Alessandra Muglia,Irene Soave,Marta Serafini per il "Corriere della Sera"
Meno del 2% degli africani, contro il 70% dei londinesi, ha ricevuto una dose di vaccino: le due mappe della diffusione del Covid-19 a un anno e mezzo dall' inizio - la mappa dei focolai e quella, speculare, dei vaccinati - ricalcano l' annosa geografia delle diseguaglianze. Mentre i Paesi ricchi riaprono, a buon punto in campagne vaccinali bene avviate, la maggior parte degli altri si trova ancora nel pieno di picchi pandemici letali: così si muore in Argentina e Uruguay, in Congo e Uganda, nei Paesi del Golfo.
Stenta a ingranare, per mancanza di fondi, anche il programma Covax delle Nazioni Unite, a cui pure gli Stati Uniti destineranno la gran parte dei 25 milioni di dosi che prevedono di donare nei prossimi giorni. Lo ha annunciato ieri la Casa Bianca: entro luglio, in più riprese, gli Usa doneranno 80 milioni di dosi. Ai leader del G7 riuniti a Londra è giunto un appello firmato da 230 omologhi dal resto del mondo, da Ban-Ki Moon a Gordon Brown, che chiedono loro almeno i due terzi dei 66 milioni di dollari necessari a vaccinare i più poveri.
Ottimismo generale. Le campagne vaccinali in tutta Europa sono decollate dopo le prime settimane di lentezza; nell' Unione si somministrano 0,73 dosi al giorno ogni cento abitanti, più del doppio che negli Usa che erano, però, partiti prima. Né negli Stati Uniti, né in Europa (né in Canada che al momento di stringere i contratti con le case farmaceutiche si era assicurato, e per primo, un numero di dosi triplo rispetto al fabbisogno della popolazione) c' è più un problema di approvvigionamento di vaccini. Le sacche di resistenza - come la Romania o alcune aree rurali degli Stati Uniti - si devono piuttosto a esitanza vaccinale.
Uno studio su 33 Paesi svolto dalla rivista accademica Vaccines evidenzia come tra i Paesi con un minor tasso di fiducia nei vaccini ci siano quelli occidentali. Agli ultimi posti nella classifica ci sono la Russia (solo il 55% degli interpellati si dice «fiducioso nei vaccini»), la Polonia (56%) ma anche gli Stati Uniti e la Francia (57% e 59%). Malesia, Indonesia e Cina hanno invece i tassi più alti di fiducia (sopra il 90%).
Mentre il Nord America risale la china, non migliora la curva dell' America Latina. Povertà, pochi vaccini, scarsa lungimiranza politica e deboli strutture sanitarie: così negli ultimi cinque mesi i decessi nel continente sudamericano sono raddoppiati.
Se si vanno a guardare i contagi giornalieri per milione di persone, la bandiera nera va all' Uruguay con 1.212 casi giornalieri per milione di abitanti, segue la Colombia con un aumento del 28% rispetto alle ultime settimane. Il governo peruviano, in piena campagna elettorale per le presidenziali, ha dovuto rivedere il bilancio dei decessi in eccesso: si pensava fossero stati 68.000 morti fino al 22 maggio, sono invece 180.764.
L' Oms riferisce anche che l' Argentina ha avuto più di 3,5 milioni di casi dall' inizio della pandemia e recentemente ha più di 30 mila nuove infezioni al giorno. Contagi raddoppiati a Panama, Belize ed El Salvador nell' ultima settimana.
Non va meglio sul fronte dei vaccini. Secondo il Paho, la divisione panamericana dell' Oms, solo il 3% dei latinoamericani è stato vaccinato.
Qualche speranza: 2 milioni di dosi in arrivo verso Perù, Paraguay, Guatemala e Colombia. Nel pacchetto promesso dagli Usa circa 6 milioni di dosi andranno all' America centrale e meridionale, escludendo però il Venezuela, già messo a dura prova dalla crisi economica e politica. In Brasile (che ancora registra 292.91 casi giornalieri per milione di abitanti, e che resta uno dei Paesi più colpiti al mondo), rimangono i sospetti sull' operato del governo Bolsonaro, accusato di aver ritardato l' acquisto dei vaccini.
Secondo le informazioni ufficiali, ad oggi 45 milioni di brasiliani hanno ricevuto la prima dose e 20,7 milioni la seconda, su 211 milioni di abitanti.
Se lo «tsunami» che ha travolto l' India si è indebolito, nei Paesi vicini la situazione resta critica. Bangladesh e Sri Lanka sono in piena terza ondata e le Maldive sono diventate il secondo Paese al mondo per nuovi casi giornalieri in rapporto alla popolazione (1.091,5 per milione di abitanti), dopo l' Uruguay.
Dal Vietnam, dove i casi sono pure in salita, arriva l' ultima, preoccupante variante identificata del Covid-19, in realtà una mutazione di quella indiana, ribattezzata Delta che è il 40% più trasmissibile, secondo il governo di Londra, e anche più resistente al vaccino Pfizer. È allarme anche per l' impennata di casi in Birmania, dove le strutture sanitarie sono al collasso dopo il golpe di febbraio.
Mentre le infezioni aumentano, molti governi asiatici non riescono a garantire vaccini in massa: la situazione si è complicata dopo lo stop alle esportazioni deciso dall' India. Giappone e Corea del Sud stanno correndo ai ripari, tentando di imprimere una forte accelerazione alle loro campagne vaccinali. Quella sudcoreana solo di recente ha raggiunto l' India, dove il 12% di persone ha ricevuto la prima dose. Il Giappone, dove pure le autorità confermano la partenza dei Giochi Olimpici il 23 luglio, rimane ancora più indietro (l' 8%).
In altri Paesi i contagi esplodono nonostante la gran parte della popolazione sia già stata immunizzata: in Bahrein si contano più di 2 mila casi giornalieri nell' ultima settimana anche se il 56% degli abitanti ha ricevuto la prima dose e il 47% pure la seconda; negli Emirati altrettanti contagi con oltre metà della popolazione immunizzata con la prima dose, e oltre il 40% completamente. Evidentemente il vaccino usato, il cinese Sinopharm, non ha stimolato sufficienti anticorpi. Le autorità sono corse ai ripari introducendo una terza dose di Pfizer-BioNTech.
Resta preoccupante la situazione in Africa, dove soltanto il 2% degli abitanti ha ricevuto la prima dose: il virus ha ripreso quota (+20% dei casi nelle ultime due settimane, con picchi in Congo +149,5% e Uganda +131%) nel continente meno immunizzato del mondo, terreno fertile per il proliferare di varianti che mettono a rischio anche la sicurezza dei Paesi vaccinati.