1 – CORONAVIRUS, ROCHE FORNIRÀ GRATUITAMENTE FARMACO ANTI-ARTRITE
(AWE/LaPresse) - Il gruppo Roche ha annunciato che si impegnerà a fornire gratuitamente per il periodo dell'emergenza coronavirus il farmaco tocilizumab (RoActemra) a tutte le Regioni che ne faranno richiesta, "fatte salve le scorte necessarie a consentire la continuità terapeutica ai pazienti affetti da patologie per cui il prodotto è autorizzato".
Il farmaco, attualmente impiegato per il trattamento dell'artrite reumatoide, non è indicato per il trattamento della polmonite da covid-19, specifica l'azienda, ma la comunità scientifica sta dimostrando interesse al suo utilizzo dopo l'inserimento nelle linee guida cinesi. Oltre alla donazione del farmaco, l'azienda ha dato la propria disponibilità ad Aifa per avviare uno studio clinico sull'efficacia e la sicurezza di tocilizumab anche in questi pazienti.
2 – LA SPERANZA DI CURA NEI FARMACI USATI PER HIV, EBOLA (E ARTRITE)
Margherita De Bac per il “Corriere della Sera”
Sono basati principalmente sull' esperienza cinese le cure per pazienti con Covid, la malattia da nuovo coronavirus. Sono stati i lavori pubblicati da ricercatori e medici di Wuhan, la prima città colpita dalla pandemia, a fungere da riferimento per i colleghi italiani che hanno poi declinato sui loro pazienti, raccomandati anche dall' Oms.
Non esistono antivirali specifici contro il coronavirus Sars-CoV-2. Fin dall' inizio dei focolai verificatisi in Cina, i medici hanno fatto ricorso a molecole studiate e già in commercio per combattere infezioni di altro tipo ma causate da gruppi di agenti patogeni cui appartiene anche il nuovo «nemico», i retrovirus.
Si tratta di formulazioni anti-Hiv (il virus responsabile dell' Aids) a base di Ritonavir e Lopinavir, in combinazione con vecchie sostanze antimalaria, la clorochina e l' idrossiclorochina che hanno un' azione antinfiammatoria e infatti sono utilizzati anche per l' artrite reumatoide. Nella lista delle terapie, anche un antivirale in sperimentazione in Cina, Remdesivir, studiato dall' azienda Gilead per la Sars e poi Ebola e finora consegnato gratuitamente agli ospedali che ne hanno fatto richiesta secondo la procedura dell' uso compassionevole (previsto quando non esistono alternative e se il paziente è in gravi condizioni).
Nicola Petrosillo, infettivologo dell' Istituto Spallanzani, ne ha esperienza diretta: «I risultati sembrano incoraggianti, peccato che almeno nel nostro ospedale abbiamo dovuto rinunciare al Remdesivir. Pur avendolo richiesto, l' azienda non lo consegna probabilmente per l' altissimo numero di domande».
Una delle speranze terapeutiche è un farmaco nato per l' artrite reumatoide, malattia cronica caratterizzata da un' infiammazione che provoca dolore, rigidità muscolare e difficoltà di movimento. Ed è proprio l' infiammazione il comune denominatore di artrite e Covid.
Nei casi di polmonite grave può infatti subentrare una «tempesta di citochine», sostanze che vengono prodotte in eccesso dall' organismo per difendersi dal virus e vanno ad infiammare i polmoni. Tra queste la più pericolosa è l' interleuchina 6, bersaglio di questo farmaco in commercio da diversi anni per l' artrite, prodotto da Roche. Disinnescare l' infezione polmonare significa evitare che il paziente vada in terapia intensiva.
L' azienda farmaceutica sta consegnando, secondo il progetto «Roche si fa in 4», il farmaco agli ospedali che ne hanno bisogno e si accinge a partire con una sperimentazione di Tocilizumab il cui avvio è subordinato all' approvazione della speciale unità di crisi anti-Covid dell' agenzia italiana Aifa. Per lo pneumologo della Fondazione Gemelli Luca Richeldi, è un «enorme vantaggio poter contare su una molecola di cui conosciamo gli effetti collaterali».
