Paolo Russo per “la Stampa”
Giorgio Palù, presidente dell'Aifa e professore emerito di Virologia dell'Università di Padova, all'allarme polmoniti lanciato dai medici del 118 non crede più di tanto. «Se guardiamo ai dati resi noti il 30 giugno dal Centro europeo per il controllo delle malattie, possiamo dire di avere certezza della minore patogenicità di Ba.1 e Ba.2, mentre su Ba.4 e 5 i dati sono minori.
Ma oltre ai tanti riscontri clinico-epidemiologici, anche un recente studio pubblicato in America e che ha interessato una quota significativa di popolazione indica che i casi di polmonite si sono ridotti moltissimo. Il dato importante è che tutte le sottovarianti di Omicron hanno delle mutazioni in un sito della proteina S che rendono difficile la fusione tra l'involucro esterno del virus e la membrana plasmatica della cellula. Fusione attraverso la quale il virus entra a livello polmonare».
Un falso allarme allora?
«Con questo alto numero di contagi è statisticamente normale che qualche persona in più si ritrovi in ospedale con una polmonite. Magari perché non vaccinata o con ciclo vaccinale incompleto o con patologie concomitanti. Ma questo non significa che Ba.5 sia più patogena».
Far circolare liberamente il virus può farci incappare in qualche variante più pericolosa?
«Ad esclusione di Alfa tutte le varianti sono originate in Paesi come India, Brasile, Sudafrica, dove ci sono ampie fasce di popolazione immunodepressa a causa di malattie come la tubercolosi o l'Hiv. Ed è noto che più il virus persiste in un organismo che non ha difese immunitarie forti per combatterlo e maggiori sono le possibilità che muti. Con Ba.5 oramai globalmente predominante e ad alto tasso di contagiosità non possiamo quindi di certo escludere nuove mutazioni. Ma fino ad oggi più il virus è diventato trasmissibile e minore è diventata la sua virulenza. È la tendenza di tutti i virus pandemici che non hanno interesse ad uccidere l'organismo che li ospita».
Si va quindi verso una endemizzazione del virus?
«Non siamo ancora a quel punto ma via via che aumenta la popolazione immunizzata dai vaccini o dalla malattia si arriverà ad avere un virus endemico come avviene per gli altri virus respiratori stagionali».
Quanto manca al picco?
«Non voglio fare previsioni che poi rischiano di rivelarsi sbagliate. Ma con un Rt di 1,3 destinato a salire a 1,5 diciamo che occorrerà ancora qualche settimana affinché inizi la discesa. Anche perché i contagi reali, con il fenomeno delle autodiagnosi e con i casi asintomatici, potrebbero essere 3-4 volte tanto quelli denunciati. Quindi tra malattia e vaccini quasi tutta la popolazione è immunizzata. E anche se con Ba.5 c'è un 10% di reinfezioni le possibilità di propagazione del contagio vanno riducendosi più passa il tempo».
Non è che abbiamo tolto troppo presto le mascherine al chiuso?
«Rispetto al resto d'Europa no. Però in un periodo di alta circolazione del virus come questa le Ffp2 le indosserei nei luoghi chiusi o affollati anche per proteggere i fragili».
Solo il 20% degli over 80 ha fatto la quarta dose. Cosa si dovrebbe fare per far ripartire la campagna vaccinale?
«Il problema è che gli anziani non si fanno convincere a fare il booster perché c'è l'evidenza delle reinfezioni e in più attendono i vaccini aggiornati. Ma invece sarebbe bene si proteggessero intanto con i vaccini attuali che continuano ad essere efficaci contro le forme gravi di malattia. Dovremmo pensare a far vaccinare gli anziani in farmacia o a mandare i medici di famiglia nelle loro case quando hanno problemi a muoversi».
Molti aspettano i vaccini aggiornati. Ma siamo sicuri siano efficaci anche su Omicron 5?
«Sappiamo che il vaccino bivalente a mRNA aggiornato sul ceppo Ba.1 di Omicron e contenente la sequenza originaria di Wuhan, induce titoli anticorpali anti-Ba.5 non elevati.Uno studio recente pubblicato sul New England Journal of Medicine indica che i titoli anticorpali anti-Ba.4 e Ba.5 indotti dall'attuale booster o dall'infezione naturale con Ba.1 e Ba.2 sono ridotti rispettivamente di circa 20 rispetto ai titoli prodotti contro il prototipo di Whuan e 3 volte rispetto a quelli generati da Ba.1, Ba.2.
Nondimeno resta alta la protezione del vaccino contro la malattia, anche per la capacità di indurre una forte risposta cellulo-mediata. Del resto non possiamo inseguire tutte le varianti che mano a mano si presentano. Il 1°luglio Ema, Fda e Oms si sono riunti sotto l'egida dell'International Coalition of Medicines Regulatory Authorities e hanno concluso che il vaccino bivalente aggiornato potrebbe offrire alcuni vantaggi nell'ampliare la risposta immunitaria e che potrebbe essere utilizzato inizialmente come booster».
Quando potrebbero essere approvati?
«Credo per settembre. Per quelli aggiornati su Ba.4 e 5 bisognerebbe aspettare l'inverno. Troppo in là».
A chi lo somministrerebbe?
«A tutti gli over 60 a prescindere dalla presenza o meno di patologie. Del resto è quello che si fa con il vaccino antinfluenzale. Speriamo che questa volta, come auspica il Ministro Speranza, l'Europa faccia una scelta unitaria anche per non disorientare la popolazione».
Intanto abbiamo antivirali e monoclonali efficaci ma li usiamo poco. Come mai? «Dell'antivirale Paxlovid sono stati somministrati solo 21 mila trattamenti delle 600mila confezioni preordinate, con le giacenze che rischiano di scadere a fine anno. Andrebbe fatta più formazione ai medici di famiglia e resa più chiara la linea guida di terapia. Ciò in quanto Paxlovid è sì un farmaco facile da somministrare ma va preso entro 72 ore, massimo 5 giorni, dall'esordio dei sintomi e interagisce con molti altri farmaci.
Circostanza che può far esitare il medico a prescriverlo. Stesso discorso per il monoclonale Evusheld che può essere usato sui fragili esposti a scopo preventivo. Se avessimo un fascicolo sanitario elettronico con tutti i dati clinici di ciascuno sarebbe tutto più facile. Speriamo ora negli investimenti del Pnrr sulla digitalizzazione della nostra sanità, che su questo è ancora indietro». -