Mauro Evangelisti per “il Messaggero”
C'è una costante che riguarda le vittime da Covid-19, soprattutto quelle più giovani: i pazienti erano sovrappeso, a volte obesi. Lo racconta il professor Massimo Andreoni, direttore del reparto di Malattie infettive del Policlinico Tor Vergata di Roma: «Lo stiamo costatando con frequenza, ora che la casistica purtroppo sta aumentando. Il fattore del peso del paziente è un elemento che complica la guarigione.
Sia chiaro: non significa che l'esito negativo sia scontato o che al contrario non vi possano essere decessi tra chi non ha problemi di peso. Però sicuramente quello è un elemento che aumenta il rischio. E questo sui grandi numeri sta emergendo senza dubbio. D'altra parte, l'obeso ha un rischio cardiovascolare maggiore di un soggetto non obeso. Conta in un tipo di patologia che può coinvolgere anche il sistema vascolare. E poi le alterazioni metaboliche facilitano qualsiasi patologia».
SIGARETTE
Tra gli elementi che aumentano il rischio c'è anche il fumo, ma ora che negli ospedali si sta cominciando a capire meglio la malattia, c'è la conferma che il coronavirus non attacca solo i polmoni; dalle autopsie si verifica che anche altri apparati, come i reni o il cervello, subiscono danni seri da Covid-19. Dice il professor Andreoni: «Si è visto dalle autopsie che questi pazienti hanno un certo grado di trombofilia, vale a dire facilità a fare dei trombi a livello vascolare, delle coagulazioni intravascolari.
In altri termini: si formano dei coaguli all'interno del circolo sanguigno. Avviene a livello di diversi organi. Le tromboembolie polmonari peggiorano il quadro della polmonite. Ma c'è purtroppo anche altro: in questi giorni abbiamo avuto una paziente donna con una tromboembolia cerebrale. Però non vuole dire che tutti i pazienti con Covid-19 diventano tromboembolici e muoiono per trombosi. Non è vero. Si tratta però di una complicanza possibile, certamente non rara». Incide sulla terapia? «Sì, però devo dire che abbiamo sempre usato l'eparina fin dall'inizio. Ma è presto per arrivare a delle conclusioni».
L'ultimo report dell'Istituto superiore di sanità sulle patologie pre-esistenti nei pazienti di Covid-19 deceduti aiuta anche a comprendere alcune costanti su chi sia maggiormente a rischio, al di là del fattore dell'età che è ormai noto. «Il diabete, ad esempio, da quello che abbiamo imparato con l'esperienza sul campo, è uno dei fattori di rischio da non sottovalutare» spiega Pier Luigi Bartoletti, vicepresidente dell'Ordine dei medici di Roma e leader della Federazione dei medici di medicina generali.
In effetti, le statistiche dell'Istituto superiore di sanità confermano che nel 30,2 per cento dei pazienti deceduti c'era come patologia pre-esistente il diabete mellito-Tipo 2. Costante, vale per il 70,6 per cento dei decessi, l'ipertensione, ma va anche detto che la sua diffusione è molto alta normalmente, mentre il 27,9 per cento di chi è morto per Covid-19 era cardiopatico. Infine, quasi uno su 4 aveva insufficienza renale.
Tornando ai più giovani: il report dell'Iss è datato 13 aprile ed erano stati conteggiati 47 deceduti con meno di 40 anni. L'indagine si concentra su 41 di loro ed emerge che «33 presentavano gravi patologie preesistenti (patologie cardiovascolari, renali, psichiatriche, diabete, obesità) e 8 non avevano diagnosticate patologie di rilievo». Si conferma, a livello statistico, che a rischiare di più sono gli anziani: «L'età media dei pazienti deceduti e positivi all'infezione da SARS-CoV-2 è 79 anni - scrive l'Istituto superiore di sanità - Le donne decedute dopo aver contratto infezione da SARS-CoV-2 hanno un'età più alta rispetto agli uomini».