Estratto dell'articolo di Alessandro Ferro per www.ilgiornale.it
Per la prima volta si può curare il tumore alla prostata con un farmaco di ultima generazione che promette meno effetti collaterali sulla sfera sessuale ma soprattutto elimina la castrazione farmacologica indispensabile in molti casi. Sono i risultati straordinari dello studio Embark appena presentato Congresso dell’American Urological Association, a Chicago, ma la ricerca parla anche la lingua italiana.
DIAGNOSTICA DEL TUMORE ALLA PROSTATA
Come agisce il farmaco
Dopo decenni di cure con la cosiddetta "deprivazione androgenica", grazie all'enzalutamide si riducono del 58% le possibilità che la malattia possa interessare altre zone dell'organismo e addirittura un miglioramento del 93% sulla progressione dell’antigene prostatico specifico (PSA) e si elimina del 64% la necessità di dover ricorrere alla chemioterapia. Come ricorda InSalute, la sperimentazione è stata condotta su 1.068 pazienti che presentevano carcinoma prostatico in fase precoce.
Il successo della ricerca
"Siamo orgogliosi di aver contribuito alla realizzazione dello studio Embark ed è la conferma del ruolo di primo piano dell’Italia nella ricerca internazionale", ha dichiarato alla stampa il prof. Ugo De Giorgi, Direttore Oncologia Clinica e Sperimentale dell’IRCCS Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori ‘Dino Amadori’, IRST, di Meldola, unico italiano coinvolto nello studio e tra i pochissimi europei che hanno firmato il lavoro che ha visto il coinvolgimento di poco più di mille pazienti tra il 2015 e il 2018.
"Embark è uno dei primi studi che ha valutato un farmaco anti-androgeno di nuova generazione associato a terapia di deprivazione androgenica, quando il tumore della prostata è in fase molto precoce e vi sono ancora concrete possibilità di guarigione. La terapia è stata iniziata dopo prostatectomia o radioterapia radicali, in presenza di segni biochimici di ricomparsa della malattia, come il rapido tempo di raddoppiamento del PSA”, ha spiegato De Giorgi.