Niccolò Carratelli per "la Stampa"
Troppi anziani in ritardo sulla terza dose, «così ci mettiamo in difficoltà da soli», avverte Fabio Ciciliano, medico della Protezione Civile e della Polizia di Stato, da quasi due anni componente del Comitato tecnico-scientifico. «Siamo il Paese europeo messo meglio, possiamo passare un Natale tranquillo - dice - non complichiamoci la vita con comportamenti irresponsabili».
Siamo messi meglio, ma ieri abbiamo contato 18mila nuovi contagiati, il dato più alto dallo scorso aprile
«Se è per questo, esattamente un anno fa, 8 dicembre 2020, avevamo 4mila nuovi casi in meno, ma con una quantità molto inferiore di tamponi effettuati: oggi, infatti, il tasso di positività è sensibilmente più basso. Comunque, l'incremento dei contagiati fa aumentare l'attenzione, non la preoccupazione, perché l'anno scorso avevamo 30mila pazienti Covid ricoverati in ospedale e oggi 6mila. Grazie alla vaccinazione, questo Natale non sarà in rosso come l'ultimo».
I vaccinati da più di 6 mesi si reinfettano più facilmente, eppure ci sono 6 milioni e mezzo di over 60 che ancora non si sono presentati a fare la terza dose, come se lo spiega?
«Non me lo spiego. Dopo aver completato il primo ciclo vaccinale, non ha senso ritardare il richiamo, specie per chi è più fragile. Credo sia necessario comunicarlo nel modo più chiaro possibile, con il ruolo fondamentale dei medici di famiglia, che conoscono i loro pazienti e sanno come stimolarli».
È stato un errore aprire a tutta la popolazione over 18 la prenotazione della terza dose? Forse si poteva dare la precedenza ai più fragili?
«Non credo sia questo il punto, anche perché se l'anziano si vaccina dopo 6 mesi, e non 5, non cambia poi molto: il vaccino non è uno yogurt, che scade, ma continua a funzionare. L'importante è capire che, dopo il quinto mese, bisogna muoversi per fare la terza dose».
Può incidere, invece, la durata più lunga del Green Pass? In teoria, posso aspettare 9 mesi per fare la terza dose: un'incongruenza?
«Diciamo che non rappresenta un incentivo, come lo è, invece, il super Green Pass per i non vaccinati. Si pensava che chi ha già aderito alla campagna fosse ormai inserito in un percorso, ma stiamo vedendo che non per tutti è così. Bisogna chiarire alle persone che la capacità immunologica del vaccino e la validità amministrativa del Green Pass sono due cose molto diverse. La terza dose è fondamentale, con qualunque vaccino».
Ecco, l'altra questione è una strana diffidenza nei confronti di Moderna: pur di ricevere Pfizer, c'è chi è disposto ad aspettare un mese
«In alcune realtà c'è più disponibilità di dosi Moderna, ma non ha alcun senso preferire l'uno o l'altro: non funziona come con la pasta, che se ne metti tipi diversi si sbaglia la cottura. Parliamo di due vaccini quasi identici, entrambi a mRNA, l'unica differenza è che con Moderna la terza dose è dimezzata. Anche qui serve una comunicazione corretta per tranquillizzare le persone».
A proposito di Pfizer, è arrivato l'annuncio che con la terza dose si ottiene una buona protezione anche dalla variante Omicron: motivo in più per prenotare il booster
«Certo, ma sulla variante Omicron stiamo parlando troppo, sulla base di dati ancora non robusti. Sembra ci sia una maggiore capacità di trasmissione del virus, ma con un impatto clinico sui contagiati difficile da valutare con questi numeri, ancora troppo bassi».
Pfizer ha annunciato per marzo il vaccino aggiornato contro Omicron. Qualcuno penserà: conviene aspettare quello per la terza dose
«Mica siamo ai saldi di fine stagione, l'esigenza di alzare la nostra protezione con la terza dose c'è adesso, anche perché il virus è più aggressivo nei mesi freddi. Poi con il booster l'aumento degli anticorpi è molto più rapido, nel giro di pochi giorni dall'iniezione si raggiunge il picco».
C'è la prevenzione dei vaccini e quella legata ai comportamenti: tra distanze e mascherine ci stiamo un po' rilassando?
«Vedo troppo spesso mascherine indossate male, sotto il naso, così non servono a niente. Queste misure sono le stesse da quasi due anni, la monotonia induce ad abbassare l'attenzione».
Non sarebbe il caso di rimettere l'obbligo di mascherina all'aperto ovunque, con una norma nazionale, invece di lasciar fare ai sindaci?
«Dal punto di vista tecnico sarei favorevole: tutto ciò che riduce la circolazione del virus è utile e credo che dover indossare la mascherina quando si esce di casa non impatti poi molto sulla nostra vita quotidiana. Ma si tratta di una valutazione politica, bene hanno fatto i sindaci a prevedere l'obbligo nelle zone più affollate delle città».
A proposito di valutazione politica, è vero che il ruolo del Cts si è molto ridimensionato e pesa meno nelle decisioni del governo?
«Guardi, io l'esperienza del Cts l'ho vissuta tutta ed è chiaro che le fasi pandemiche sono completamente diverse. Ora non ci vediamo tutti i giorni come prima, l'emergenza è diventata più ordinaria, se mi consente l'ossimoro. C'è un po' meno bisogno di noi, perché nel frattempo le istituzioni, a livello nazionale e locale, hanno acquisito maggiori competenze per affrontare la situazione».