L’influenza corre come non avveniva dalla stagione 2009-2010, l’anno della pandemia da influenza «suina». Secondo gli ultimi dati della rete di sorveglianza InfluNet dell’Istituto Superiore di Sanità, nella scorsa settimana sono stati 771 mila gli italiani messi a letto da sindromi influenzali, pari a 12,9 ogni mille abitanti.
Sono oltre 2,5 milioni quelli che hanno contratto l’infezione dall’inizio della stagione. Per raggiungere questo numero, lo scorso anno si è dovuto aspettare l’inizio di gennaio. A essere particolarmente colpiti sono i bambini al di sotto dei 5 anni: in questa fascia di età la scorsa settimana si sono registrati 40,8 casi ogni mille; nella fascia 5-14 anni il tasso è stato di 25,02 ogni mille; 10,10 tra i 15 e i 64 anni e 5,04 sopra i 65 anni.
Sono sei le Regioni in cui la stagione ha raggiungo già un’intensità considerata alta o molto alta: Emilia Romagna (20,24 casi per mille), Umbria (19,61), Lombardia (17,80), Veneto (16,43), Provincia Autonoma di Bolzano (16,09), Marche (15,58).
I dati ci dicono che «l’influenza è tornata peggio di come ci aveva lasciato nel 2019 ed è partita a razzo, siamo tornati alla forza propulsiva dell’influenza del 2009 con numeri alti anticipati rispetto alla stagione. Abbiamo numeri importanti già a fine novembre — spiega Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive ospedale Policlinico San Martino di Genova —. Sicuramente oggi fa paura anche per tutto quello che si porta dietro con una quantità di virus paninfluenzali, patologie da pneumococco e anche polmoniti. Qualcuno dice rimettiamo le mascherine, io dico assolutamente no. Questi microorganismi devono circolare e hanno sempre circolato, ci dobbiamo proteggere ma come? Ad esempio, abbiamo perso molto la copertura per lo pneumococco, la vaccinazione da polmonite, ma anche quelle per l’influenza».
Per quanto riguarda l’influenza «in Lombardia assistiamo a una tempesta perfetta che mette insieme più fattori che mette in difficoltà reparti e studi medici: dalla scarsa alfabetizzazione sanitaria dei genitori al carico di lavoro dei singoli pediatri che hanno anche fino a 1.400 assistiti da seguire. Se, come sta accadendo in queste ultime settimana, l’incidenza dei casi sale rapidamente si creano diversi problemi», dice Roberto Caputo, segretario regionale della Federazione italiana medici pediatri (Fimp) della Lombardia.
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«L’influenza dev’essere considerata per quel che realmente è: una malattia da eccesso di prossimità. Nel senso che i bambini si ammalano nel momento in cui iniziano la frequenza delle attività in comunità. Per cui, tanto per provare a spiegare in pochissime parole l’argomento di cui si parla in questi giorni, basterebbe porre ai genitori, preoccupati dagli acciacchi influenzali dei propri figli, una domanda semplice: “Ma 24 mesi, fa quando tutti noi eravamo in lockdown, vostro figlio si è ammalato?”. Alla risposta di un “no” corale, potremmo trarre facilmente le logiche conclusioni», sottolinea l’immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud-Italia della Fondazione per la medicina personalizzata.
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