IL NUOVO MALATO D'ITALIA - IL PIEMONTE HA PIÙ CONTAGIATI DELLA LOMBARDIA IN PROPORZIONE ALLA POPOLAZIONE - È L' AFFANNO DI UNA REGIONE ANZIANA, CHE NEGLI ULTIMI ANNI HA ATTRAVERSATO IL DESERTO DEL PIANO DI RIENTRO DELLA SANITÀ: NIENTE ASSUNZIONI, CHIUSURA DI ALCUNI PRESÌDI, RIORGANIZZAZIONE DELLA RETE OSPEDALIERA, INDEBOLIMENTO DELLA MEDICINA TERRITORIALE, ELIMINAZIONE E ACCORPAMENTO DI SERVIZI

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Andrea Rossi per “la Stampa

 

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Due giorni fa il Piemonte ha superato l' Emilia Romagna e ora è la seconda regione italiana per casi di coronavirus: 24.910. Ci è arrivato in capo a una preoccupante rincorsa cominciata a inizio aprile, così tumultuosa da colmare in pochi giorni il divario dal Veneto ed Emilia. Secondo, il Piemonte, lo era già - e da diversi giorni - per i casi attualmente positivi, che scontano quindi le vittime e i guariti.

 

Ma c' è un dato che più di tutti ne fa il malato d' Italia in questo momento: il rapporto tra la popolazione e le persone che attualmente lottano contro il virus. In Piemonte ci sono 356 abitanti ogni 100 mila alle prese con il Covid; in Lombardia 342. Il sorpasso è avvenuto martedì scorso. Dal primo aprile l' indice di positivi su 100 mila abitanti è cresciuto in Italia del 31,4%, in Piemonte dell' 83,1%, in Lombardia del 33,8, in Veneto del 14,7 e in Emilia del 7,4.

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Nella regione che più di tutti fatica a ridurre la curva del contagio - basti pensare che qui i nuovi casi aumentano in media del 2,5% al giorno, la Lombardia è intorno al 2%, l' Emilia viaggia stabilmente sull' 1% - ci sono poi almeno due casi allarmanti. Il primo riguarda Torino: pochi giorni fa era la quarta provincia per casi accertati; mercoledì ha superato Bergamo, ora tallona Brescia, 300 contagiati di differenza e un sorpasso che potrebbe avvenire già oggi. E poi c' è Alessandria: 755 casi ogni 100 mila abitanti, il doppio della media regionale, e 533 vittime su 2.859 in regione, avendo però appena il 9% della popolazione.

 

Il Piemonte è terzo per ricoverati in terapia intensiva, ma i posti occupati si sono pressoché dimezzati negli ultimi giorni, da 460 a 217. Ed è la terza regione per decessi registrati, eppure da quindici giorni consecutivi tallona la Lombardia.

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In un quadro così complesso la Regione guidata da Alberto Cirio sta progettando la riapertura delle attività e un piano da 800 milioni per sostenere le attività in ginocchio. Il governatore si rimette al giudizio dei tecnici. Nel corso delle settimane si è circondato di tre gruppi di lavoro, totale 54 persone.

 

 L' Unità di crisi, costituita a fine febbraio per affrontare l' emergenza, è oggetto di un' infinità di critiche per il degenerare della situazione (i pochi tamponi all' inizio, la strage nelle residenze per anziani, le protezioni mancanti negli ospedali). Il comitato tecnico scientifico (22 membri) non si riunisce da quasi un mese. L' ultimo gruppo di lavoro è nato intorno a chi per settimane - inascoltato - aveva criticato le scelte della Regione.

In questo scenario ieri il capogruppo di Leu alla Camera Federico Fornaro ha avvertito che servirà «la massima prudenza là dove si è ancora in piena emergenza sanitaria». I fronti restano preoccupanti.

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Da una decina di giorni in Piemonte riesce a processare oltre 6 mila tamponi, sforzo che ha permesso di portare a galla centinaia di casi sommersi. Ma si sconta ancora il "peccato" iniziale, la scelta di eseguire test solo su chi presentava sintomi evidenti lasciando tutti gli altri alla responsabilità dei comportamenti individuali. Il risultato è stato l' esplodere dei contagi tra le mura domestiche, per non parlare delle Rsa: 20 mila tamponi fatti su ospiti e personale, uno su tre positivo, oltre 500 vittime finora.

 

È l' affanno di una regione anziana, che negli ultimi anni ha attraversato il deserto del piano di rientro della Sanità: niente assunzioni, chiusura di alcuni presìdi, riorganizzazione della rete ospedaliera, indebolimento della Medicina territoriale, eliminazione e accorpamento dei servizi che non potevano giustificare utilità e sostenibilità economica.

ALBERTO CIRIO ALBERTO CIRIO

 

Quando l' epidemia ha fatto breccia il sistema si è trovato scoperto: due laboratori per i test, nessuna comunicazione tra medici di base e rete ospedaliera. E non ha saputo reagire: pronto soccorso intasati, in tilt il sistema che doveva raccogliere le segnalazioni dei dottori sui casi da trattare, mail andate perse. Solo da una decina di giorni, con il rinnovo delle task force voluto da Cirio, la rotta si è aggiustata: più tamponi, interventi sulla prevenzione, riorganizzazione della rete. Ma l' epidemia era ormai scoppiata: ora il contagio rallenta, ma sono ancora troppi i guai delle settimane passate da smaltire.

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