Daniela Mastromattei per "Libero quotidiano"
Negli Stati Uniti la chiamano "Zoom fatigue", ossia stanchezza causata dall' utilizzo della famosa piattaforma tecnologica (la più in voga) per le video-chiamate. Ed è già una sindrome. La pandemia ha costretto milioni di lavoratori a riunirsi sui vari programmi software di meeting virtuali. E se all' inizio questa ventata di novità era piaciuta più o meno a tutti, perché si intravedeva un futuro ipertecnologico, ora si fanno i conti con le tante difficoltà e conseguenze.
I primi sintomi si avvertono a fine giornata, ci si sente stanchi. Sfiniti. Eppure non usciamo di casa, dei mezzi pubblici affollati resta un debole ricordo, dei chilometri macinati in auto per raggiungere l' ufficio si sono perse le tracce. Sono stati già interpellati luminari di medicina e psicologia. Tutti d' accordo: le video-riunioni sono fonte di altissimo stress. Non avere la persona davanti fisicamente significa lavorare di più nell' elaborare i segnali non verbali, come le espressioni facciali, il tono della voce e il linguaggio del corpo.
L' attenzione aumenta e di pari passo l' energia messa in gioco, mentre cresce l' ansia dovuta alla consapevolezza di essere "spiati" continuamente attraverso una telecamera.
Come per magia, rispunta l' inquietudine adolescenziale di non essere abbastanza telegenici e nello stesso tempo quella strana sensazione di doversi esibire, come su un palcoscenico davanti a una platea, proprio come accadeva prima della recita scolastica.
L' ansia da prestazione può raggiungere vertici inaspettati. Gli elementi messi in campo sono tanti.
Non si è abituati a vedere la propria immagine, così a lungo; e durante la video-chat si finisce per deconcentrarsi, distogliendo l' attenzione dall' interlocutore, per rimirarsi tutto il tempo.
IPERCRITICI DISTRATTI
Gli ipercritici sono i più distratti, maggiormente presi ad osservare il proprio naso o le rughe intorno agli occhi spuntate all' improvviso. «Oddio, queste occhiaie? Non potevo mettere un po' di correttore?», «Che faccia pallida, avrei dovuto usare il fondotinta e un' abbondante spolverata di fard. Ma ormai è troppo tardi, e non posso certo chiedere di andare in toilette». E mentre i pensieri si accavallano, i passaggi salienti della riunione sono andati. Persi.
Come se non bastasse, ci sentiamo in ansia pure per il nostro "spazio di lavoro" che entra inevitabilmente nello schermo e che i colleghi possono sbirciare. Abbiamo tolto dalla libreria gli oggetti futili e i giochi dei bambini sparsi ovunque, ma qualcosa di "compromettente" potrebbe essere sfuggito e far scoprire un lato che non vorremmo mostrare. La video-conferenza fa irruzione nella nostra casa e nel nostro privato. E la paura che cani o gatti, figli, mariti o mogli possano interrompere la video-chiamata entrando in scena inaspettatamente, tiene col fiato sospeso.
«La pandemia ha portato alla luce l' intromissione del lavoro nella vita privata, con una sovrapposizione dei contesti che ha creato alcune difficoltà di assestamento emotivo. Da una parte la voglia di tenere i due ambiti separati e dall' altra quella di poterli conciliare», spiega a Libero la dottoressa Miolì Chiung, psicoterapeuta e responsabile dello Studio di Psicologia Salem.
PARERI A CONFRONTO
«Nelle video-riunioni il desiderio di mostrarsi ordinati dipende dalla personalità di ognuno di noi, come quello di voler mostrare ambiti domestici ai colleghi - aggiunge la Chiung - . Diciamo che non eravamo abituati a vedere il nostro volto in video e per molti può risultare faticoso. Ma non vedo una profonda differenza di comportamento tra donna e uomo».
Di diverso avviso è la psicologa Anna D’Ecclesiis, raggiunta al telefono, convinta che le donne soffrano maggiormente proprio perché più severe degli uomini nel giudicare il proprio aspetto, fino ad assumere atteggiamenti di perfezionismo fisico che possono sfociare in ossessioni, paura del giudizio e generare un sempre più crescente stress.
La D’Ecclesiis ricorda: «Uno studio sugli stereotipi di genere in adolescenza, condotto da Save the Children, ha evidenziato come nella percezione dei ragazzi la bellezza femminile viene considerata fortemente correlata al successo lavorativo mentre per la carriera degli uomini viene considerato un fattore più determinante la formazione universitaria. In un contesto del genere va da sé che una donna potrebbe arrivare ingiustamente a provare senso di colpa e disagio semplicemente per il suo aspetto fisico, considerato merito di successi professionali...».
LO STUDIO
La conferma arriva da un recente studio di un gruppo di ricerca dell’Università di Göteborg e dell’Università di Stanford, secondo il quale le donne passano complessivamente più tempo degli uomini in video-riunioni e hanno pause più brevi tra una videochiamata e l’altra. Non solo. Provano maggiormente la sensazione di essere «fisicamente in trappola» nel dover rimanere nell’inquadratura. Senza possibilità di fuga. Per non parlare dell’ansia legata all’“effetto specchio”. I ricercatori hanno quindi riscontrato livelli di stanchezza più alti tra le donne (14%) che tra gli uomini (6%) per cinque diversi tipi di affaticamento associati alle video-chiamate: stanchezza generale, sociale (bisogno di rimanere da soli), emotivo (sensazione di sopraffazione), visivo (sintomi di disturbi degli occhi) e motivazionale (mancanza di stimoli a iniziare nuove attività).
L’attenzione su se stessi, afferma Jeffrey Hancock, docente dell’Università di Stanford, porta a una maggiore consapevolezza di come si appare durante una conversazione e ovviamente il gentil sesso si distrae più facilmente dalla visione di sé sullo schermo. Come già detto, lo stress maggiore arriva dall’“iper-sguardo”,fenomeno percepito e descritto dalle persone come l’impressione di essere osservati da tutti in ogni momento.
E questa sensazione vale anche per le video-chiamate individuali, perché il volto dell’interlocutore appare ancora più grande e dà l’impressione che quella persona sia distante mezzo metro. Da un punto di vista «evolutivo», sostiene Hancock, una distanza così ridotta tra due persone – con lo sguardo fisso l’una sull’altra – si verifica dal vivo soltanto in caso di litigio o di accoppiamento. E questo la dice tutta.
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