Francesco Rigatelli per "la Stampa"
Walter Ricciardi, professore ordinario di Igiene all'Università Cattolica e consulente del ministro Speranza, finiremo l'anno con 30mila contagi e 150 morti al giorno?
«Difficile prevederlo, ma gennaio preoccupa molto. Le misure prese e l'alto numero di vaccinati fanno sì che l'incremento dei casi sia lineare e non esponenziale, però si tratta comunque di una crescita del contagio e dei morti».
E' la quota di non vaccinati a renderci ancora vulnerabili?
«Non c'è dubbio. Sono 6 milioni di adulti e 3 di bambini, un serbatoio notevole del virus, con numerose vulnerabilità che spiegano i tanti morti».
L'arrivo della variante Omicron migliorerà o peggiorerà lo scenario?
«Non si sa ancora. Delta col suo indice di contagiosità 6 già preoccupa molto. Omicron arriverebbe a 9...».
Non è meno patogenica?
«Potrebbe dare meno malattia, ma se fosse più contagiosa peggiorerebbe comunque la situazione. I primi dati sudafricani non sono indicativi. La chiarezza arriverà dalle rilevazioni inglesi, ma le prime notizie non sono confortanti».
Il Regno Unito rischia per l'ennesima volta di andare fuori controllo?
«La mia previsione è che a gennaio avrà bisogno di un altro lockdown a causa della combinazione tra Delta e Omicron».
Da noi potrebbe succedere?
«L'Italia ha messo in atto una serie di misure, dal Super Green Pass alla chiusura dei voli, alla velocizzazione della terza dose, che consentono di limitare e rimandare il problema, nella speranza di superare l'inverno senza danni e arrivare a primavera».
Le vacanze scolastiche contribuiranno alla limitazione del contagio?
«Sì, perché il 30 per cento delle infezioni è in età scolare».
Come si risolve la confusione scolastica su isolamento e tamponi?
«La vera risposta è vaccinare tutti, ma va pure rinforzato il sistema di test e tracciamento delle Asl che lavorano con poco personale e attrezzature».
Qual è la strategia migliore per le scuole?
«O test salivari antigenici frequenti oppure test molecolari mirati subito dopo il primo caso. L'isolamento va in base al livello di contagio della classe».
Il vaccino per i bambini rischia un'adesione limitata?
«Non c'è ragione per non farlo, per cui bisogna puntare al 90 per cento di vaccinati per la protezione che garantisce a bambini, scuola e famiglia».
Che vaccino fanno i bambini?
«Per ora Pfizer con due dosi ridotte per l'età da 5 a 11 anni a distanza di tre settimane. E' presumibile che la protezione per i bambini duri a lungo, ma si verificherà col tempo la necessità della terza dose».
Intanto le due dosi sono ferme da settembre sotto l'80 per cento di italiani
«Bisogna continuare a insistere sull'utilità della vaccinazione per sé e per la comunità, non c'è altra via».
La terza dosi è già arrivate al 20 per cento, ma la faranno davvero tutti?
«E' l'unico modo per proteggersi da varianti e calo dell'immunità, in particolare per le persone anziane e fragili».
La terza dose coprirà da Omicron?
«In questo momento si pensa di sì e più tutta la popolazione si protegge con tre dosi più si limita la nuova variante».
Poi servirà una quarta dose aggiornata?
«La definirei un ulteriore richiamo, che si comprenderà col tempo se sarà necessario. L'immunità data dai vaccini non è eterna e nella migliore delle ipotesi tra qualche anno dovremo fare un richiamo, come del resto succede per l'influenza, lo pneumococco e il tetano. Tutte vaccinazioni consigliabili».
IL PARAGONE TRA VARIANTE DELTA E OMICRON
La questione dell'obbligo è tramontata?
«Intanto dal 15 dicembre si applicherà per tre dosi oltre che agli operatori sanitari anche a personale scolastico, militari e forze dell'ordine. Poi in sanità pubblica non si esclude nulla, perché le decisioni si prendono in base a evidenze scientifiche e situazione epidemiologica. Con questa premessa ora l'obbligo generalizzato non è indispensabile, mentre lo sarebbe nei Paesi dell'Est, in Russia e in Gran Bretagna, dove nonostante la possibilità dei vaccini si vivono i momenti peggiori di tutta la pandemia».
Il livello italiano di vaccinazione è soddisfacente?
«E' uno dei migliori d'Europa, ma non bisogna accontentarsi fino al 95 per cento. Ci siamo abituati a cento morti al giorno, che si potrebbero evitare se tutti si vaccinassero».
Lo stato di emergenza, che scadrà il 31 dicembre, andrà rinnovato?
«Dal punto di vista sanitario assolutamente sì. L'inverno sarà durissimo e bisognerà prendere decisioni finalizzate al contenimento del virus».
Quali per esempio?
«Penso a un'intensificazione del Super Green Pass con maggiori controlli. Non basta fare le norme, bisogna applicarle. Molti ristoranti non controllano gli accessi e a gennaio non ce lo potremo permettere».
Resta fondamentale separare vaccinati e non vaccinati?
«Sì, perché il vaccino soprattutto dopo le tre dosi garantisce in parte la protezione dal contagio, mentre chi non è vaccinato con queste varianti è destinato a infettarsi per cui va evitato che entri a contatto con altri nei luoghi chiusi. Il tampone, specie se antigenico, non è una garanzia sufficiente».
Al momento quanto vale l'immunità data da due dosi?
«Dopo cinque mesi cala soprattutto l'immunità anticorpale, dunque verso il contagio e la forma leggera della malattia, mentre l'immunità cellulare terrebbe più a lungo contro l'ospedalizzazione. Detto questo tra diminuzione dell'immunità e nuove varianti si raccomanda fortemente la terza dose».
Chi ha fatto due dosi di AstraZeneca e attende la terza dose è meno coperto di chi ha fatto Pfizer e Moderna?
«Sì, lievemente, ma siccome quel vaccino non è più disponibile farà una terza dose eterologa con Pfizer e Moderna che gli garantirà una protezione maggiore rispetto a chi avrà fatto tutto con Pfizer o Moderna».
E chi con due dosi di Pfizer facesse la terza dose con Moderna o viceversa?
«La vaccinazione eterologa garantisce un maggiore addestramento del sistema immunitario, ma anche con la terza dose dello stesso vaccino si ha un'ottima copertura. Il vero vaccino migliore è quello fatto prima».
Questo riguarda anche il resto del mondo?
«Ci tireremo dietro la pandemia per anni se non sospenderemo i brevetti e trasferiremo le tecnologie dove mancano i vaccini. Purtroppo il Wto ha rinviato ogni decisione. La resistenza degli Usa si è affievolita, mentre resta quella miope della Germania, Paese produttore di vaccini. La speranza è che il nuovo governo tedesco cambi idea».
E la famosa produzione italiana a che punto è?
«A parte qualche lodevole collaborazione continuiamo a importare vaccini, perché vent' anni di tagli in ricerca e sviluppo non si recuperano in breve. Ora pare ci sia la volontà politica di investire per il futuro, ma sarà per la prossima pandemia».