Antonio Grizzuti per “la Verità”
Nel corso del briefing quotidiano alla Casa Bianca, uno scatenato Donald Trump ieri si è detto felice dell' assenza di casi domestici in Cina, salvo poi chiosare sarcastico: «Chi può dire se i report sono veritieri?».
ospedali cina per coronavirus 3
Il fatto che il presidente americano non si fidi di Pechino non è una novità, ma ieri ci è andato giù pesante. «Il mondo», ha aggiunto Trump, «pagherà a caro prezzo
il fatto che la Cina ha rallentato la condivisione delle informazioni sul virus». Solo qualche giorno fa, citando la notizia pubblicata da un media locale, il Guardian retrodatava il primo caso di infezione da coronavirus in Cina addirittura al 17 novembre.
Vale a dire più di un mese prima della partenza ufficiale della pandemia. Nel frattempo, il conto più salato è toccato all' Italia. Dopo il record di mercoledì (475 morti), ieri si sono registrati 427 nuovi decessi. Un balzo che, purtroppo, ci ha fatto superare la Cina. Una cosa è certa: dati alla mano, l' andamento dell' epidemia di coronavirus in Italia sembra seguire traiettorie diverse rispetto alle curve disegnate da Pechino. Se consideriamo come «tempo zero» quello in cui si sono sorpassati i 500 casi di infezione, infatti, i decessi italiani sono in anticipo rispetto a quelli cinesi registrati di ben 20 giorni.
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È evidente che qualcosa non torna. Cosa può aver determinato queste differenze, al netto di tutte le possibili polemiche politiche? Circa un mese fa è scoppiato un caso sull' attendibilità dei dati diffusi da parte delle autorità sanitarie cinesi. Molti osservatori indipendenti hanno alluso a una possibile manipolazione dei dati (ovviamente al ribasso) da parte del regime per scopi propagandistici.
Tuttavia, nel dettagliato report pubblicato dall' Organizzazione mondiale della sanità a seguito della visita in terra cinese, gli esperti assicuravano: «È vero, i casi diminuiscono». Considerare il numero dei casi come barometro dell' andamento del contagio fornisce un' istantanea efficace ma può anche risultare fuorviante, dal momento che il risultato dipende in larga parte dalla politica con la quale vengono effettuati i tamponi. C' è poi il pericolo saturazione, come ha spiegato ieri a Repubblica Enrico Bucci, professore di Biologia dei sistemi alla Temple university di Philadelphia: «Gli ospedali lombardi, ormai al limite del collasso, rimandano indietro moltissime persone con sintomi senza far loro il tampone. E quindi il numero di contagiati è ampiamente sottostimato».
POMPE FUNEBRI IN CINA CORONAVIRUS
Senza contare il problema legato agli asintomatici che circolano ignari e indisturbati: alcuni studi hanno ipotizzato che il numero dei contagiati possa essere di gran lunga maggiore (anche 10 o 20 volte) rispetto a quello ufficiale. Contattata dalla Verità, la professoressa Susanna Esposito, presidente dell' Associazione mondiale malattie infettive (Waidid), ha dichiarato che «se non si fanno tamponi ai sintomatici senza criterio epidemiologico e ai contatti stretti asintomatici non se ne esce o comunque ci vorrà molto tempo, con l' economia del Paese piegata in due».
Rapportando il numero dei decessi a un tasso di mortalità più «normale», si va da un minimo di 70.000 a un massimo di 300.000 casi. Propaganda o meno, dunque, possiamo affermare che il dato «secco» dei contagi serve fino a un certo punto. Ma questo vale tanto per l' Italia, quanto per la Cina. Se gli asintomatici liberi di aggirarsi in mezzo ai soggetti sani stanno provocando questa escalation di casi, perché la stessa cosa non è successa anche a Pechino?
Torniamo all' impressionante dato sui decessi. Nello Hubei, provincia cinese epicentro dell' epidemia nella quale si concentrano il 95% dei morti del Paese, la curva ha iniziato ad appiattirsi intorno al 20 febbraio. Vale a dire più di tre settimane dopo la decisione di mettere il lucchetto all' intero territorio. Sempre secondo Bucci, il numero dei decessi in Italia è perfino sottostimato.
«Molti ormai muoiono a casa senza tampone e non nelle terapie intensive, quindi non risultano conteggiati come decessi per Covid-19 nei resoconti ufficiali», denuncia lo scienziato, «per ogni morto in ospedale ce ne potrebbero essere due che sfuggono al controllo». Ma se ciò accade nel nostro Paese, non si capisce per quale motivo i decessi «fantasma» non debbano essersi verificati anche nello Hubei o nel resto della Cina.
A conti fatti, dunque, non tornano né i dati cinesi sui contagi, né tantomeno quelli relativi ai morti. Eppure a seguito della sua visita, la delegazione Oms si è sperticata in lodi all' indirizzo del Dragone: «La Cina ha messo in atto la più ambiziosa, agile e aggressiva strategia di contenimento mai vista nella storia. Gran parte della comunità mondiale non è pronta, né dal punto di vista materiale né da quello mentale, per implementare le stesse misure». Quando le autorità di Wuhan hanno messo il lucchetto alla città era il 23 gennaio, e in città si contavano appena 400 casi.
statue con la mascherina in cina 1
Muoversi tanto in anticipo può aver salvato la Cina. Ma è verosimile pensare che una misura così drastica sia stata presa a seguito di un numero tanto esiguo di contagi? Oppure in realtà la situazione era più grave? Domande che difficilmente troveranno una risposta, ma tanto basta per gettare un' ombra inquietante sulla cosiddetta «lezione cinese».