Graziella Melina per “il Messaggero”
Nonostante la risalita dei casi, in pochi indossano la mascherina. Per strada, sui mezzi pubblici e nei locali, di distanziamento nemmeno a parlarne. «C'è una rimozione collettiva della pandemia osserva Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza e ordinario di Igiene generale e applicata all'Università Cattolica di Roma . Le persone sono ansiose di riprendere la normalità, però così facendo alla fine si contagiano, e solo allora si rendono conto dell'errore commesso».
Quindi se l'epidemia non si ferma, la responsabilità è di chi non usa le precauzioni?
«Se si vuole evitare un virus estremamente contagioso, non ci si può affidare alla buona volontà dei singoli. Ci sono dati oggettivi sui quali basarsi per prendere decisioni e i governi devono avere il coraggio di adottare misure impopolari. Altrimenti, le persone vivono normalmente, fino a quando poi purtroppo capita che qualcuno finisce in ospedale. Questa nuova ondata era ampiamente prevedibile già a marzo. Ora può essere contenuta solo se si ripristinano una serie di mezzi di prevenzione».
Servono ancora divieti e multe per evitare il peggio?
«Quando si ha un virus poco contagioso, ci si può permettere che ci sia un 15-20 per cento di popolazione non protetta che circola liberamente. Ma quando si è di fronte a un virus così trasmissibile, non ci si può basare sul corretto comportamento individuale. Non dimentichiamo che il modello svedese è stato basato proprio sul senso di responsabilità dei singoli, e ha determinato più morti degli altri Paesi. Se si considera poi che i cittadini svedesi, per altro, sono molto disciplinati, figuriamoci cosa può accadere negli altri Paesi...».
La copertura vaccinale non basta?
«Siamo circa 8 miliardi di persone. Il virus, ribadisco, è uno dei più contagiosi nella storia della microbiologia. Per cui, se lo lasci circolare, trova campo libero. Purtroppo, con queste varianti la vaccinazione non esercita un ruolo di protezione nei confronti dell'infezione. Fortunatamente, lo fa però nei confronti della malattia. Ma resta l'impatto negativo sulle persone fragili».
Un po' di libertà in più forse serviva per favorire almeno l'economia?
«Se si hanno balzi dei casi, come in questo momento, con un flusso di turisti maggiore rispetto a prima della pandemia e con la circolazione di persone che viaggiano in aereo senza mascherine, è chiaro che alla fine si compromette sia la salute che l'economia di un paese. A un certo punto, infatti, la pressione sarà così forte che si sarà costretti a prendere misure restrittive forti».
Eppure, l'Italia era stata elogiata anche dall'Oms per la gestione della pandemia. In cosa si sta sbagliando ora?
«Ci siamo adeguati agli altri Paesi. Non dimentichiamo che quasi tutte le democrazie occidentali hanno governi di coalizione, quindi sono presenti sensibilità diverse. In Italia ci sono alcuni partiti che sono contrari a queste limitazioni, come succede del resto anche in Germania, con l'Fdp, il partito liberal-democratico contrario alle mascherine. Di fatto, noi siamo riusciti a mantenerle, ma non quanto sarebbe stato necessario. È chiaro che alla fine se si prendono decisioni di compromesso, ne paghi le conseguenze».
Servirebbe di nuovo il Cts?
«La voce degli scienziati non manca. Ci sono gli organismi tecnici, l'Iss e il Css, ossia l'Istituto e il Consiglio Superiore di Sanità. Il problema è che la voce non viene ascoltata e vincolata alle decisioni. Un esempio eclatante è per esempio la non obbligatorietà delle mascherine sugli aerei. È una decisione che non ha alcuna base scientifica, e tuttavia è stata presa, non solo in Italia. In questo momento, ci sono centinaia di voli rimandati perché non c'è personale a bordo; sono infatti quasi tutti contagiati. È un meccanismo sconcertante e irrazionale a livello mondiale».
Ma è solo un problema di mascherine?
«Le decisioni vengono prese in maniera tardiva e locale, e non sono adeguate alle evidenze scientifiche. La vaccinazione si è bloccata. Si pensi che l'80 per cento degli ultra 80enni non sono vaccinati con la quarta dose. Il 60 per cento dei bambini non è protetto. Il testing e il tracciamento non vengono effettuati in maniera sistematica, l'isolamento viene spesso eluso, l'aria dei locali non viene controllata e la distanza è ignorata. Se si continua così, è ovvio che in autunno quando riapriranno le scuole la situazione sarà preoccupante».