D.Pir. per "il Messaggero"
Le principali varianti del SarsCoV2 finora emerse, la B.1.1.7., l'inglese, la B.1.351, la sudafricana e la P.1, nota come brasiliana, non solo aumentano la contagiosità e la gravità della malattia, ma anche il rischio di ricovero e di terapia intensiva, raddoppiandolo o triplicandolo a seconda dei casi. I numeri peggiori si hanno con la variante sudafricana.
È la conclusione di uno studio coordinato dal Centro europeo per il controllo delle malattie, condotto con sette paesi europei (Cipro, Estonia, Finlandia, Irlanda, Italia, Lussemburgo e Portogallo).
IL RISCHIO L'analisi è stata condotta su 19.995 casi con varianti e 3.348 casi senza varianti a cavallo tra il 2020 e 2021. È così emerso che rispetto alle persone contagiate dal virus senza variante, il rischio di ricovero con quella inglese era 1,7 volte più alto, con quella sudafricana 3,6 volte maggiore e con quella brasiliana 2,6 volte maggiore.
Lo studio ha rilevato anche un maggior rischio di essere ricoverati in terapia intensiva, che è 2,3 volte maggiore con la variante inglese, 3,3 volte maggiore con quella sudafricana e 2,2 volte più alto con quella brasiliana.
il virologo fabrizio pregliasco
Si conferma dunque il rischio associato alle varianti di avere una forma grave di Covid, conclude l'Ecdc, e la necessità di raggiungere rapidamente alti livelli di copertura vaccinale, accompagnati dal rispetto delle misure di sanità pubblica, per ridurre l'incidenza dei casi di Covid-19 e il numero delle forme gravi.
«Le conclusioni del Centro europeo sono constatabili anche nella nostra esperienza quotidiana - sottolinea il virologo, Fabrizio Pregliasco - La maggiore pericolosità delle varianti la vediamo nella maggiore quantità di casi impegnativi nei giovani.
Si tratta sicuramente di una conseguenza della più forte cattiveria delle varianti che è un elemento preoccupante. La nostra risposta si deve basare sulla velocità delle vaccinazioni. È l'unica opzione vera che abbiamo».
Musica leggermente diversa da parte di Fausto Baldanti, responsabile del laboratorio di Virologia molecolare del San Matteo di Pavia. «Quello che possiamo ipotizzare - dice Baldanti - è che il virus stia esaurendo le sue capacità di mutazione, o meglio che le prossime mutazioni saranno meno micidiali delle prime che già stiamo combattendo. Se questa ipotesi di lavoro sarà confermata nei prossimi anni potremo convivere con il Covid-19 un po' come facciamo con l'influenza».
Già, ma allora come mai si fa un gran parlare di una nuovissima variante, quella indiana? «Questa variante, al pari di altre, può avere diverse caratteristiche di diffusibilità o resistenza all'immunità generata da infezioni precedenti o vaccinazione, ma quello che vediamo oggi accadere in India non ha nulla a che vedere con la presenza di questa variante, bensì con il mancato controllo della pandemia in quel Paese», spiega l'epidemiologo Pier Luigi Lopalco, assessore alla Sanità della Regione Puglia. «Il fenomeno può far dilagare la paura - chiosa Lopalco - ma le misure messe in atto in Italia e il piano vaccini non vengono alterati dalle varianti».