Fabio Di Todaro per “la Stampa”
Birra, vino, cocktail, superalcolici. Uno tsunami alcolico che, in apparenza, «accende» il cervello. Ma che in realtà lo colpisce. Senza pietà.
L' ubriacatura coinvolge sempre più persone, a cominciare dai giovani, e ci fa ammalare. E spesso uccide. «E' l' alcol a generare i rischi per la salute, non la bevanda che lo contiene», spiega Emanuele Scafato, direttore dell' Osservatorio alcol dell' Istituto Superiore di Sanità.
Sono proprio gli «under 18», assieme ad anziani e donne, il «target» più vulnerabile. Noi italiani siamo tra i maggiori bevitori d' Europa: il 42,3% delle ragazze e il 52,5% dei ragazzi (dagli 11 ai 25 anni) ha consumato almeno una bevanda alcolica in un anno.
«L' alcol è una delle sostanze psicoattive più utilizzate dai nostri figli - commenta Scafato -. La maggior parte vi si avvicina troppo presto, spesso prima dei 12 anni, in genere lontano dalla famiglia».
Sos sballo. I giovani prediligono il «binge drinking», l' ubriacatura veloce, mirata allo «sballo», che li porta a consumare cinque-sei drink in successione. Eppure - ammoniscono gli specialisti - l' alcol non dovrebbe essere toccato prima dei 18 anni e con cautela prima dei 21.
L' incapacità fisiologica dell' organismo di metabolizzarlo lo rende un rischio immediato: per lo sviluppo del cervello prima ancora che per il fegato.
E l' invito alla prudenza dovrebbe essere ancora più esteso. «E' dimostrato un pericolo di danno cerebrale fino a 25 anni: si manifesta con deficit di memoria e orientamento», dice l' esperto. Motivo per cui «non bisognerebbe mai mettersi alla guida dopo aver bevuto».
I meccanismi del danno. A essere tossici per il cervello sono l' etanolo e il metabolita acetaldeide, in grado di provocare danni permanenti, strutturali e funzionali. Le due molecole, agendo come un detergente, possono sciogliere i grassi che danno stabilità alle membrane dei neuroni. La conseguenza è il danno irreversibile, fino alla morte, delle cellule cerebrali.
Non solo. L' abuso di alcol è anche associato alla carenza di tiamina, portando alla sindrome di Wernicke-Korsakoff: è una forma di demenza che si manifesta come conseguenza del deficit di alcuni micronutrienti.
Il troppo alcol, poi, è associato alla demenza vascolare, visto il legame con fattori di rischio come ipertensione, ictus cerebrale, fibrillazione atriale e scompenso cardiaco. Se si smette di bere, comunque, il processo di degenerazione è parzialmente reversibile, anche se la «ricostruzione» non si instaura subito. A svelare questo aspetto è stato uno studio sulla rivista «Jama Psychiatry», svelando come le lesioni cerebrali possano verificarsi fino a un mese e mezzo dopo aver bevuto l' ultimo bicchiere.
Dal confronto tra ex bevitori e non è emerso, infatti, che le modificazioni della sostanza bianca si perpetuano dopo aver smesso di consumare alcolici. La maggiore vulnerabilità si riscontra a livello del corpo calloso e della fimbria, strutture deputate alla connessione tra aree del cervello coinvolte nella formazione dei ricordi, nel sistema di ricompensa (è qui che si innesca il meccanismo del bere compulsivo) e nella maturazione delle decisioni.
Aspetti che riguardano tanto i giovani (il cui cervello è in formazione) quanto gli anziani (per età già esposti a un rischio più alto di sviluppare disturbi psichiatrici e malattie neurodegenerative).
Il problema delle soglie. Meno alcol si beve, meglio è: ecco la regola d' oro. A tutte le età. Di certo la quantità di alcol nel sangue da non superare per non influenzare lo stato di vigilanza necessario per guidare in modo sicuro cambia in funzione di fattori come sesso, peso, altezza, età, stato di salute e condizioni di riposo. Se il limite per i conducenti con meno di 21 anni, per i neopatentati (per i primi tre anni) e per chi lavora al volante è pari a zero, quello che riguarda gli adulti viene raggiunto con due «unità alcoliche» per le donne e tre per gli uomini.
Ovvero ingollando circa 12 grammi di etanolo: il contenuto di un bicchiere di vino (125 millilitri, a 12 gradi) o di una lattina di birra (330 millilitri, a quattro gradi) o di una dose di superalcolico (40 millilitri, 40 gradi).
Il concetto-chiave, però, è ancora più stringente: non esistono soglie di consumo sicure. Né è possibile parlare di benefici reali, determinati da un consumo moderato, come dimostra uno studio su «The Lancet»: anche cinque-sei bicchieri di vino o birra a settimana possono accorciare la vita. A questo Sos occorre aggiungere che le bevande alcoliche sono considerate il primo fattore di rischio per le demenze.
Sos tumori. E non basta. Purtroppo. L' etanolo - assieme al metabolita acetaldeide - è una sostanza cancerogena. Sono gli organi dell' apparato digerente i più vulnerabili: a partire dal colon-retto (nei consumatori moderati), fino all' esofago, allo stomaco, al fegato e al pancreas (nei forti bevitori).
«Ma esiste anche una relazione tra l' incremento delle quantità di alcol e le probabilità di ammalarsi di tumore al seno - conclude Scafato -.
Nelle ragazze e nelle donne il rischio che corre chi beve rispetto a chi non beve cresce del 7% per ogni bicchiere in più rispetto alla soglia di 10 grammi di etanolo al giorno e aumenta fino al 27%, se il tessuto presenta i recettori agli estrogeni».
La probabilità, così come per gli altri cancerogeni, è proporzionale all' esposizione. Ma il monito vale anche per i consumatori occasionali: non esistono livelli di consumo sicuri correlati al rischio oncologico. Conclusione: l' alcol è un nemico insidioso.
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