Paola D'Amico per "www.corriere.it"
Lockdown: non c’è più l’effetto sorpresa
ansia e stanchezza da lockdown
L’istituzione di zone rosse o un nuovo lockdown generalizzato preoccupano. Ed è bene capire come affrontare la situazione nel migliore dei modi. Va fatta una premessa, come spiega Erica Poli, psichiatra, psicoterapeuta e criminologa: «L’Oms ha coniato un nuovo termine, pandemic fatigue, sindrome da iperstanchezza cronica correlata alla pandemia. E un secondo lockdown, se non ci prepariamo psicologicamente, potrebbe rivelarsi peggio del primo, che era un evento inatteso e traumatico ma è arrivato su persone che conservavano alcune risorse».
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C’è infatti chi è riuscito a difendersi dal trauma «prendendo il buono che il lockdown poteva offrire, come i ritmi più lenti, fare colazione in pace e non di corsa al bar, stare a casa di più invece che sui mezzi pubblici per un’ora e mezza al giorno. Ma il secondo lockdown - continua Poli - arriva su un terreno già provato dai mesi precedenti in tanti modi: la paura, la malattia, i lutti, le immagini viste, il martellamento mediatico continuo, la crisi economica. Insomma, un terreno decisamente inquinato dal punto di vista psichico»
Chi nega la pandemia
C’è chi segue le derive complottiste, dice che «non è vero nulla» e piuttosto che indossare la mascherina è pronto a rischiare una sanzione. La trasgressione, spiega ancora Erica Poli, «è una difesa universale che ad alcuni è utile per togliere di mezzo quello che non vuole vedere».
Ma alla lunga la negazione «rischia di farti fare una rovinosa caduta nella realtà e arrivare impreparato». Il suggerimento a questa categoria di persone è di «cominciare ad accogliere a piccole dosi non tanto le notizie che spesso sono contraddittorie ma il fatto che viviamo in un momento incerto». Queste persone mal tollerano incertezza e confusione. Vanno aiutate ad accogliere il fatto che nella vita esiste l’incertezza. «Questo aiuterà il loro sistema immunitario, perché la persona che vive questo stato di negazione è in costante lotta, il suo asse ipotalamo-ipofisi-surrene-cortisolo si alza, il suo sistema simpatico è sempre attivo. La persona è iperattiva, carica di energia ma alla lunga questo non fa bene al suo corpo».
Spegnere i social per qualche ora durante la giornata, accettare la confusione «e lasciare che emergano nuovi spunti, cose che non avevano visto, dare spazio alla creatività». Uscire dalla cosiddetta tunnel vision, che portava a vedere le cose a senso unico.
Per chi ha (troppa) paura
C’è chi è terrorizzato dal virus. Vive il nemico invisibile senza barriere. «Sono coloro che hanno il baricentro psichico spostato all’esterno, sono alla costante ricerca di fonti attendibili e autorevoli alle quali delegare il loro pensiero, dare in mano la responsabilità delle posizioni che prendono. In una situazione di bombardamento mediatico, ogni cosa che ascoltano li penetra come una lama - continua Poli - ma attenzione perché la troppa paura paralizza, è facile che si tramuti in angoscia».
L’angoscia è la paura senza nome, senza oggetto, il virus è ovunque. «Sono le persone che a giugno, finito il lockdown, sono entrate nella “sindrome della capanna”, non uscivano più di casa. Vivono il senso dell’impotenza. Una situazione psichica molto dannosa. A differenza dei primi, attivano il sistema parasimpatico, quello della branca dorsale, la difesa più arcaica, quella dell’animale che si finge morto. Diventano apatici, stanchi, perdono l’entusiasmo, si alienano».
Il consiglio è cercare le risorse che tutti abbiamo nella nostra vita: «Se ho un lavoro, oppure una famiglia, un amico, un libro che amo, la musica, se mi piace cantare, cucinare, se amo fare ginnastica: devono “ripopolare il campo” con risorse che siano nutritive per loro, che giorno dopo giorno diano un pochino di energia, per contrastare l’invasione dall’esterno delle notizie». Staccare la spina del televisore, ogni tanto.
Per chi oscilla tra le due posizioni
C’è chi un giorno ha paura, il giorno dopo cerca di non pensare. Ma questo stato si tramuta in aggressività, si diventa reattivi, ostili. «La tensione deve essere esternata. Bisogna imparare a lasciare un po’ di spazio alla bellezza e al piacere nella propria giornata. Darsi delle piccole regole. Innanzitutto imparare a respirare. Un semplice esercizio - trattenere il respiro contando fino a 4 e poi espirare allo stesso modo ripetuto per 4-5 volte - aiuta banalmente a ritrovare la calma.
Cercare piccole cose che riconnettono alla sensorialità. In questo modo il nostro sistema immunitario si rigenera, perché ricordiamolo sempre le endorfine (sostanze oppioidi che noi stessi produciamo) dialogano con i linfociti (le cellule immunitarie). Il piacere insomma stimola il sistema immunitario».
In attesa del vaccino
In attesa del vaccino, per non sentirsi del tutto disarmati, «dobbiamo ricordarci di avere due tipi di immunità. C’è l’immunità acquisita, gli anticorpi si ricordano degli agenti con i quali sono venuti a contatto. Ma prima ancora c’è l’immunità innata, fatta da cellule che non hanno una memoria ma quando vengono a contatto con un agente “estraneo” lo aggrediscono mangiandoselo, è il processo detto fagocitosi. Sono messe lì dalla natura per aiutarci ad affrontare i nemici».
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Molti i rimedi fitoterapici, con effetto immunomodulante, note dall’antichità come l’artemisia, l’elicriso, per non parlare della Cinchona, la pianta della China dalla cui corteccia si estrae il chinino. Dunque, avere cura di sé, dalla alimentazione a un sano stile di vita, è il primo passo della resilienza.
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