L' Università di Utrecht ha pubblicato sul sito BioRxiv una ricerca che dimostrerebbe la validità di un farmaco biologico, un anticorpo monoclonale, specializzato nell' aggredire il Sars-CoV-2, capace di riconoscere lil recettore con cui il virus si aggancia alla cellula umana. Ma i tempi perché venga prodotto sono molto lunghi.
2 - ASCIERTO: «UNA VIA PER FERMARE LE POLMONITI ED EVITARE LE TERAPIE INTENSIVE»
Fulvio Bufi per il “Corriere della Sera”
emergenza coronavirus ospedale villa sofia palermo
Non è la cura contro il Covid-19 ma potrebbe rappresentare la speranza di vita per chi viene colpito dalle conseguenze più gravi provocate dal contagio: la polmonite, causa o concausa di tutti i decessi dell' epidemia.
ospedale REPARTO DI TERAPIA INTENSIVA coronavirus
La terapia a base di Tocilizumab viene adottata in questi giorni in numerosi ospedali di diverse regioni, e i primi che vi hanno fatto ricorso sono stati i medici del Cotugno di Napoli. Perché è a Napoli che è stata messa a punto dal direttore dell' unità di Immunologia clinica dell' Istituto per tumori Pascale, Paolo Ascierto e dal primario di Oncologia dell' azienda ospedaliera dei Colli, Vincenzo Montesarchio. Entrambi hanno alle spalle una profonda conoscenza del farmaco che, nato per curare l' artrite reumatoide, ha trovato da tempo applicazione in oncologia nel contrasto alle infiammazioni polmonari.
Dottor Ascierto, di cosa stiamo parlando, precisamente?
«Non di un antivirale, e quindi non di un farmaco che possa sostituire le terapie attualmente in uso» .
Quando è che il Tocilizumab può rivelarsi utile?
«Quando siamo in presenza di casi in cui riscontriamo polmonite severa e alti livelli di una specifica proteina che si chiama interluchina 6».
E non tutti i pazienti affetti da coronavirus presentano questo quadro clinico?
«Fortunatamente no. E nemmeno tutti quelli che hanno complicanze polmonari».
Solo quelli più gravi, quelli che oggi purtroppo affollano i reparti di terapia intensiva?
«Noi abbiamo cominciato a trattare proprio alcuni dei ricoverati in rianimazione, successivamente siamo ricorsi al Tocilizumab anche per chi in rianimazione non ci era ancora arrivato ma i suoi valori rientravano tra quelli in cui ci si può aspettare un beneficio dal ricorso al farmaco».
E il beneficio c' è stato?
«Sostanzialmente sì. In totale abbiamo trattato una decina di pazienti, tra terapia intensiva e sub-intensiva. C' è stato un decesso, ma da tutti gli altri stiamo ricevendo risposte incoraggianti. Per uno dei ricoverati in terapia intensiva siamo prossimi all' estubazione, contiamo che sia davvero questione di ore. Mentre uno dei pazienti che non erano ancora in rianimazione, dopo il trattamento ha potuto fare a meno dell' ossigeno».
Così rapidamente?
«Sì, ma non ci sorprende: questa terapia i risultati li dà nell' arco di 24 o 48 ore».
Anche in Cina vi hanno fatto ricorso?
«Io i primi contatti li ho avuti proprio con colleghi cinesi. Loro l' hanno utilizzata su ventuno persone affette da Covid-19 e mi risulta che poi sia partita una sperimentazione e che l' uso del Tocilizumab sia stato inserito nelle linee guida contro questa malattia».
Anche in Italia l' Aifa (l' Agenzia del farmaco) ha autorizzato la sperimentazione. Ma lei che cosa si aspetta dall' eventuale diffusione della terapia?
«In questo momento ciò che preoccupa maggiormente è che gli ospedali non riescano più a fare fronte alla quantità di interventi cui sono chiamati. E la crisi, ormai è chiaro a tutti, riguarda i reparti di rianimazione, che sono allo stremo. Se con il ricorso a questo farmaco riusciremo a fermare le polmoniti e le relative complicanze per le quali si finisce in terapia intensiva, e quindi a tirarne fuori i pazienti o addirittura a non farceli proprio andare, tutto il sistema se ne avvantaggerà. Gli ospedali non saranno più messi in ginocchio e l'emergenza potrebbe finalmente anche attenuarsi».