte straniero importato, e per coprirne la provenienza si è mentito sulla produzione di latte nazionale, falsificando i dati, facendo multare l’Italia per 4,5 miliardi di euro e mettendo in ginocchio migliaia di allevatori onesti.