Da https://notizie.virgilio.it/
Tutto quello che c’è da sapere sul vaccino Astrazeneca lo ha spiegato di recente, tramite un’intervista rilasciata a Repubblica, Andrew Pollard, 55 anni, professore dell’Università di Oxford nonché il ‘padre’ del siero. Non solo: Pollard ha anche fatto il punto sulla pandemia, sostenendo che la battaglia contro il Covid non può essere solo una questione ‘occidentale’, ma bisogna far sì che cure e immunizzazioni procedano su scala globale, arrivando anche nei Paesi poveri.
Si comincia dall’eventuale terza dose. Dovrà essere somministrata? E se sì, quando? “Al momento – dice Pollard -, non sappiamo se avremo bisogno. Sembra che i vaccini ci stiano dando una protezione eccezionale, in Europa e nel Regno Unito, e in questi giorni sono usciti anche i nuovi dati, reali, su quello di Oxford-AstraZeneca, persino migliori delle nostre stime: protezione dell’85-90% dal Covid sintomatico dopo due dosi”.
“Detto questo – prosegue l’esperto -, non so se avremo bisogno di un altro richiamo, perché ancora non sappiamo con certezza se l’immunità acquisita con i vaccini svanirà nel tempo. Inoltre, non sappiamo se le varianti del coronavirus ci costringeranno comunque alla terza dose negli anni a venire. A Oxford stiamo curando uno studio proprio su queste cosiddette dosi “booster” per aumentare l’immunità anti Covid, anche associando vaccini diversi. I risultati di questa ricerca saranno decisivi. Ma ancora non li conosciamo”.
Quando gli si fa notare che il governo inglese già parla di terza dose in autunno, Pollard dice senza se e senza ma che così facendo “si sbaglia” perché “niente è deciso. Il Regno Unito si sta preparando a questa eventualità, ma non è ancora stata presa alcuna decisione. Vedremo se una terza dose servirà, perlomeno su scala generale. Perché, se mai dovesse essere necessaria, bisognerà capire soprattutto quali e quante persone vaccinare. Questo ce lo indicherà la scienza”.
Pollard non esclude che un’eventuale terza dose possa essere solo riservata alle persone anziane e più fragili, ossia per quegli individui che hanno difese immunitarie basse. “Mentre tutti gli altri – aggiunge il professore – magari avranno infezioni leggere, anche a distanza di anni dalla seconda dose di vaccino. Se invece dovesse accadere una catastrofe, ossia che il virus mutasse così tanto da bucare ogni protezione dei vaccini in uso, allora una fetta molto più ampia di popolazione avrà bisogno di una terza dose. Ma per ora mi pare uno scenario estremamente improbabile”.
Capitolo varianti. Il ‘padre’ del vaccino Astrazeneca, quando gli si chiede di quella indiana, spiega che è errato focalizzarsi solo su una variante “perché è solo una delle tante che continueranno ad apparire, anche nei prossimi mesi. La vera questione è capire se i vaccini saranno sufficienti a far scongiurare alle persone il ricovero in ospedale per Covid, anche per diversi anni, nonostante le varianti”.
Quindi la rassicurazione. Per il momento, afferma sempre Pollard a Repubblica, “i dati che abbiamo sono piuttosto rassicuranti da questo punto di vista. I vaccini sembrano rimanere decisamente efficaci nel prevenire le manifestazioni più gravi del Covid, nonostante le nuove varianti. Invece le infezioni lievi o moderate del coronavirus continueranno a manifestarsi. Ma non me ne preoccuperei più di tanto”.
Rassicurazioni da una parte, allerta dall’altra perché “la storia delle pandemie è sempre evolutiva”, quindi si deve attender “per avere certezze. Dobbiamo ancora vedere come si comporterà questo virus con la stragrande maggioranza della popolazione immunizzata: è uno scenario inedito. Ma tutto sembra promettere bene al momento”.
In Spagna si stanno facendo alcune seconde dosi di Pfizer a quelle persone che nella prima dose hanno ricevuto Astrazeneca. Il ‘mix’ è positivo? Il professore si domanda se “questi “cocktail” saranno tollerati dall’organismo?” “Dai primi dati che abbiamo sugli adulti, il mix di vaccini pare generare più reazioni ……. nei primi due giorni della somministrazione, rispetto a due dosi dello stesso tipo. Inoltre, non è escluso che questa pratica possa comportare effetti collaterali più marcati nei giovani”.
code per il vaccino astrazeneca a palermo 2
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In Europa, così come in Italia, a volte territori e Regioni sono andati un po’ in ordine sparso, non sempre prediligendo le vaccinazioni prioritarie ai soli anziani. Cosa ne pensa? “È cruciale vaccinare prima le persone anziane e quelle più fragili. Ricordiamoci che il guaio principale di questa pandemia, con tutti i lockdown e le annesse restrizioni, è l’enorme pressione che esercita sui sistemi sanitari nazionali. Altrimenti, non sarebbe stata nemmeno definita una pandemia. Quindi, la priorità principale è proteggere e immunizzare coloro che sono più a rischio di ricovero per Covid grave o morte: ossia gli over 50 e i più fragili. Credo dunque sia bene rispettare l’ordine di età”.
