Estratto dell'articolo di Melania Rizzoli per “Libero quotidiano”
Il concepimento naturale che tutti conosciamo, con la casualità, durante l’ovulazione e la fecondazioni, di incrocio dei cromosomi materni e paterni e la prevalenza degli stessi, che produrranno un essere unico e irripetibile, più somigliante alla madre o al padre, e distinto da ogni altro umano, sta per essere superato da un concepimento artificiale, prodotto da un algoritmo creato dall’ Intelligenza Artificiale (AI), il quale, applicato alla Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), selezionerà per i genitori l’embrione più idoneo ed ottimale da trasferire in utero, quello che avrà la percentuale più alta di nascere vivo, sano, a scelta maschio o femmina, con le caratteristiche desiderate, senza la possibilità di errori umani o naturali, e con dati clinici e genetici predefiniti, su un modello predittivo fino ad oggi ignorato o trascurato dall’operatore sanitario.
PRECISIONE […] Con l‘Intelligenza Artificiale è stato creato un algoritmo che analizza le fasi iniziali della fecondazione, dello sviluppo embrionale, il suo contenuto cromosomico, il suo livello di attività cellulare e la sua vitalità, calcolando matematicamente quello con più probabilità di impiantarsi (fono al 90%) e di arrivare senza pericoli al termine di gravidanza. In pratica questo sistema classifica automaticamente gli embrioni più idonei all’impianto in utero, scegliendone anche la morfologia, e a richiesta il sesso, attraverso nuovi e precisi indicatori e protocolli personalizzati, individuando anche il momento migliore, dal punto di vista ormonale, per l’impianto dell’embrione finalizzato ad ottenere una gravidanza sicura.
Lo studio sull’Intelligenza Artificiale applicata alla PMA è stato presentato a Malaga al Congresso Internazionale sulla Medicina Riproduttiva, ed ha rivelato come, attraverso l’uso delle reti neuronali artificiali (ANN), il sistema sia in grado di individuare con precisione gli embrioni che si espandono e crescono più velocemente e precocemente rispetto agli altri, che hanno la migliore morfologia e vitalità, e che hanno la migliore percentuale di successo di evoluzione riproduttiva, evitando così alle madri il rischio di ulteriori iperstimolazioni ovariche.
[…] È bene sottolineare che le nuove tecnologie non sono da criticare o demonizzare a priori, poiché non ostacolano il lavoro dei professionisti della medicina, semmai lo agevolano per ottenere risultati migliori per gli obiettivi prefissati, per rivelare molti aspetti cellulari che l’occhio umano ancora non riesce ad individuare con i metodi tradizionali, ed è evidente che si tratta di grandi opportunità scientifiche per eliminare le inefficienze in termini di valutazione, troppo spesso legate alla soggettività dell’operatore umano.
Il progresso scientifico, si sa, è inarrestabile, e ci sarà qualcuno che obietterà che con queste tecniche non nasceranno più bambini con la sindrome di Down o con malattie cromosomiche e genetiche rare, ma è proprio questo il compito della scienza, quello di studiare e possibilmente evitare tutte quelle patologie che possono essere fonte di sofferenza, se non di letalità. […]
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