DAGONOTA
“Sì, andrà tutto bene: Ecco perché il Covid-19 sarà sconfitto” (Ed. Piemme Mondadori). Titolo che suona come una provocazione o quanto meno un azzardo di questi tempi. Sollecitato da Giancarlo Dotto, l’immunologo clinico Francesco Le Foche diffonde in questo instant book le ragioni scientifiche del suo ottimismo.
Non stiamo vivendo l’apocalisse, ma una “sindemia”, una pandemia cioè che coinvolge e destabilizza tutto il pianeta. Le Foche racconta e analizza il fenomeno Sars-Cov-2, l’agente infettivo del Covid-19, nella sua genesi e nelle sue manifestazioni da marzo in poi.
Cicli, picchi, discese e risalite, prima e seconda ondata. Tracciando allo stesso tempo scenari verosimili di terapie e vaccini e non mancando d’indicare le linee guida necessarie per ridurre al minimo il rischio di una “replica” futura che, mettendo insieme contagiosità e letalità, precipiti l’umanità in una tragedia peggiore.
Tutto iniziò dall’anomalia lombarda e dalla bomba epidemiologica di Atalanta-Valencia. Intervista che Le Foche rilasciò all’epoca a Dotto per il “Corriere dello Sport”, ripresa da Dagospia e poi in tutto il mondo.
Sì, andrà tutto bene - Estratto
Ancora una volta, la scienza è la cometa che ci guiderà fuori da questo incubo in cui siamo precipitati a causa di un virus di cui fino alla fine del 2019 ignoravamo l’esistenza. Le linee guida per resistere le abbiamo: a breve avremo il passepartout per uscirne.
Vinceremo la guerra.La pandemia finirà e i passaggi chiave per arrivare alla meta sono tre: il contenimento dei contagi, gli anticorpi monoclonali, il vaccino. Il primo è un auspicio, il secondo e il terzo sono certezze. Gli anticorpi monoclonali e il vaccino saranno le due terapie decisive per la risoluzione dell’emergenza pandemica.
Per arrivare al lieto fine, che purtroppo così lieto non è - con tutti i lutti, le ferite e i danni, psichici ed economici, che ci trascineremo inevitabilmente chissà per quanto tempo - c’è un percorso preciso che sintetizzo in cinque punti:
Uno: la barra del timone ben salda da parte dei politici e dei sanitari.
Due: assistenza immediata al paziente con cure domiciliari.
Tre: tracciamento dei contagi intra-familiari con tamponi domiciliari.
Quattro: strutture che accolgano il paziente dimesso ma ancora contagioso e strutture che accolgano i soggetti contagiati che non hanno la possibilità di stare nella propria abitazione per carenza di spazio.
Cinque: buona gestione dell’ospedalizzazione con controllo della corsia ordinaria ma anche delle terapie intensive e sub intensive e potenziamento delle terapie con la diffusione degli anticorpi monoclonali quale “ponte” in attesa del vaccino,. Io credo che sia la strada per mettere fine a questa storia.
Quando? Grazie all’immunoterapia passiva degli anticorpi monoclonali selezionati dal nostro sistema immunitario e all’immunoterapia attiva del vaccino saremo in grado di lasciarci alle spalle questo incubo; con ogni probabilità, già nei primi mesi del 2021 sarà possibile utilizzare gli anticorpi monoclonali, una formidabile terapia nonché un’importante forma di prevenzione.
Alla fine degli anni Ottanta, quando il professor Pontieri - patologo generale, uomo carismatico e gaudente dall’intelligenza incredibile, incallito fumatore di Gauloises e Nazionali senza filtro – me ne parlava, non si sapeva bene cosa farsene. All’epoca, gli anticorpi monoclonali erano sostanze misteriose, un’elucubrazione da laboratorio. O almeno così sembrava.
Oggi, quasi quarant’anni dopo e con tutta l’euforia del caso, sappiamo che grazie agli anticorpi monoclonali possiamo curare quasi tutto, compresi il cancro, le malattie autoimmuni, le malattie infiammatorie del grosso intestino e persino la cefalea e l’osteoporosi. Ora anche le malattie infettive.
Avremo il vaccino a breve, prima dell’estate. Sarà pronto per l’inizio del 2021 e poi, non appena possibile, partirà l’industrializzazione progressiva e la somministrazione globale a cominciare dalle categorie più fragili, dando naturalmente per scontato il patto etico tra le aziende farmaceutiche in campo, che dovranno privilegiare il bene della collettività rinunciando ai profitti, esattamente come accadrebbe in tempi di guerra.
