Daniele Banfi per ''La Stampa - Salute''
Noi italiani siamo i più prudenti. I vicini di ombrellone che arrivano dal Nord-Europa, invece, non sembrano dare grande importanza al problema della congestione. Il dilemma sul momento giusto per immergersi in acqua, dopo aver mangiato, ha toccato tutti.
Dall' infanzia in poi. Aspettare almeno un' ora? Due? O addirittura tre? Dati alla mano, in realtà, non esiste una risposta univoca sulle ore che devono trascorrere tra il pasto e l' agognato bagno. Vale, prima di tutto, la regola della prudenza e del buon senso, non soltanto sul cibo. Perché oggi la prima causa per annegamento, soprattutto nei più piccoli, è la mancata sorveglianza da parte degli adulti. E negli adulti è l' alcol a giocare un ruolo decisivo.
Sangue e stomaco. Tutti gli organi e i tessuti del nostro corpo hanno bisogno di un adeguato flusso di sangue per poter funzionare correttamente. Esistono, però, particolari situazioni in cui il sangue si concentra soprattutto in specifici distretti. Se quando si pratica uno sport il fenomeno è particolarmente intuitivo (i muscoli sono la parte più irrorata), quando, invece, ci si alimenta sono lo stomaco e l' intestino a lavorare a pieno ritmo: sono loro, quindi, a richiedere una maggior quantità di sangue.
Tutto avviene attraverso un meccanismo di vasodilatazione a livello intestinale che si accompagna a una vasocostrizione a livello periferico. Il risultato è che, mentre nel «distretto addominale» si concentra più sangue, in altre regioni del corpo, come i muscoli, può arrivarne un po' meno. Ed è in queste condizioni che si possono verificare diversi disturbi: da quelli circolatori ai crampi addominali, fino alla nausea e al vomito. Sono loro, isolati o in serie, che scatenano l' emergenza. Ed è proprio dallo shock e dal panico che ingenerano che, poi, si verifica la tragedia e si finisce annegati.
I dati disponibili. La «congestione» di antica memoria dovuta a un bagno, quindi, da un punto di vista medico, non esiste. Lo confermano i dati che vanno al di là di una consolidata tradizione popolare. E' significativo quanto osserva l'«International Lifes Saving Federation», l' organizzazione mondiale per la sicurezza in acqua: «Benché il fatto di aver mangiato possa essere associato a nausea, vomito e dolore addominale, una volta in acqua, non è mai stata dimostrata una relazione di causa-effetto tra questi fenomeni e il rischio di annegamento».
Il buon senso. Nel dubbio dunque - e partendo dalla relazione tra nausea, vomito e dolore addominale con l' incapacità di gestirli quando si è in acqua - prudenza e buon senso sono d' obbligo. Limitarsi a consumare un pasto leggero, preferendo carboidrati e limitando proteine e grassi che sono più lunghi e complessi da digerire, è il primo consiglio degli specialisti. Più il pasto è leggero, meno tempo occorre per digerirlo. Ecco perché in questi casi anche una sola ora di attesa può bastare.
Le ore diventano tre nel caso di un pasto abbondante e completo. Particolare attenzione, però, deve essere riposta a ciò che si beve: l' assunzione di bevande alcoliche è la quarta causa per annegamento. L' alcol, dunque, va evitato in ogni modo. Birra o vino, infatti, comportano da un lato una diminuita capacità di affrontare le difficoltà del nuoto e dall' altro un atteggiamento di sottovalutazione del pericolo.
Sorvegliare i bambini. Ma se da sempre ci si è concentrati sul cibo e sul tempo di attesa, ciò che dovrebbe realmente preoccupare i genitori nei confronti dei figli è la sorveglianza. La prima causa di annegamento, in particolare in età pediatrica, nasce dai mancati - o insufficienti - controlli: la maggior parte degli annegamenti avviene in presenza di un adulto distratto. Attenzione, però, a pensare che una volta arrivati all' adolescenza il problema sia superato. Stavolta subentra spesso l' incoscienza: tuffi senza conoscere il fondale e superamento delle boe dove le correnti sono più forti sono due delle principali cause d' annegamento.
In acqua preparati. E c' è di più: scorrendo l' elenco delle cause più frequenti di annegamento, al secondo posto c' è l' incapacità di nuotare. Ecco perché una persona che non è in grado di «stare a galla» deve entrare in acqua solo con braccioli o salvagente. Anche a due passi dalla spiaggia. E poi, sebbene più raro, c' è il pericolo della fatica. Si verifica quando si interviene senza un' adeguata preparazione fisica: arrivando velocemente allo stremo delle forze, il rischio è affogare con chi si tenta di salvare.
congestione 6 congestione 1 congestione 3 congestione 2 congestione