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C’è già chi lo invoca “Santo subito”, come accade a certi Pontefici addirittura prima ancora che il Sacro Collegio apra il fascicolo per la causa di beatificazione. All’opposto, c’è invece chi lo piazza fra i “morti di fama scientifica”, la massa di scienziati che imperversano sulle televisioni ai tempi del coronavirus.
Santo o peccatore, il professor Andrea Crisanti, direttore della microbiologia dell’Università di Padova, autonominatosi “il salvatore del Veneto”, in appena tre mesi è diventato per l’Italia intera il docente che avrebbe suggerito a Zaia le strategie di sanità pubblica che hanno portato il Veneto ad aver arginato con efficacia l’epidemia.
Ma Crisanti è davvero un santo? Il sospetto non è venuto ai giornalisti ma ai vertici dell’Università di Padova (il rettore Rosario Rizzuto e il capo della prestigiosa Scuola di medicina, Stefano Merigliano) i quali, dopo aver ricevuto lamentele imbarazzate e proteste per le sortite di Crisanti contro tanti, troppi colleghi, ora temono che la bomba esploda. E il rettore, limitandosi per ora a dirsi costernato in privato, ha chiesto ai suoi collaboratori di estrarre il “dossier Crisanti” dai cassetti.
Secondo le voci che corrono nella facoltà di Medicina, molti microbiologi starebbero fuggendo dall’Istituto “diretto” da Crisanti non volendo più collaborare con lui. E nelle stanze dell’Azienda Ospedaliera di Padova, il direttore generale Luciano Flor, che assunse a suo tempo Crisanti, ha davanti agli occhi il report che testimonia come i famosi kit per fare tamponi che Crisanti si vantò di aver portato dall’Imperial college di Londra contro quella che definisce una burocrazia italiana sorda e distratta, si sono rivelati inutili.
Flor, per ora, l’ha buttata pubblicamente sul: “Erano poche centinaia di kit per avviare le sperimentazione...”. Ma è una scusa che potrebbe presto cedere il posto alla verità.
Nel frattempo, la prestigiosa “Nature” continua tenere in archivio e non pubblicare lo studio su Vo’ Euganeo...
Tuttavia c’è anche, da parte dell’Università, il timore di finire impantanati in grane giudiziarie. Soltanto nel 2019 (e soltanto per intervenuta prescrizione) Crisanti è infatti uscito indenne da una inchiesta per truffa e dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture inesistenti per un milione di euro che l’avrebbe altrimenti portato alla sbarra insieme all’ex rettore dell’Università di Perugia per il caso dei fondi Isrim, ente di cui Crisanti era presidente del cda.
Ma la storia che ha fatto drizzare le orecchie a Rizzuto è la vicenda giudiziaria del doppio incarico di Crisanti. Con una sentenza giudicata rocambolesca (il giudizio appartiene all’ateneo di Perugia), nel 2010 il Consiglio di Stato reintegrò Crisanti nell’incarico universitario dal quale era stato espulso in seguito a sentenza del Tar. L’Ateneo umbro gli aveva contestato di mantenere due rapporti di lavoro a tempo indeterminato: uno all’Imperial college di Londra e uno all’università di Perugia.