Flavia Amabile per “La Stampa”
L'Italia? Il Paese che per primo ha inserito gli antinfiammatori nelle raccomandazioni di cura contro il Covid, accusare il ministro della Salute Roberto Speranza è deplorevole, secondo Giuseppe Remuzzi , direttore dell'Istituto Mario Negri e uno degli autori del lavoro pubblicato su Lancet che conferma il ruolo degli antinfiammatori nel prevenire i ricoveri in ospedale.
Il lavoro dà ragione a chi da tempo sostiene l'efficacia delle cure da casa. Non ci si poteva arrivare prima?
«La pubblicazione apparsa su Lancet è una revisione della letteratura prodotta nel mondo in questi anni di Covid su questo argomento. Tutte le ricerche hanno portato allo stesso risultato, un calo considerevole della durata dei sintomi e delle ospedalizzazioni. Questi studi sono diventati letteratura, i medici l'hanno usata per curare, dove era possibile, i malati di Covid con gli antinfiammatori».
Sui social è partito un attacco massiccio contro il ministro Speranza. Lo accusano di non aver preso in considerazione terapie alternative come gli antinfiammatori, di aver causato centinaia di migliaia di morti.
«La cosa peggiore che può capitare ai dati della letteratura scientifica è di essere strumentalizzati durante una campagna elettorale, non importa da quale schieramento.
Mettere sotto accusa il ministro Speranza è deplorevole.
Gli antinfiammatori possono aiutare contro il Covid però i nostri studi presi in considerazione nella review, tra gli altri, sono robusti ma non ancora definitivi. Non si può pensare che le autorità li usino per dare regole valide in maniera assoluta.
In Italia l'atteggiamento del ministero e dell'Aifa è sempre stato impeccabile. Non c'era evidenza che qualcos'altro funzionasse quando sono stati pubblicati i primi risultati sugli antinfiammatori. Quando invece sono apparse le prime evidenze, l'Italia è stato il primo Paese al mondo a introdurre gli antinfiammatori nella cura contro il Covid».
Come vanno usati ?
«Se non ci sono sintomi non bisogna fare nulla. Se ci sono sintomi, gli antinfiammatori rappresentano un'alternativa che può evitare che la malattia abbia un decorso grave, ma vanno somministrati subito altrimenti l'infiammazione va avanti. E vanno usati a certe condizioni, questo lo decide il medico in base alla storia clinica del paziente per evitare effetti collaterali».
Se bastano gli antinfiammatori perché vaccinarsi? È un'altra domanda che sta facendo il giro dei social.
«Il vaccino permette di prevenire la malattia grave indipendentemente dalle varianti del virus che si sono create nel corso del tempo. È il più grande miracolo che la medicina moderna ha messo a disposizione della popolazione. Fare il vaccino non vuol dire non ammalarsi. Però, se ci si ammala, si ha a disposizione la scelta tra antivirali, anticorpi monoclonali o antiinfiammatori. Dipende dalla disponibilità di questi strumenti e dalla storia clinica delle persone. È importante però intervenire subito per evitare che l'infiammazione avanzi».
Che cosa accadrà a settembre? Dobbiamo prepararci a una nuova ondata?
«Si parla molto dell'ultima variante, Centaurus. Nessuno ha certezze, la mia impressione è che non produrrà disastri, è una sottovariante di omicron B2 con la differenza che la gran parte delle persone ormai è immunizzata o per il vaccino oppure per aver già avuto il Covid. Questo non vuol dire che non ci si possa ammalare, ma che non ci si ammala in modo grave».
Sarà necessario fare la quarta dose? Non è preferibile aspettare i nuovi vaccini?
«In base agli studi pubblicati, la quarta dose va fatta a tutte le persone che hanno più di 50 anni. E il vaccino migliore è quello che si trova disponibile. I nuovi arriveranno, ma non hanno un grado di copertura poi così diverso da quello dei vaccini tradizionali». -
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