Silvia Turin per www.corriere.it
Con il mondo occidentale (e parte di quello in via di sviluppo) alle prese con le «epidemie» di obesità e diabete, l’attenzione alle calorie in eccesso che vengono dagli zuccheri aggiunti è fondamentale. Alla ricerca di fonti per dolcificare che siano più salutari, gli scienziati dell’Università canadese di Toronto hanno condotto una revisione di studi incentrata sulle proprietà del miele.
Lo studio canadese
I benefici dell’alimento che ci donano le api sui fattori di rischio cardiometabolico sono stati valutati attraverso una revisione sistematica e una meta-analisi di studi compresi nei database MEDLINE, Embase e Cochrane Library. I parametri considerati hanno incluso l’effetto dell’assunzione orale di miele su: adiposità, controllo glicemico, lipidi, pressione sanguigna, acido urico, marcatori infiammatori e marcatori di steatosi epatica non alcolica. Sono stati selezionati un totale di 18 studi controllati (fino al 4 gennaio 2021) con una particolarità: erano ricerche in cui i partecipanti seguivano una dieta sana, dove gli zuccheri aggiunti rappresentavano al massimo il 10% dell’apporto calorico giornaliero (la dose consigliata dalle agenzie sanitarie mondiali).
Il quantitativo medio giornaliero di miele era, precisamente, di 40 grammi (circa due cucchiai) per un tempo di assunzione di 8 settimane. La maggior parte delle fonti di miele venivano da più fiori insieme. Il 42% dei partecipanti era sano e di peso misto (tra peso normale, sovrappeso o obesità), il 12% era in sovrappeso, il 21% aveva diabete di tipo 1 o di tipo 2, il 10% era intollerante al glucosio. I partecipanti avevano un’età media di 41,2 anni.
Effetti benefici
Complessivamente, il miele ha ridotto la glicemia a digiuno, il colesterolo totale e quello cattivo (LDL), i trigliceridi e ha avuto un effetto benefico sul fegato grasso. Inoltre, ha aumentato i livelli colesterolo buono (HDL) e di alcuni marcatori dell’infiammazione. Sono state rilevate differenze significative nei sottogruppi di persone esaminate in base alla fonte floreale e alla lavorazione del miele. In particolare, il miele di acacia, trifoglio e quello grezzo sono stati i migliori per il controllo glicemico e i livelli lipidici, questo perché è stato valutato come il miele perda molte proprietà salutari dopo la pastorizzazione (cottura a 65° per almeno 10 minuti).
Meglio il miele grezzo
Il miele grezzo, infatti, contiene anche batteri probiotici, inclusi i lattobacilli, che hanno dimostrato di migliorare la regolazione del sistema immunitario. «Pertanto, può offrire benefici per la salute non forniti dal miele trasformato, poiché la lavorazione riduce la quantità di questi batteri probiotici», hanno rilevato gli autori. «Confermo – dichiara al Corriere Salute Stefano Erzegovesi, psichiatra e nutrizionista —. Il miele lavorato a temperature alte è più “bello” da vedere, però contiene meno antiossidanti. Le differenze notate nello studio sulle fonti botaniche dei vari tipi di miele invece sono generiche e i dati relativi pochi».
La maggior parte delle agenzie di regolamentazione, tra cui l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e la Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti, includono il miele nella loro definizione di zuccheri liberi o aggiunti. Certamente il miele contiene circa l’80% di zuccheri (la maggior parte dei quali è fruttosio e glucosio), ma non solo: è un composto complesso di zuccheri comuni e rari, proteine, acidi organici e altre sostanze bioattive.
Gli zuccheri «rari»
I suoi «zuccheri rari» costituiscono circa il 14% del contenuto zuccherino e moderano l’effetto del fruttosio e del glucosio. Hanno mostrato effetti sugli esiti glicemici a breve e a lungo termine. Inoltre, l’isomaltulosio ha dimostrato di agire come prebiotico favorendo la crescita di Lactobacillus acidophillus, Lactococcus lactis e Saccharomyces cerevisae, batteri associati a un microbioma intestinale sano. Il miele è anche ricco di composti fenolici e flavonoidi, che possono moderare gli effetti osservati sul colesterolo totale, LDL-C, HDL-C e trigliceridi a digiuno.
Ha anche una serie di proprietà farmacologiche, inclusi effetti antinfiammatori e antitumorali, un effetto antiobesogenico e protegge dai radicali liberi (che favoriscono l’invecchiamento) e dalle malattie associate. «I risultati non supportano la considerazione da parte dei responsabili politici e di coloro che pubblicano linee guida per designare il miele come zucchero libero, poiché il miele, se assunto con moderazione, può offrire una varietà di benefici per il controllo glicemico e i livelli lipidici», commentano gli autori della revisione.
Quanto consumarne
«Il fatto che il miele sia un buon sostituto dello zucchero bianco non vuol dire che questo ci autorizzi a consumarne di più – specifica l’esperto —. La parola chiave per gli zuccheri semplici è “quantità”: dosi maggiori di quelle raccomandate dall’Oms (quindi, circa 25 grammi al giorno) non sono salutari. Le componenti diverse del miele rispetto allo zucchero bianco (che sono i prebiotici, gli antiossidanti e questi zuccheri rari) funzionano “a soglia”: se ne assumiamo qualche grammo fanno bene, ma non “funzionano meglio” se aumentiamo le quantità. Anzi, più aumentano i grammi assunti, più si riduce l’impatto degli zuccheri rari e sale quello degli zuccheri semplici classici (cioè il glucosio e il fruttosio)».
Qual è il modo ideale per consumare il miele in modo da ottimizzare le sue proprietà? «Un “trucchetto” utile, che si ritrova nelle tradizioni alimentari del mediterraneo e del Medio Oriente, è di associarlo alla frutta a guscio: in questo modo l’impatto glicemico viene “calmierato” dalla presenza dei grassi della frutta secca. Per questo motivo, se volete usare il miele da spalmare sul pane al mattino a colazione, potete unire un cucchiaio di miele e un cucchiaio di crema di frutta a guscio al 100% (ad es. mandorle, nocciole o arachidi)».
La classifica degli zuccheri «migliori»
E rispetto alle fonti usate per dolcificare, se dovessimo fare una classifica, a parità di grammi, quale preferire? «Primo il miele, per quel che si è spiegato, secondo lo zucchero naturalmente presente nella frutta (fresca o essiccata), poi lo zucchero bianco e come ultima scelta i dolcificanti: hanno effetti metabolici negativi sulla flora intestinale ed educano il palato a un sapore troppo dolce. Inoltre, non c’è un solo dato che dimostri l’utilità dei dolcificanti nella perdita di peso».