Il vaccino equivale a una forma d’immunità attiva che stimola il sistema immunitario a produrre anticorpi che agiscono per un periodo di tempo illimitato, se necessario con i richiami del caso. Se all’inizio dovesse risultare solo parzialmente efficace per diffusione della somministrazione e nell’effetto, sarebbe comunque già estremamente utile come depotenziamento del contagio.
Vale la pena di chiarire, per evitare malintesi, che sconfiggere il virus non significa eliminarlo dalla nostra vita ma, appunto, depotenziarlo, renderlo il più inoffensivo possibile. Come accade già, tra gli altri, con i virus influenzali con cui abbiamo a che fare ogni inverno. L’alto grado di diffusibilità del Sars-Cov-2 ci obbligherà a stare in sua compagnia per almeno i prossimi tre anni. Si tratta di spuntargli le armi.
Fino ad allora, vale la pena di ripeterlo, sarà fondamentale contenere il contagio per evitare il sovraffollamento ai livelli di guardia nelle strutture ospedaliere, una situazione allarmante di cui abbiamo avuto un assaggio significativo nell’ondata primaverile dell’epidemia e nuovi, preoccupanti segnali mentre finisco di scrivere questo ebook.
Oggi più che mai sono necessarie una strategia di politica sanitaria e nuove linee guida. Per il resto, distanza, igiene e mascherine devono contraddistinguere il nostro modus vivendi fino all’inevitabile lieto fine e, con la giusta misura, lo saranno anche dopo. Con l’auspicio che zone rosse, lockdown parziali e misure restrittive durino il meno possibile.
La mascherina è più che indispensabile negli ambienti chiusi particolarmente frequentati, con un forte tasso d’umidità e pochi scambi d’aria. Lo è ancora di più negli chiusi associati al rumore e alle grida.
Non è un caso che gli indici di contagio tra i più alti al mondo si siano riscontrati nei cori di Harlem e nelle macellerie del Texas, dove il fracasso delle attrezzature che segano le ossa degli animali induce le persone ad alzare la voce, che in questo modo diffondono milioni di particelle virali. Vanno considerate situazioni a rischio di contagio anche le abitazioni private e i luoghi di lavoro; dunque massima prudenza nell’affollare gli spazi e nell’accogliere le persone.
Allo stato attuale e, in attesa della terapia monoclonale, abbiamo interpretato bene la realtà che ci siamo trovati ad affrontare e abbiamo imparato molte cose. Siamo in grado quasi sempre, fin dal primo paziente che entra nei nostri reparti, di capire chi è destinato alla rianimazione e chi invece no.
Così come siamo in grado di trattare al meglio la sindrome Covid-19 nelle corsie ordinarie d’ospedale e a casa, con l’aiuto dei medici di famiglia, utilizzando cortisonici, antibiotici e antivirali. Questo, in particolare, ci consente di evitare gli ingorghi ospedalieri e di scongiurare la congestione delle terapie intensive. Oggi conosciamo meglio le reazioni del nostro sistema immunitario rispetto alla carica virale.
bambino al mare con mascherina
Sappiamo, per esempio, che nei polmoni dei pazienti anziani c’è un deficit immunitario, sia qualitativo sia quantitativo. In altre parole, gli anziani hanno a disposizione armi spuntate e quindi poco efficienti, per questo sono più vulnerabili e per questo vanno protetti. Sappiamo inoltre anche, al contrario, che il sistema immunitario delle donne e dei bambini possiede maggiori difese nei confronti di questa aggressione.
sistema immunitario e dieta 1 2
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L’immunità di gregge.Un concetto su cui circolano interpretazioni fuorvianti. Sono in tanti a pensare che si attui “sul campo” grazie alle persone che s’infettano allegramente l’una con l’altra. In realtà, l’immunità di gregge nasce con il vaccino. È il vaccino.
Personalmente, la definisco “immunità generosa”, ovvero un’immunità sociale che corrisponde alla capacità di un gruppo di resistere all’attacco di un’infezione verso cui la maggior parte delle persone non ha possibilità di reagire con il proprio sistema immunitario.
FRANCESCO LE FOCHE MARA VENIER
Si tratta di una forma di protezione indiretta e si verifica quando la vaccinazione di una parte significativa della popolazione riesce a fornire in modo indiretto una tutela anche agli individui non vaccinati. In sintesi: vaccinando il 90 per cento della popolazione, il restante 10 per cento non corre il rischio di ammalarsi.