1 - IL FARMACO DELLA SPERANZA
Monica Serra per "la Stampa"
Per ora è solo il primo passo. Ma la rivoluzione nella lotta al Covid potrebbe arrivare da uno studio di tre scienziati italiani pubblicato sulla rivista Pharmacological Research. La strategia elaborata dai tre docenti e ricercatori dell'Istituto Italiano di Tecnologia, della Scuola Superiore Sant' Anna e dell'Università degli Studi di Milano punta a «bloccare la porta d'ingresso» di una qualsiasi variante di Sars-CoV-2 mascherando quella parte del recettore Ace2 che il virus usa per entrare nelle cellule umane.
Gli esperimenti hanno dato esito positivo: l'approccio terapeutico appena brevettato rappresenta il primo tassello di quello che potrebbe diventare un farmaco in grado di prevenire il Covid. Una notizia che dà speranza davanti alla diffusione della temuta variante Omicron che intanto è arrivata in Sardegna.
A risultare positivo un passeggero (di ritorno dal Sudafrica) su un volo Roma-Alghero. Lo ha confermato il direttore del laboratorio di Microbiologia dell'Aou di Sassari, Salvatore Rubino, mentre oggi sarà eseguito il secondo tampone sugli altri 118 passeggeri che erano sull'aereo: finora sono risultati tutti negativi ma sono ancora in quarantena precauzionale.
LA PROTEINA SPIKE DELLA VARIANTE DELTA E QUELLA DELLA OMICRON
Dice il bollettino quotidiano del ministero della Salute che in Italia, nelle ultime ventiquattr' ore, si sono registrati 9.503 nuovi casi Covid e 92 morti. I tamponi effettuati sono stati 301.560 e il tasso di positività è salito al 3,2 per cento. È in aumento anche la pressione sugli ospedali, con un saldo di +282 ricoveri e +7 terapie intensive con 45 ingressi giornalieri.
I ricoverati con sintomi sono 5.879 mentre in terapia intensiva si trovano 743 pazienti. In totale i positivi sono 235.835, numero destinato a salire. Con i numeri è cresciuta anche la pressione sugli ospedali. Secondo il monitoraggio dell'Agenas, l'Agenzia Nazionale per i servizi sanitari regionali, in Italia il tasso di occupazione dei posti letto dedicati ai pazienti positivi nei reparti di area «non critica» è del 10 per cento, con l'incremento di un punto, mentre quello delle terapie intensive è stabile all'8 per cento.
Dopo Friuli Venezia Giulia e Alto Adige, con un piede in zona gialla è ora la Calabria, dove i parametri di ricoveri ordinari e terapie intensive sono rispettivamente al 16 e all'11 per cento. Anche in Veneto (12%), Marche (12%) e Liguria (11%) le terapie intensive sforano il tetto stabilito dai parametri nazionali, ma in tutti e tre i casi i ricoveri in area medica sono ancora sotto controllo.
«La buona notizia è che nelle ultime due settimane abbiamo ottenuto circa 390 mila nuovi vaccinati», ha dichiarato ieri il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta. «Questo direttamente o indirettamente dimostra che il famoso zoccolo duro di non vaccinati ha margine per essere scalfito. Magari gli italiani ci sorprenderanno in positivo».
2 - "COME UNA MASCHERINA DAVANTI A OGNI CELLULA COSÌ SI FERMA IL VIRUS"
Chiara Baldi per "la Stampa"
Una «mascherina» che impedisce alla proteina Spike del Sars-Cov-2 di «attaccarsi» a un'altra proteina, in questo caso umana, chiamata Ace2, riducendo quindi la possibilità del virus di infettare le cellule. E che potrebbe essere la carta vincente per annientare le varianti del virus.
proteina spike del coronavirus
È questo l'importante studio pubblicato sulla rivista «Pharmacological Research» e portato avanti, da febbraio 2020 e per dodici mesi, da tre gruppi di ricerca scientifici capitanati dai professori Paolo Ciana della Statale di Milano, Angelo Reggiani dell'Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e Vincenzo Lionetti della Scuola Superiore Sant' Anna di Pisa. Il prototipo è stato brevettato e ora aspetta solo di diventare un farmaco che, insieme all'azione dei vaccini e degli anticorpi monoclonali, potrà contribuire alla fine dalla pandemia.
