Federico Mereta per “la Repubblica - Salute”
È già arrivata. O forse, più probabilmente, non se ne è mai andata. I virus influenzali vengono individuati quasi senza soluzione di continuità per tutto l' anno. Ma è nella stagione fredda che i casi si moltiplicano, con i sintomi che si manifestano in milioni di persone. Su questo fronte, l' inverno 2019- 2020 non sembra molto diverso dai precedenti, pur se fare previsioni è impossibile. In termini generali si parla di un' epidemia " intermedia", quindi non particolarmente intensa nella diffusione ma nemmeno destinata a passare senza lasciare segni.
«Il dato che preoccupa, parlando dei virus attesi, è che ben due su quattro dei ceppi i cui antigeni sono presenti nel vaccino quadrivalente sono "nuovi"», spiega Giancarlo Icardi, docente di Igiene e Medicina Preventiva dell' Università di Genova.
Chi ha avuto l' influenza lo scorso anno o chi si è vaccinato non può pensare di essere protetto per il prossimo inverno, visto che i virus che dovrebbero circolare sono diversi. Le due varianti che potrebbero provocare qualche sconquasso nelle previsioni sono il ceppo AH1N1 Brisbane e AH3N2 Kansas, ma al momento non si possono trarre conclusioni certe sull' impatto di febbri, tosse, dolori muscolari e malesseri generali in agguato.
Quello che possiamo fare è prendere le dovute contromisure in base a quanto viene dall' altro emisfero, dove l' influenza è già passata. Non ci sono state sorprese particolari. «In Australia, paese simile al nostro sul fronte della raccolta dei dati grazie alla presenza di medici- sentinella, l' epidemia ha preso il via all' inizio di giugno e il picco si è avuto alla 28esima settimana, cioè a luglio inoltrato », dice Icardi. Nel periodo di massima diffusione virale ci sono stati circa 13 casi ogni mille persone: da noi lo scorso anno siamo arrivati a 14 per mille. In termini di pure previsioni matematiche, l' influenza dovrebbe colpire in Italia almeno sei milioni di persone nel suo lungo fluire».
La variabile che, in termini di sanità pubblica, può modificare in meglio questa curva ha un nome: vaccinazione. Non pensate che si tratti di una panacea che metterà tutti al riparo, ma servirà a proteggere una buona quota di persone che si sono immunizzate. E per chi non dovesse avere la risposta ottimale, le complicanze, che spesso possono portare anche al ricovero, saranno meno significative.
«I dati che arrivano dall' altro continente, dicono che la vaccinazione è risultata - spiega l' esperto - totalmente efficace (evitando anche il minimo sintomo) nel 50- 55 per cento dei casi. Ma anche quando la protezione non è stata completa, gli anticorpi prodotti grazie al vaccino hanno ridotto l' impatto dell' infezione e le complicazioni. Questo, guardando la campagna con l' occhio della sanità pubblica e considerando le persone a rischio, è un dato di grande importanza».
Il consiglio è vaccinarsi, anche se qualche linea di febbre e qualche mal di gola potrebbero comunque comparire. Per parlare di " vera" influenza occorre che siano presenti tre criteri: esordio brusco della febbre che raggiunge o supera i 39 gradi, dolori muscolari e sintomi respiratori come tosse e mal di gola.
« Non va fatto l' errore di scambiare ogni malessere con influenza - conclude Icardi -- e non va dimenticato che sappiamo molto ma non abbastanza. I virus, per loro stessa natura, ci possono ingannare».
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