francesco le foche foto di bacco
Paolo Foschi per il "Corriere della Sera"
«Credo che la variante Omicron possa essere la variante ponte per il passaggio dalla fase pandemica a quella endemica». Francesco Le Foche, immunologo clinico del Policlinico Umberto I di Roma, commenta così la situazione che ha visto negli ultimi giorni una brusca impennata dei casi di Covid-19, ma con una novità sostanziale: i numeri delle ospedalizzazioni, dei ricoveri in terapia intensiva e dei morti sono rimasti bassi.
Professore, possiamo dire che il Covid-19 è diventato poco più di un raffreddore?
«Il virus, replicando nelle prime vie aree, è molto più contagioso, ma arriva meno in profondità e quindi è meno patogenico. Per le persone che hanno ricevuto la terza dose e con un sistema immunitario sano, sviluppa sindromi clinicamente meno aggressive, tranne in casi molto rari».
C'è il rischio di una recrudescenza della pandemia con l'arrivo di nuove varianti?
«È difficile che accada, perché i virus tendono ad adattarsi all'organismo che li ospita e soprattutto perché il virus in questo caso trova davanti a sé una popolazione immunizzata. Credo che nel giro di due o tre mesi arriveremo, proprio grazie alla variante Omicron, al passaggio dalla fase pandemica a quella endemica, nella quale dovremo imparare a convivere con il virus non tralasciando comportamenti attenti e responsabili. Perché ciò avvenga è però necessario andare avanti con le vaccinazioni, immunizzando quante più persone possibile».
Perché se il virus è meno pericoloso è comunque necessario andare avanti con le vaccinazioni?
«È meno pericoloso soprattutto grazie alle vaccinazioni. I ricoveri in terapia intensiva e i casi letali sono perlopiù relativi a persone non vaccinate e iper-fragili, cioè con un sistema immunitario inefficace e quindi che non risponde alle vaccinazioni. Senza il vaccino, con la contagiosità così alta, si rischia di sovraccaricare il sistema sanitario in maniera insostenibile.
Il vaccino è sicuro, non dà effetti collaterali importanti e protegge dai casi più gravi della malattia e in misura minore anche dal contagio. Se noi riusciamo ad arrivare in primavera avendo vaccinato il 93-95% della popolazione, allora potremo davvero entrare in una nuova fase in cui con le debite misure potremo convivere serenamente con il virus».
Nella situazione attuale è ipotizzabile allentare le misure in atto?
«Le misure sono il frutto delle proposte del Comitato tecnico scientifico e delle valutazioni politiche del governo. Io credo che gradualmente ci potrà essere un allentamento, ma è troppo presto per dirlo. In questa fase punterei soprattutto sull'immunizzazione».
Lei è favorevole all'obbligo vaccinale?
«Come immunologo, avrei il piacere di vaccinare tutta la popolazione. L'obbligo è una decisione politica. In 37 anni di attività medica ho visto i risultati ottenuti con i vaccini, malattie come l'epatite B o la pertosse sono state quasi azzerate. In particolare i vaccini con Rna messaggero sono sicuri e non c'è motivo di averne paura, hanno cambiato innovandola la modalità vaccinale pur mantenendo la sicurezza. È una tecnica che sta aprendo nuove ipotesi terapeutiche per il futuro».
È opportuno un rinvio della riapertura delle scuole dopo le vacanze di Natale?
«Ci stiamo avviando al picco di questa ondata entro 2-3 settimane, quindi il rinvio tutto sommato non inciderebbe molto. Insisterei invece sulla necessità di immunizzare anche i bambini fra i 5 e gli 11 anni.
È vero che in questa fascia di età i casi gravi sono pochi e riguardano perlopiù soggetti fragili, però ci sono bambini apparentemente sani che hanno invece una predisposizione a sviluppare una malattia infiammatoria o con fattori di rischio ancora non evidenziabili clinicamente e che andrebbero incontro, in caso di contagio, a una patologia importante. Per questo motivo, per la loro sicurezza, i bambini vanno vaccinati previa giusta sensibilizzazione dei genitori da parte del pediatra di riferimento».