Ne abbiamo parlato con il professor Paolo Ciana, ordinario di Farmacologia al dipartimento di Scienze della Salute della Statale.
Rispetto agli altri studi, il vostro lavoro in cosa si differenzia?
«La differenza fondamentale è il bersaglio. Abbiamo spostato l'attenzione dal virus, su cui si è concentrato il mondo intero con i vaccini e con gli anticorpi monoclonali che hanno l'obiettivo di inattivarlo. Una strategia che sta funzionando. Quello che proponiamo è focalizzare l'attenzione sulla porta di entrata del virus».
LA PROTEINA SPIKE DEL CORONAVIRUS
Cosa vuol dire?
«Facciamo un passo indietro. La porta di ingresso di questo coronavirus è la stessa usata da tutte le varianti finora conosciute ed è l'unico modo con cui il virus entra. Se blocchiamo con una "mascherina" - così possiamo definire la molecola - questa porta, allora blocchiamo anche l'entrata non solo al virus originario ma a tutte le varianti che ci sono e che verranno.
Perché quello è il punto di entrata del virus nella cellula, è il modo in cui fa l'infezione, quindi "schermando" la porta di entrata il virus non ha modo di entrare e così viene eliminato dal corpo».
Sta dicendo che il vostro prototipo sarà più efficace contro le varianti?
«Sì. Bloccando la porta di ingresso del virus, leghiamo il punto in cui il virus entra nella cellula. Il recettore non muta, resta sempre lo stesso anche durante l'intera pandemia. Quindi, qualsiasi tipo di coronavirus che entra attraverso quella porta la trova sbarrata, perché l'interazione è sempre nello stesso punto e con lo stesso recettore».
Come siete arrivati a identificare questo «scudo»? E di cosa si tratta?
«Abbiamo esaminato milioni di miliardi di molecole chiamate aptameri e tra queste ne abbiamo identificate due che hanno la capacità di essere uno schermo sulla cellula. È un corto frammento di Dna e il nostro interviene su Ace2, una proteina umana a cui la Spike del Sar-Cov-2 si lega 10-20 volte di più rispetto a quella di un più classico coronavirus, impedendo di fatto l'ingresso del virus».
LA PROTEINA SPIKE DEL CORONAVIRUS 1
Quindi la molecola impedisce il contagio?
«Sì, potrà avere sia proprietà preventive che curative: il virus infetta le cellule dei polmoni, ma se si assume il farmaco il Sars-Cov-2 non riuscirà a contagiare le cellule adiacenti a quella infetta.
E quindi potrà sia prevenire ma anche impedire che il contagio si diffonda nel tessuto. Con il nostro studio abbiamo dimostrato che con l'aptamero il virus non entra nella cellula. E così viene eliminato dal sistema immunitario. L'infezione non procede perché non può vivere al di fuori della cellula. Quindi se non riesce a entrare, il contagio non si sviluppa».
Dopo il vostro studio ci sarà dunque una seconda fase che porterà allo sviluppo del farmaco. Quanto tempo occorrerà?
«Dai 12 ai 24 mesi. Esistono già farmaci a base di aptameri, il primo e più famoso è il "Macugen", utilizzato per la degenerazione maculare. Rispetto alle medicine basate su piccole molecole, o anche rispetto agli anticorpi monoclonali, sviluppare un farmaco partendo da un aptamero è più semplice, essendo molto meno immunogenico e meno tossico. Inoltre, è una macromolecola facilmente sintetizzabile, quindi un'azienda può farlo in modo chimico, senza processi biologici. Anche la produzione, quindi sarà più semplice».