Danilo Di Diodoro per “Corriere Salute - Corriere della Sera”
È molto diffusa la sensazione che, lasciatisi alle spalle il clima piacevole dell' estate, quando anche le ore di luce naturale alle quali si è esposti cominciano a diminuire, il tono dell' umore si faccia un po' più malinconico.
Un sentimento comune, probabilmente dovuto anche al fatto che durante la bella stagione sono più facili e frequenti i contatti sociali, che contribuiscono a soddisfare la natura fortemente sociale che caratterizza gli esseri umani, sebbene nel 2020 in realtà tutto sia stato molto più difficile a causa della pandemia Covid-19.
Ma autunno e inverno non sempre portano con sé solo un generico abbassamento del tono dell' umore. In alcune persone si associano a una vera e propria forma di depressione, che viene appunto chiamata «stagionale».
La definizione Disturbo affettivo stagionale (o anche SAD, dal termine inglese Seasonal Affective Disorder) con il quale viene correntemente indicata questa specifica forma di depressione, è stato coniato negli anni ottanta e attualmente nel DSM-5 ( Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali , giunto alla quinta edizione) è riconosciuta come un sottotipo dei disturbi dell' umore ricorrenti. Oggi esiste anche una possibilità di riscontro immediato all' esistenza di un abbassamento dell' umore non patologico e della vera depressione stagionale.
In una revisione sistematica pubblicata di recente sulla rivista Epidemiology and Psychiatric Sciences , Simon Øverland del Norwegian Institute of Public Health di Bergen, e i suoi collaboratori, appartenenti a università canadesi e norvegesi, riportano i risultati di uno studio dal quale è emerso che durante l' inverno vengono effettuate molte più ricerche su Internet riguardanti la depressione rispetto a quante ne vengono fatte in altri periodi dell' anno. «Un fenomeno che può dipendere dal fatto che davvero più persone soffrono di depressione nel corso della stagione invernale, ma che forse è anche generato dai media, che si occupano maggiormente di depressione in questo periodo dell' anno».
Da un punto di vista strettamente epidemiologico, esistono poche ricerche che abbiano seguito per consistenti periodi di tempo campioni numericamente significativi di soggetti esenti da patologie psichiatriche, valutando l' andamento del loro tono dell' umore durante il susseguirsi delle stagioni.
«Gli studi esistenti suggeriscono che nella popolazione generale, considerata nel suo complesso, vi sia effettivamente una tendenza a presentare fluttuazioni stagionali dell' umore» dice Mario Maj, professore ordinario di psichiatria all' Università di Napoli. «Il punteggio a una scala di valutazione come la Beck Depression Inventory è più elevato in autunno/inverno e più basso in estate. Questa tendenza sembra essere più marcata nelle donne».
«In una quota della popolazione, la tendenza alle fluttuazioni stagionali del tono dell' umore si fa molto più accentuata» dice ancora Maj. «Si parla allora di winter blues . In una percentuale ancora minore della popolazione, si manifesta una depressione stagionale di livello clinico».
Il fenomeno si presenta con una variabilità che dipende dalla latitudine, che determina la durata della luce diurna. «Ad esempio, fra gli stati americani, in Alaska - latitudine di 64° nord - c' è una prevalenza (numero di casi di una certa patologia in un territorio nel corso di un anno, ndr ) del 25 per cento dei winter blues e del 9 per cento della vera depressione stagionale.
Le percentuali corrispondenti nello stato di New York, che ha una latitudine di 41° nord, sono rispettivamente del 13 per cento e del 5 per cento, mentre in Florida, latitudine 38° nord, sono del 3 per cento e dell' 1 per cento. In Italia, che ha una latitudine tra i 38 e i 45 gradi nord, dati preliminari riportano una prevalenza della depressione stagionale intorno al 3 per cento e dei winter blues di circa l' 11 per cento, con un rapporto tra donne e uomini di tre a uno.
Dati che indicano come quello della depressione stagionale sia un problema clinico significativo nel nostro Paese. Eppure molti di coloro che sono affetti da questo tipo di depressione possono non esserne consapevoli.
Inoltre, dal momento che questa condizione può associarsi ad altre patologie di pertinenza psichiatrica, come l' abuso di alcool e i disturbi del comportamento alimentare, che possono essere più facilmente riconosciute, alcune persone con una depressione stagionale possono aver ricevuto altre diagnosi psichiatriche ma non quella primaria».
Il rischio di sviluppare questa specifica forma di depressione è massimo tra i 20 e 30 anni, e dipende in parte anche da fattori genetici. Infatti i familiari di primo grado delle persone con depressione stagionale hanno un rischio aumentato di andare incontro a disturbi dell' umore.
«Si tratta di un rischio variamente stimato tra il 25 e il 65 per cento. Inoltre, circa il 15 per cento dei soggetti con questa patologia ha un familiare di primo grado con un disturbo dell' umore con le stesse caratteristiche: winter blues o depressione stagionale vera e propria. Dunque, sembra che possa entrare in gioco - almeno in una parte dei casi - una vulnerabilità ereditaria».
La varietà più comune della depressione stagionale si manifesta nei mesi autunnali o invernali, con insorgenza tra settembre e novembre e remissione tra febbraio e aprile.
Conclude Maj: «Di solito si ha un ripristino dell' umore normale, ma talora ci può essere un viraggio verso stati di eccitazione. In circa il 5 per cento dei casi l' andamento stagionale è invertito, cioè l' episodio depressivo si manifesta nei mesi primaverili o estivi, e allora il quadro clinico è in genere dominato dall' ansia, dall' agitazione, dall' insonnia, dalla mancanza di appetito e dalla perdita di peso».
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