Margherita De Bac per il “Corriere della Sera”
Gioire del sorriso del nipotino. Assaporare la libertà di prendere la metropolitana da solo, senza l'aiuto di qualcuno che legga i cartelli direzionali per tuo conto. Stupirsi nell'abbracciare in un unico sguardo le cinque dita della mano, tutte insieme. Sono i piccoli e, allo stesso tempo, immensi piaceri sognati dai candidati all'impianto della (minuscola) protesi che promette di restituire parte delle immagini sottratte dalla maculopatia degenerativa, una malattia legata all'età che da noi colpisce un milione di persone.
Stavolta ci sono anche pazienti italiani, cinque, fra i partecipanti alla sperimentazione di «Prima», protesi della retina già provata con successo su altri 17 soggetti fra Usa, Francia e Germania. «È uno studio multicentrico di importanza straordinaria», annuncia Andrea Cusumano, docente di oftalmologia e ricercatore all'università di Tor Vergata dove i microchip verranno impiantati nell'ambito di un Consorzio col presidio Britannico presso l'Azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma.
Al progetto «PRIMAvera» partecipano 38 pazienti europei affetti da degenerazione della macula, la parte centrale della retina. «La prospettiva per loro, praticamente ciechi e non autonomi, è il recupero di una certa visione centrale e di un bene prezioso, l'indipendenza», spiega Cusumano. Il tipo di maculopatia da correggere è quella definita «geografica»: di un'immagine si percepisce al massimo la periferia. Quindi è impossibile leggere, non solo un libro ma anche il più semplice dei cartelli stradali che appaiono oscurati da una macchia nera.
E questo dà il senso della limitazione cui si è condannati se lo strato di cellule fotosensibili al di sotto della retina perdono funzionalità. Per sopperire alla loro mancanza si ricorre ad una protesi inserita chirurgicamente dietro la retina e, a distanza di un mese, attivata da occhiali dotati di una micro-videocamera tascabile. L'immagine viene elaborata e inviata al microchip sotto forma di una segnale a raggi infrarossi.
Tanto sforzo per restituire la visione parziale? Cusumano conosce il senso di impotenza che inibisce i malati e li conduce verso una condizione di profondo disagio psicologico: «Rivedere lettere e numeri, leggere brevi frasi è tantissimo per chi vive al buio quasi completo e si era ormai rassegnato all'assenza di cure». La selezione dei candidati allo studio è in corso. Chi è interessato a partecipare al «PRIMAvera» può scrivere a cusumano@cusumano.com .