Il tema si può portare su scala globale. Vale a dire: è giusto vaccinare prima i giovani occidentali rispetto alle persone anziane e fragili dei Paesi poveri? Naturalmente Pollard afferma che tale scenario “è moralmente sbagliato. La battaglia del Covid si vince a livello globale, non con i nazionalismi del vaccino. Abbiamo visto i livelli spaventosi di virus in India, Sudamerica, Sudafrica. Se pensiamo di vaccinare tutta la popolazione nei nostri rispettivi Paesi, lasciando gli altri al loro destino, creiamo solo una falsa illusione di aver sconfitto il coronavirus. Perché, se non lo fermiamo anche altrove, il Covid tornerà da noi. Quindi bisogna condividere le dosi che abbiamo, quanto prima”.
boris johnson visita i laboratori di astrazeneca a macclesfield 2
Quando gli si chiede del braccio di ferro tra Regno Unito e altri Paesi per la distribuzione di dosi Astrazeneca, l’esperto sottolinea che si tratta di “una domanda politica”. “Io – continua – sono uno scienziato e non sono stato coinvolto nei negoziati dei contratti. Ma il principio basilare è che gli anziani e i più fragili debbano essere protetti in tutto il mondo, non solo nei nostri Paesi. Se non lavoriamo insieme, torneremo tutti ogni volta al punto di partenza. Certo, ci sono programmi vaccinali globali lodevoli per i Paesi più poveri, come il Covax. Ma se ci concentriamo solo su noi stessi, non si va da nessuna parte”.
Si è molto parlato dei casi di trombosi, comunque rarissimi, forse legati alla somministrazione del vaccino di Oxford-AstraZeneca. Cosa ne pensa? “Stiamo ancora studiando questo fenomeno incredibilmente raro associato ad alcuni vaccini, incluso il nostro, e anche come curarlo, in quei pochissimi casi in cui avviene. Sono trombosi di un tipo molto raro. Ma ci sono tante altre cose decisamente più pericolose, come per esempio guidare la macchina in città. In ogni caso, bisogna sempre trovare un equilibrio, tra le politiche vaccinali e i livelli di contagio: se questi sono molto alti, allora il vaccino deve essere dato in ogni caso e a qualunque età”.
Si giunge al tema di cui si sente molto parlare, l’immunità di gregge: è un miraggio o è davvero un obiettivo? “Dobbiamo rinunciare all’idea di immunità di gregge. Perché siamo di fronte a un virus che muta. Se per il morbillo la soglia dell’immunità è 95% e per altri virus tra il 70 e l’80%, nel caso del coronavirus si tratta di un concetto sbagliato. La vera domanda che dobbiamo farci è: qual è la proporzione di popolazione vaccinata che abbatte il numero ricoverati in ospedale per Covid, ossia soprattutto tutti coloro con più di 50 anni. Il resto non ha molto senso”.
CORONAVIRUS - VACCINAZIONI A ROMA
Capitolo distanziamento e mascherine: quando si tornerà alla normalità? Anche in questo caso Pollard spiega che la situazione è complessa perché in un Paese largamente vaccinato si potrebbe anche “rinunciare a mascherine e distanziamento“. Tuttavia il professore ricorda che “in altri Paesi la fetta di persone che non si vogliono vaccinare è più ampio, anche tra gli anziani: in quel caso, non possiamo rinunciare a mascherine e distanziamento. Inoltre, c’è l’incertezza delle varianti. Come detto, sono ottimista, ma non possiamo esserne sicuri al 100%”.
“Abbiamo fatto enormi progressi, in certi Paesi mi sento dire che la vittoria è vicina. In Europa, per esempio, vediamo la luce in fondo al tunnel. Ma, se analizziamo la situazione dal punto di vista globale o in certi Paesi come l’India, siamo soltanto all’inizio di questa guerra. È inquietante. Per questo, per vincere questa lunga battaglia, bisogna sempre pensare in chiave mondiale, e non solo al proprio orticello”, conclude Pollard.