Uno dei paradossi dei nostri tempi è che di sesso si parla in continuazione ma si fa meno di quanto s'immagini. Non è un'illazione, ci sono dati e ricerche che fotografano la sessualità stanca dell'Occidente. Luigi Zoja è uno psicoanalista dallo sguardo largo che non si accontenta di sondare le patologie individuali ma indaga la società. Da junghiano cosmopolita, con un'esperienza all'Istituto Jung di Zurigo e negli Stati Uniti, ha scritto Il declino del desiderio (Einaudi Stile libero) per raccontare uno dei fenomeni più interessanti e incredibili del nuovo millennio. Un'epoca tanto libera quanto impaurita.
Sono solo i giovani ad essere affetti da questa "sindrome del ritiro"?
"È la società in generale ma nei ragazzi è più evidente. Iniziano a fare sesso sempre più tardi e tra loro si registra un forte ritorno alla masturbazione. Anni fa sembrava che questa psicastenia, una stanchezza dell'anima che si riflette sul corpo, riguardasse prevalentemente l'Oriente, ma è chiaro ormai che il fenomeno degli hikikomori, i ragazzi giapponesi che si isolano dalla vita sociale, si è affermato su scala planetaria".
Dove ci siamo incagliati, che cosa è successo?
"Scontiamo il "disincanto del mondo", per usare la formula di Max Weber. Quando tutto si riduce a fenomeno meccanico finisce che si perde interesse. Cresce il numero dei ragazzi che odiano il proprio corpo e non riescono a vivere in modo rilassato una vita sessuale che cerchi di recuperare il concetto antico di eros e vada al di là della mera idraulica".
Un tempo Eros si scriveva con la maiuscola, era un Dio.
"Il passaggio alla minuscola è stato inevitabile, fa parte del processo di laicizzazione della modernità. Indietro non si torna ma probabilmente potremmo provare a recuperare rispetto per la relazione e l'amore in sé. Cosa che Tinder non permette".
Sta suggerendo di risacralizzare il sesso?
"Gli smartphone o strumenti come le app di incontri creano esperienze più mentali che fisiche, più astratte che concrete, che lasciano insoddisfatti. Incontri che non si traducono in avventure erotiche ma rimangono virtuali e fanno solo perdere un sacco di tempo. Non si guarda davvero all'altro ma a quanto la sua immagine sia "postabile", a quanto ci faccia fare bella figura. Questo è un travisamento dell'eros, la cui attivazione è un fenomeno interiore personale e non qualcosa di esterno, da mostrare. Il problema è che i modelli si cercano ormai su Internet e che devono passare al vaglio dello sguardo della community della Rete".
Crede anche lei, come Bauman, che scontiamo un consumismo esasperato?
"Come scrivo nel libro siamo vittime della sindrome dell'iper-Buridano. Allo stesso modo dell'asino che non sapeva quale fieno scegliere, se il mucchio alla sua destra o quello alla sua sinistra, entrambi ugualmente appetibili, ci blocchiamo di fronte a troppa offerta. Oltre una certa soglia subentra la nausea. Robin Dunbar, neuroscienziato e paleoantropologo dell'università di Oxford, ha stabilito una soglia di contatti oltre la quale perdiamo la relazione personale. Per Dunbar sono intorno ai 150. Se è vero questo, le migliaia di "amici" che abbiamo su Facebook sono un fake. Viviamo dentro bolle prive di emozioni reali".
Quanto la sessualità è condizionata da Internet?
"Indebolito il ruolo dei modelli tradizionali, tra cui la famiglia e la scuola, sono i film pornografici o gli influencer i nuovi punti di riferimento, anche per quanto riguarda la sessualità. È evidente che si tratta di parametri non imitabili che generano solo frustrazione. I video porno, in cui il maschio ha l'erezione permanente e la donna è sottomessa e disponibile, sono parte del maschilismo di ritorno dei nostri anni".
Il fenomeno riguarda solo la sfera sessuale o anche quella sociale e politica?
"Il neopopulismo stile Trump, Bolsonaro, Putin si sovrappone a questo maschilismo piuttosto rozzo. Il crollo delle sinistre si può leggere anche da questa ottica. Sarebbe interessante capire quanto abbia indebolito il gradimento della sinistra agli occhi del popolo la difesa dei marginali, dei trans, degli omosessuali. È chiaro che si tratta di attacchi pretestuosi e che la società non è certo minacciata da minoranze che rimangono tutt'oggi percentualmente insignificanti, ma sta vincendo la personificazione del nemico. Il bisogno del "malvagio" da additare. C'è poi un altro elemento da valutare. La gente si chiede perché continuare a parlare di quell'1% e non di problemi più gravi come la disoccupazione".
E lei personalmente come la vede?
"La libertà di qualsiasi minoranza è una grande conquista, ma l'indebolimento dell'identità di genere sta creando un certo disorientamento. Tra l'altro a un'incertezza psicologica diffusa si sta affiancando un'incertezza a livello ormonale, endocrinologico. Stando a una recente ricerca, il numero degli spermatozoi nel liquido seminale maschile nell'ultimo mezzo secolo si è dimezzato".
La fluidità sessuale non è una ventata di libertà, una spallata ai vecchi schemi patriarcali e maschilisti?
"Il problema è che tutto sta avvenendo troppo rapidamente e i ragazzi ne ricavano una sensazione d'insicurezza. La femminista Alice Schwartz si è scagliata in modo netto in una trasmissione tv contro la nuova legge svizzera che affida la definizione del sesso a soggetti anche minorenni senza bisogno di certificazione medica e abbassando l'età minima per la scelta a 14 anni. Non è un caso che accanto alle transizioni da un sesso all'altro, siano aumentate le richieste di de-transizioni. Quando si sceglie troppo presto si rischia poi di pentirsi, ma tornare indietro è impossibile e cresce la confusione".
Non c'è il rischio che i reazionari cavalchino questi argomenti?
"Alle origini del nazismo e della crisi della Repubblica di Weimar c'è anche il rifiuto di una libertà percepita come eccessiva e decadente. Le chiusure morali di Putin e degli altri autocrati si alimentano demagogicamente di questi stati d'animo".