Laura Taccani per “la Repubblica - Live”
Standup for your work? Sono ormai numerosi gli studi che mettono in discussione l'utilità dei cosiddetti sit-stand desks: le scrivanie ad assetto variabile che consentono di lavorare in piedi diverse ore al giorno. In Italia non hanno mai preso particolarmente piede, ma negli USA hanno vissuto un momento di gloria.
Senza che vi fosse però un'informazione seria su come utilizzarle e cosa aspettarsi. Via via hanno così cominciato a emergere dubbi, e recentemente le cattedre di Bioingegneria e di Medicina del Lavoro delle Università di Pittsburgh e di Tufts hanno portato a termine un ampio studio, pubblicato su Applied Ergonomics. Raccogliendo i dati di oltre 50 indagini relative ad aspetti posturali, fisiologici, psicologici, nonché produttivi, questo lavoro non solo sembra smentire che i sit-stand desks siano un toccasana contro l'obesità, ma evidenzia il rischio di altri problemi.
A fronte di un impatto minimo su tutti i parametri (gli unici benefici registrati sarebbero un lieve decremento della pressione sanguigna e un leggero miglioramento di alcuni dolori di schiena), paradossalmente sono risultati più significativi gli effetti sul discomfort e sul disagio percepito. L'aumento di dispendio energetico non è infatti sufficiente a far perdere peso, e questa smentita del primo obiettivo per il quale le scrivanie vengono pubblicizzate fa sì che, tra gli effetti collaterali rilevati dallo studio, ci sia anche la frustrazione di chi si aspettava un dimagrimento. Perdita di fiducia, insomma, invece che di chili.
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